Bruxelles – Ungheria, Danimarca, Norvegia, Finlandia. Questi i quattro Paesi dell’area di libera circolazione Schengen, che hanno reintrodotto temporaneamente i controlli alle loro frontiere interne causa Coronavirus. La risalita dei casi di contagio registrata in molti Paesi europei subito dopo l’estate, ha spinto di nuovo alcuni governi ad adottare restrizioni individuali in materia di confini e libera circolazione, nonostante tutte le raccomandazioni della Commissione europea per un approccio “coordinato per combattere il COVID19”.
In materia di confini, la Commissione europea può poco e quello che può, ovvero raccomandare agli Stati membri di non adottare azioni scoordinate, lo ha già fatto. La gestione delle frontiere, interne ed esterne, è competenza esclusiva degli Stati membri e le istituzioni europee possono solo coordinare una strategia comune per non svantaggiare alcuni Stati rispetto ad altri e cercare di tutelare il mercato interno e la libera circolazione delle merci. I Paesi hanno l’unico obbligo di notificare alla Commissione europea i provvedimenti sui confini che vogliono adottare.
Ognuno dei quattro Paesi menzionati sopra ha ripristinato restrizioni con tempistiche diverse: l‘Ungheria prevede controlli dal 31 ottobre al 29 novembre; la Danimarca – che “prevede di revocare le restrizioni a tutte le frontiere intere non appena la situazione lo consentirà” – dal 12 novembre all’11 maggio 2021; la Norvegia dal 12 novembre al 9 febbraio 2021; infine, la Finlandia dal 23 novembre al 13 dicembre.
Ricordiamo che l’area di Schengen – caratterizzata proprio dalla libera circolazione di persone e merci senza restrizioni ai confini interni tra Stati che aderiscono – conta in tutto 26 Paesi: 22 dei quali fanno parte dell’Unione europea (Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia) a cui si aggiungono quattro Paesi extra Ue, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.
In questo momento non è però solo il Covid-19 a minare il principio della libera circolazione dentro l’area. I recenti attacchi terroristici in Francia e Austria hanno spinto altri governi a ripristinare controlli contro la “minaccia terroristica” e “movimenti secondari” dentro l’Ue, ovvero spostamenti irregolari da un Paese all’altro senza che ci siano dovuti controlli: parliamo nello specifico di Austria (dal 12 novembre al 11 maggio 2021) che contro “movimenti secondari e rischio connesso ai terroristi e alla criminalizzata” ha reintrodotto controlli ai confini terrestri con Slovenia e Ungheria; la Germania (dal 12 novembre all’11 maggio 2021) per “movimenti secondari” al confine terrestre con l’Austria, dopo evidentemente l’attacco a Vienna di fine ottobre; la Svezia (dal 12 novembre all’11 maggio 2021) sempre per minacce terroristiche con restrizioni che “possono riguardare tutte le frontiere interne”; la Francia (dal primo novembre al 30 aprile 2021) per la “minaccia terroristica continua”.
Salgono a quota otto, quindi, i Paesi dentro lo spazio di libera circolazione europea che per Covid-19 o per la minaccia terroristica hanno ripristinato controlli alle loro frontiere interne, per migliorare le loro condizioni di sicurezza. Intanto, il 30 novembre è previsto il primo Schengen Forum organizzato dalla Commissione europea per cominciare a discutere con gli Stati membri di come modificare le regole attualmente in vigore dentro l’area: i governi europei sperano di poter rafforzare i controlli ai confini esterni dell’Unione europea per garantire più sicurezza anche a quelli dentro l’UE.