Bruxelles – C’è un trend decennale e poi c’è il 2020 dei lockdown causati dal Coronavirus. Nell’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA) sulla qualità dell’aria in Europa, presentato oggi (lunedì 23 novembre), emerge come sia in Europa sia in Italia si stia lentamente iniziando a respirare aria più pulita, anche se è necessario evidenziare che un grosso impatto quest’anno lo hanno avuto le misure restrittive messe in campo per fronteggiare la pandemia di Covid-19. La sospensione delle attività economiche della scorsa primavera ha portato a cali del -60 per cento di biossido di azoto (NO2) e del -30 per cento di particolato fine (PM2,5) rispetto alle registrazione dell’anno precedente nei centri urbani più inquinati, in particolare quelli della Spagna e dell’Italia settentrionale (l’area metropolitana di Milano su tutte).
“È buona notizia che la qualità dell’aria stia migliorando grazie alle politiche ambientali e climatiche che abbiamo attuato”, ha puntualizzato il commissario europeo per l’Ambiente, gli oceani e la pesca, Virginijus Sinkevičius. “Tuttavia non possiamo ignorare il dato negativo, cioè il numero di decessi prematuri in Europa dovuti all’inquinamento atmosferico. È ancora troppo elevato”. Prendendo in considerazione i dati dell’Agenzia europea, sul territorio UE l’inquinamento da PM2,5 nel 2018 ha causato la morte prematura di circa 379 mila persone, circa 60 mila in meno rispetto al 2009, il biossido di azoto (NO2) 54 mila (-54 per cento) e altre 19 mila l’ozono (O3). Anche in Italia si registra una riduzione rispetto ai dati del 2012, ma è preoccupante il fatto che rimanga il secondo Paese in Europa per numero di decessi prematuri per NO2, dietro solo alla Germania, con 52.300 morti. “Con il Green Deal europeo ci siamo posti l’ambizioso obiettivo di ridurre a zero tutti i tipi di inquinamento”, ha ricordato il commissario Sinkevičius. “Se vogliamo riuscirci e tutelare sotto tutti gli aspetti la salute delle persone e l’ambiente, dobbiamo conformare le nostre norme di qualità dell’aria alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità”.
“Questi dati dimostrano che investire in una migliore qualità dell’aria rappresenta un vantaggio in termini di salute e produttività per tutti gli europei”, ha commentato il direttore esecutivo dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA), Hans Bruyninckx. “Politiche e azioni coerenti con l’obiettivo europeo di azzerare l’inquinamento permettono di vivere più a lungo e in migliori condizioni di salute, oltre a rendere le società più resilienti”. Se tra i sei Paesi membri che nel 2018 hanno superato i limiti dell’UE sul particolato fine (PM 2,5) compare anche l’Italia (insieme a Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Polonia e Romania), il report sottolinea che anche nel nostro Paese si è quasi dimezzata la percentuale di cittadini più esposta allo smog: nel 2016 era il 3,3 per cento della popolazione, mentre nel 2018 era l’1,8. Nonostante questo valore positivo, l’Italia rimane comunque uno dei Paesi dove sono più frequentemente superati tutti e tre gli standard principali UE (limite giornaliero PM10, annuale NO2 e obiettivo ozono) e la Pianura Padana una delle zone con l’aria peggiore d’Europa.
Valori che non sono sfuggiti alla Commissione: “Il superamenti del limite giornaliero persiste in numerose zone in Italia e ricordo che il Paese ha due mesi di tempo per conformarsi alla sentenza della Corte UE“, ha risposto il commissario europeo alla stampa al termine della presentazione del rapporto. Il 10 novembre scorso l’Italia è stata condannata per aver superato in maniera sistematica e continuativa i valori limite del particolato PM10. “Tutti gli Stati membri che hanno procedure di infrazione aperte dovrebbero tenere la lotta allo smog molto in alto nell’agenda politica”, ha concluso, ricordando che sono 11 i Paesi europei già deferiti in Corte di Giustizia su 21 con una procedura di infrazione per violazione della direttiva sulla qualità dell’aria.