Bruxelles – In Europa c’è “bisogno delle migrazioni, ma dobbiamo imparare a gestirle meglio”. Lo riconosce la commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, intervenendo virtualmente ai Rome MED – Mediterranean Dialogues, un’iniziativa annuale organizzata dal MAECI (Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale) e da Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale). E avverte anche dei rischi connessi alla pandemia in atto. “Molte persone stanno perdendo il lavoro a causa della crisi scaturita dal Covid, l’incertezza economica porterà l’instabilità politica” e a sua volta avrà ripercussioni anche sul fenomeno migratorio.
“Collaborazione e cooperazione devono essere le parole chiave per gestire meglio il fenomeno migratorio”, ricorda ancora Johansson. Il nuovo patto per le migrazioni e l’asilo – presentato dalla Commissione lo scorso 23 settembre – rappresenta in questo senso un nuovo inizio. O almeno questo dovrebbe essere secondo l’Esecutivo che ha lanciato la proposta. Non è un piano perfetto, e lo hanno riconosciuto più volte anche gli stessi membri dell’Esecutivo comunitario. Ma secondo Johansson è ciò che più realisticamente si avvicina ad un buon compromesso per gli Stati membri, chiamati a dare il via libera definitivo alla proposta. Il trilogo – ovvero i negoziati a tre tra Commissione, Consiglio e Parlamento – non è ancora iniziato, ma proprio in seno al Consiglio sono emersi già i primi segnali di incertezza da parte di alcuni Paesi – i cosiddetti Paesi di primo ingresso Italia, Spagna, Grecia e Malta – che ieri hanno scritto ad Angela Merkel e ai vertici delle istituzioni dell’Unione europea per sollevare i propri dubbi sul Patto e chiedere più solidarietà dagli Stati membri.
Il nodo centrale delle perplessità è che il nuovo Patto non ha introdotto alcun meccanismo obbligatorio di ricollocamento dei migranti, la solidarietà da parte degli Stati europei dovrà essere vincolante ma i Paesi membri potranno scegliere le modalità con cui attuarla: se aiutare lo Stato di primo ingresso accogliendo una quota di richiedenti asilo, oppure facendosi carico dei migranti da rimpatriare o ancora contribuire con un sostegno materiale (economico-logistico) ai Paesi cosiddetti di primo ingresso per i ricollocamenti. La Commissione ha cercato di rafforzare il meccanismo di solidarietà, ma di fatto è rimasto un meccanismo solo volontario e gli stati possono decidere come attuarlo. I Paesi che affacciano sul Mediterraneo vogliono più rassicurazioni del fatto che non saranno lasciati soli a gestire i flussi migratori.
È quanto ha ribadito anche la ministra dell’Interno dell’Italia, Luciana Lamorgese intervenuta prima di Johansson ai Mediterranean Dialogues ed evidenziando la presenza di “un problema strutturale” di come il fenomeno migratorio viene gestito anche a livello europeo. Serve la cooperazione con gli altri Paesi Ue per una soluzione comune, “occorre più solidarietà”.
Secondo un portavoce della Commissione europea, la presidente Ursula von der Leyen “ha già ricevuto la lettera e risponderà a tempo debito”, ha fatto sapere durante il briefing con la stampa. Per l’Esecutivo è rimane positivo che gli Stati e anche il Parlamento considerino la proposta “un punto di partenza costruttivo”, su cui evidentemente occorre lavorare.