Bruxelles – A spiegare cosa continua ad accadere in Bielorussia dallo scorso 9 agosto per mano del regime del presidente Alexander Lukashenko bastano alcuni numeri: 30 mila manifestanti arrestati, più di 100 prigionieri politici, 500 casi di tortura e almeno 4 persone uccise dalla violenza delle forze dell’ordine in divisa o in borghese. L’ultima di queste, Raman Bandarenka, giovane artista e attivista morto in ospedale la sera del 12 novembre per le conseguenze di gravi ferite alla testa e di un polmone collassato. “È stato ucciso dalla brutalità delle forze di sicurezza”, ha attaccato il commissario europeo per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič, dopo aver snocciolato i numeri della repressione in Bielorussia. “Stiamo assistendo a un livello di violenza senza precedenti. Ma adesso basta, non ci possono più essere casi impuniti“.
Davanti al Parlamento in plenaria, il commissario ha fatto il punto sul ruolo dell’Unione Europea nella risposta alla repressione delle manifestazioni pacifiche da parte del regime autoritario di Lukashenko: “Abbiamo assunto la leadership per la protezione dei diritti umani nel Paese e ottenuto una risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite per monitorare costantemente la situazione”. Dopo i due pacchetti di sanzioni già adottati contro 45 singoli individui (incluso lo stesso presidente bielorusso), “stiamo preparando un terzo pacchetto che coinvolgerà anche imprese e aziende che sostengono il suo regime”, ha ricordato Lenarčič, prima di lasciare la parola agli autori del rapporto del Parlamento UE sullo stato delle repressioni in Bielorussia.
Un rapporto che si è concentrato su due aspetti: il rinnovato sostegno di tutti i gruppi parlamentari ai manifestanti dell’opposizione e la necessità di rendere sempre più stringenti le misure per indebolire il regime di Lukashenko. “In migliaia hanno marciato ancora per protestare contro la violenza brutale che ha portato alla morte di Bandarenka”, ha ricordato l’eurodeputata tedesca dei Verdi, Viola von Cramon-Taubadel. “Dobbiamo sostenerli, sanzionando tutti i membri della famiglia Lukashenko e convincendo tutti i suoi investitori privati ad abbandonarlo”. Robert Biedroń (S&D) ha ricordato che “tutto ciò non accade in un pianeta lontano, ma proprio alle nostre porte, nell’ultimo Paese vicino a noi retto da una dittatura” e di ricordare che “questo giovane 31enne non potrà mai più vedere il suo Paese libero e indipendente, dobbiamo farlo noi per lui”.
Tra gli autori e le autrici del rapporto, anche la lettone Dace Melbārde (ECR) ha insistito sul fatto che “Lukashenko deve andarsene, ma non possiamo pensare che possa accadere attraverso un dialogo con un regime che esercita violenza contro manifestanti e giornalisti”. Per questo “è necessario mettere in campo tutto il potere economico di cui dispone l’Unione per bloccare Lukashenko”. Le ha fatto eco l’eurodeputato lituano Petras Auštrevičius (Renew): “Dobbiamo sanzionare gli oligarchi e le aziende che finanziano il regime. Non siamo più disposti a vedere altre vittime“. Infine Miriam Lexmann (PPE), ha sottolineato che “il Parlamento accoglie con fiducia le ulteriori sanzioni in arrivo da parte dell’Unione” e che “bisogna sostenere il popolo bielorusso perché possa vivere in un Paese libero e democratico, come voleva Raman Bandarenka”.