Roma – Giuseppe Conte ammette che il Recovery plan italiano slitterà, almeno rispetto alle previsioni che erano state annunciate nei mesi precedenti. “Lo presenteremo a febbraio, un poco in ritardo” dice il premier, aggiungendo della necessità di creare “una struttura operativa con profilo manageriale” con base a Palazzo Chigi e coordinamento con altri ministeri.
Potrebbe sembrare un annuncio neutro ma l’ammissione dei ritardi segnala che il lavoro istruttorio che viene portato avanti dal CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei) coordinato dal ministro Enzo Amendola non sta dando i risultati sperati. Nella ridda di voci che ruotano intorno alla progettazione italiana del Next generation EU, si innestano le richieste dei singoli ministeri, di Regioni ed enti locali, molti dei quali in ordine sparso, che stanno mettendo in difficoltà la fase decisionale. Percorso che nelle intenzioni vorrebbe coinvolgere anche il Parlamento almeno per ciò che riguarda i criteri.
Piano in ritardo sul programma italiano annunciato a ottobre, ma non per i tempi richiesti dalla Commissione europea, che scadono il prossimo aprile. La presidente Ursula von der Leyen oggi ha avuto una telefonata con Conte, al termine della quale ha fatto sapere che “l’Italia è sul binario giusto” nella strada per la preparazione del piano nazionale.
Good phone call with @GiuseppeConteIT today.
We focused on:➡️ G20 #GlobalHealthSummit in Italy next spring;
➡️ preparation of the national recovery plan; we are in close contact, Italy is well on track
➡️ cooperation with external partners on migration flows pic.twitter.com/t0AhyXH3z1
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) November 24, 2020
Il rischio di fare scelte non in sintonia con una visione omogenea e soprattutto con ciò che si aspetta Bruxelles, era stato paventato dal capo di gabinetto del Commissario Paolo Gentiloni, Marco Buti insieme all’economista Marcello Messori. Più che una critica, il suggerimento al governo di un colpo di timone a uno schema che appare poco chiaro: dalla scrittura, alla progettazione, al monitoraggio. Dall’annuncio di ieri di Conte, il segnale (anche se non ufficialmente) spedito dalla Commissione sembra arrivato a destinazione. Restano naturalmente le incognite che rendono il Next generation EU orfano di una partenza operativa precisa, a causa dei veti di Ungheria e Polonia che paralizzano l’approvazione del Quadro finanziario pluriennale.
Il possibile ritardo non ha comunque fatto cambiare i programmi del governo che nei giorni scorsi già nelle tabelle della legge di bilancio aveva predisposto un fondo di anticipo delle risorse future dell’UE pari a 34 miliardi di euro per il 2021. Soldi già a bilancio anche se la governance del piano italiano è ancora da stabilire per stessa ammissione dell’esecutivo.
Secondo la tabella di marcia i piani nazionali da finanziare con i 750 miliardi devono essere presentati entro il 30 aprile del 2021 con le prime tranche di risorse da trasferire entro il primo semestre del prossimo anno. Lo stop al QFP di Viktor Orban e Mateusz Morawiecki, sostenuto anche dalla Slovenia, sta facendo ballare Consiglio e Commissione con la deadline di fine anno che si avvicina e che farebbe scattare il bilancio provvisorio.
Sul fronte parlamentare (dove la linea sul meccanismo dello stato di diritto resta ferma) in attesa della plenaria di questa settimana, il gruppo dei Socialisti e democratici invita il presidente dei Popolari europei Manfred Weber “a prendere delle misure coraggiose nei confronti della sua famiglia politica, altrimenti perderebbe credibilità”. Il riferimento è al premier ungherese che fa parte dello stesso partito e che sta bloccando l’intero pacchetto economico comunitario raggiunto faticosamente con l’accordo di luglio. “Se il Ppe vuole schierarsi in difesa dello stato di diritto – scrivono i S&D – deve agire di conseguenza”.