Bruxelles – Non abbiamo fatto abbastanza. Non abbiamo ancora raggiunto la parità di genere, non siamo ancora riusciti a portare fino in fondo la lotta alla violenza contro le donne. Nemmeno nell’Unione Europea. È per questo motivo che il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, assume un forte carattere simbolico per l’impegno promesso dalle istituzioni europee nel cercare finalmente di eliminare quella che il presidente del Parlamento UE, David Sassoli, ha definito “una delle più grandi piaghe delle nostre società”.
La Commissione Europea interviene con la presentazione del nuovo Piano d’azione dell’Unione sulla parità di genere e l’emancipazione femminile nell’azione esterna per il periodo 2021-2025 (Gender Action Plan III). “Stiamo vivendo momenti difficili, le donne sono sotto attacco dovunque nel mondo, perciò bisogna agire subito”, ha avvertito l’alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, presentando il Piano. Sempre Borrell ha avvertito che “nessun Paese al mondo è sulla buona strada per raggiungere l’emancipazione delle donne e le ragazze entro il 2030” e che “proprio loro sono le più colpite dalle conseguenze sanitarie e socioeconomiche della crisi Covid-19“. Crisi quantificabile a livello globale con perdita di posti di lavoro (1,8 superiore agli uomini) e rischio di povertà (aumento stimato del 9,1 per cento). Di qui l’impegno della Commissione per contrastare le disuguaglianze di genere “con particolare attenzione alle donne affette da disabilità, migranti o attaccate solo per il proprio orientamento sessuale”, ha puntualizzato Borrell. “È la dimostrazione della chiara volontà politica dell’Unione, dopo la strategia UE per la parità di genere 2020-2025 adottata a marzo”. Un esempio? “Vogliamo favorire la partecipazione femminile nel processo decisionale e politico in Paesi in conflitto, come Libia, Siria, Yemen, Colombia e Afganistan”, ha spiegato l’alto rappresentante.
Violence against women has no place in the EU, or in the world.
We continue to work tirelessly with our partners to investigate acts of violence against women, support victims and address root causes.
Our statement → https://t.co/0VPW1k3P2g#OrangeTheWorld #SayNoStopVAW pic.twitter.com/3sz6fqq727
— European Commission (@EU_Commission) November 25, 2020
Passando alla presentazione dei cinque pilastri su cui si basa il nuovo Piano della Commissione, la commissaria per i Partenariati internazionali, Jutta Urpilainen, ha sottolineato con forza che “i diritti delle donne sono diritti umani“. E nonostante “con i precedenti Piani siamo riusciti a ottenere alcuni grandi risultati, tra cui 11 milioni di ragazze coinvolte nell’istruzione primaria, 18 milioni nell’utilizzo di metodi contraccettivi e 7 milioni in interventi per la nutrizione”, rimane ancora da implementare lo sforzo per le ineguaglianze approfondite dalla crisi Covid-19: “Le donne sono in prima linea di fronte alla pandemia e devono essere anche al timone della ripresa”, ha commentato Urpilainen. Per questo motivo, prima di tutto, l’85 per cento delle nuove azioni nelle relazioni esterne dovrà contribuire a realizzare la parità di genere e l’emancipazione femminile entro il 2025: “Infrastrutture, digitale, energia, agricoltura e fondi a finanziamento misto saranno integrati con una prospettiva di genere”, ha puntualizzato la commissaria.
Il Gender Action Plan III mira poi a una “stretta collaborazione con gli Stati membri e i partner a livello regionale e nazionale“, promuovendo i contatti con le organizzazioni della società civile, gli attivisti per i diritti delle donne e i giovani, “che forniranno una solida base per le azioni sul campo”, ha spiegato ancora Urpilainen. Ribadito l’impegno nelle principali aree di intervento, tra cui accesso universale all’assistenza sanitaria, salute sessuale e riproduttiva, istruzione e leadership, introducendo la prospettiva di genere anche nei nuovi settori strategici dell’Unione, ovvero la transizione verde e la trasformazione digitale. In questo, l’Unione Europea viene richiamata a dare il buon esempio, istituendo ai massimi livelli politici e dirigenziali “una leadership equilibrata e attenta sotto il profilo del genere”, ha voluto ricordare la commissaria per i Partenariati internazionali. E infine l’istituzione di un sistema di monitoraggio che “aumenti la responsabilità pubblica e garantisca la trasparenza e l’accesso alle informazioni sul sostegno alla parità di genere in tutto il mondo”, ha concluso.
https://twitter.com/JuttaUrpilainen/status/1331540329338703873?s=20
Il dibattito in Parlamento
Uguaglianza, non-violenza, supporto delle istituzioni. Tre fari per combattere la violenza di genere indicati in apertura dei lavori di questa giornata di plenaria dal presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli: “Dobbiamo parlarne con parole giuste, per liberare le voci delle vittime e aiutarle a rompere il silenzio” soprattutto in un momento in cui “la crisi del Covid-19 ha intensificato la violenza domestica in modo subdolo, a porte chiuse“. L’importanza delle istituzioni europee, come è emerso dalle parole di Sassoli, risiede nello stare vicine ai cittadini, “come ha fatto il Parlamento trasformando uno dei nostri edifici in un centro temporaneo per ospitare le donne vulnerabili colpite dal Covid-19″. Sassoli ha poi ricordato anche il ruolo svolto dagli eurodeputati nei negoziati per il bilancio pluriennale, “per garantire 0,8 miliardi in più al programma ‘Diritti e valori’ per la parità di genere e la lotta alla violenza contro donne e ragazze”. Ora è compito della Commissione “sviluppare una metodologia per valutare i finanziamenti e migliorare la dimensione di genere nei programmi comunitari”, ha aggiunto il presidente del Parlamento, sottolineando la necessità di un “approccio integrato, globale e incentrato sugli aspetti socio-economici, istituzionali e sui diritti delle donne”. Infine Sassoli ha biasimato il fatto che in molti Stati membri ancora siano carenti o non sufficientemente finanziati i rifugi e le linee di assistenza per le donne vittime di violenza domestica: “È inaccettabile, continueremo a insistere perché tutti ratifichino la Convenzione di Istanbul e lavoreremo con le altre istituzioni per presentare una direttiva sulla lotta alla violenza di genere“.
La ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (11 maggio 2011), è stata al centro del dibattito nell’emiciclo, a partire dall’intervento della commissaria europea per l’Uguaglianza, Helena Dalli. “Questa è una priorità della Commissione”, ha chiarito la commissaria, ricordando che, come richiesto dal Parlamento, “la Corte di Giustizia UE sta valutando la compatibilità con i trattati europei e le procedure di firma del Consiglio”. Se al momento del parere della Corte (nel secondo trimestre 2021) ci sarà ancora un blocco delle adesioni, “interverremo con un’iniziativa legislativa per conseguire gli stessi obiettivi della Convenzione“, ha annunciato. Rimane il fatto che “la Convenzione di Istanbul è la regola aurea per la lotta contro la violenza di genere”, ma “è necessario che insieme alla Commissione e ai 27 ministri europei per le Pari opportunità, anche il Parlamento ribadisca con forza il proprio sostegno nella difesa dei diritti minacciati ancora di più durante durante questa pandemia”, ha invocato la commissaria Dalli.
Invito raccolto dalla quasi totalità dell’emiciclo: uniche voci stridenti quelle di ID (“Difendiamo i diritti delle donne con la certezza della pena, ma non facciamoci abbagliare da ideologie femministe”, ha dichiarato l’eurodeputata italiana Silvia Sardone) e dei conservatori di ECR (che hanno parlato di “Convenzione di Troia” che “spezza le nostre società ed esaspera la differenza di genere”, secondo la spagnola Margarita de la Pisa Carrión). Tutte le altre forze hanno evidenziato la necessità di fare di più sul fronte della tutela della dignità delle donne e sulla ratifica di tutti i Paesi membri della Convenzione di Istanbul. “Le vittime di violenza non possono attendere ulteriori scuse”, ha rivendicato Arba Kokalari (PPE), “già una donna su tre nell’Unione ha provato sulla propria pelle violenza fisica o sessuale”. María Soraya Rodriguez Ramos (Renew) ha attaccato Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Lituania, Lettonia e Slovacchia a firmare “l’unico strumento che abbiamo in mano per la difesa di questo diritto umano, mentre la Polonia non può ritirarsi ora”. Sylwia Spurek (Verdi/ALE) ha chiesto alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, di mantenere le promesse di difesa dello stile di vita europeo, “quando troppe donne vivono però nella paura e non si sentono sicure a denunciare gli aggressori”.
Particolarmente incisivo l’intervento di Manon Aubry (GUE): dopo aver ricordato come “tutte le donne abbiano imparato a crescere con riflessi di autodifesa da sconosciuti e congiunti”, ha lasciato che fossero i nomi delle 86 vittime di femminicidio in Francia dall’inizio dell’anno scritti su uno striscione e letti uno per uno a risvegliare le coscienze sulla “nostra rabbia di donne nel non accettare più le violenze”. L’eurodeputata italiana Chiara Gemma (Movimento 5 Stelle) ha affermato la necessità di un “Codice rosso europeo, perché l’Europa sia uno spazio sicuro per le donne”, mentre la connazionale Pina Picierno (S&D) ha fatto notare “che questo dibattito non riguarda solo le donne, ma soprattutto gli uomini” e che “solo insieme a loro si può lavorare perché tutto questo non accada più”. E se “il silenzio è il complice più grande”, in chiusura di intervento la commissaria Dalli ha tristemente notato che “sarebbe stato opportuno che anche gli uomini si fossero fatti sentire in questa sessione, visto che in tanti sono dalla nostra parte”. Molto è stato fatto nell’Unione Europea e molto è stato promesso anche oggi. Ma, evidentemente, ancora non è abbastanza.