Bruxelles – Ungheria e Polonia fanno sul serio, e adesso rischiano di far saltare l’intera posta. Budapest e Varsavia esercitano il diritto di veto sul progetto di bilancio di lungo termine dell’UE (MFF 2021-2027), e prendono in ostaggio anche il fondo per la ripresa. I due dossier sono collegati per il fatto di essere stati ‘venduti’ ai leader come parte di un unico pacchetto, ma soprattutto dalle regole sul rispetto dello Stato di diritto che vincolano l’erogazione di risorse da entrambe le parti. Se gli Stati procedono a maggioranza qualificata contro i voleri di Budapest, il governo di Viktor Orban annulla le volontà degli altri partner.
Oggi il comitato dei rappresentati era chiamato a discutere, tra le varie cose, di fondo per la ripresa. Ma il dibattito si è interrotto prima ancora di cominciare. Il portavoce internazionale e membro del gabinetto di Orban, Zoltan Kovacs, annuncia lo stop al dossier e accusa chi ha portato l’Ungheria a questo.
1/2 Hungary's veto of the EU budget: It wasn't Hungary that altered its stance and position. Our stance has been clear all along. Prior to attending the debate on the MFF/Next Generation, PM Orbán received a mandate from the HUN Parliament on the direction we must take.
— Zoltan Kovacs (@zoltanspox) November 16, 2020
Si accusa nei fatti il Parlamento europeo e i gruppi politici che hanno deciso interventi per il rispetto dei valori fondamenti dell’UE. “Un veto ungherese potrebbe portare a una crisi? L’onere della responsabilità ricade su coloro che hanno dato origine a questa situazione nonostante la posizione ben articolata dell’Ungheria”, critica Kovacs, che ricorda come il governo aveva ricevuto un mandato chiaro dal Parlamento”.
Si inizia il rimpallo delle responsabilità, e non è mai un buon segno. Allo stesso tempo si innesca un meccanismo che mette a nudo i limiti e le difficoltà dell’Europa. Perché a questo punto l’intero impianto di gestione e risposta alla crisi economica prodotta dalla pandemia di COVID-19 va in crisi. Col veto ungherese bilancio UE e meccanismo per la ripresa sono a rischio. Per Paesi come Italia e Spagna, che più di ogni altro hanno bisogno delle risorse anti-crisi, questo ricatto ungherese rischia di costare caro.
Ma più in generale l’Europa si ritrova ostaggio di Viktor Orban, ancora una volta. Nei limiti del meccanismo decisionale dell’UE, qualunque decisione prenderanno tutti gli altri, l’Unione ne uscirà sconfitta. Se non si cede ai diktat di Budapest, si perdono bilancio e recovery fund. Se invece si cede, si salvano le risorse per il funzionamento e il rilancio dell’UE, ma l’Unione si ritrova su una china illiberale dove diritti fondamentali e Stato di diritto sono nei fatti. E soprattutto Orban si ritrova arbitro assoluto della politica europea.
Ma la realtà dei fatti dice che Ungheria e Polonia hanno espresso una riserva su un elemento del pacchetto, e quindi niente unanimità necessaria per procedere oltre. Lo stop si manifesta sulla decisione relative alle risorse proprie, vale a dire le entrate necessarie a garantire il funzionamento dell’UE senza chiedere soldi ai governi. Servono per finanziare il bilancio di lungo termine e ripagare i prestiti sui mercati necessari per il recovery fund. Un elemento centrale per la strategia dell’UE, e un elemento centrale delle richieste del Parlamento europeo. Il veto ungherese non è uno sparo nel buio.
Critiche da Parlamento e Commissione
Le reazioni più piccate arrivano proprio dal Parlamento europeo, a cominciare dalla liberale olandese Sophie in ‘t Veld.”In un’Europa governata da veti, il boss è Victor Orbán. Un leader autoritario che senza batter ciglio prende in ostaggio i fondi per la ripresa per proteggere la sua cricca corrotta”. Le fa eco il collega di gruppo Guy Verhofstadt. I leader di Ungheria e Polonia “Orbàn e Kaczyński giocano con le vite degli europei minacciati dal COVID e con i mezzi di sussistenza di tutti coloro il cui lavoro o attività è danneggiato, solo perché vogliono che l’UE finanzi la loro corrotta presa di potere”.
La co-presidente del gruppo dei Verdi Ska Keller accusa i governi europei “di aver perso tempo per anni lungo la strada e ignorando il deterioramento della situazione dello stato di diritto in Polonia e Ungheria. La presidenza del Consiglio tedesco e i presidenti Charles Michel e Ursula von der Leyen devono usare la loro influenza e abilità diplomatica per incoraggiare i governi di Polonia e Ungheria a capire l’urgenza e la necessità del pacchetto di recupero”. Secondo keller “una forte ripresa e un bilancio a lungo termine funzioneranno solo se il rispetto dello Stato di diritto si intreccerà con qualsiasi soluzione che emerga dalle discussioni del Consiglio europeo di giovedì”.
“Ancora una volta gli amici europei di Salvini e Meloni dimostrano la loro vera natura politica: sono anti-italiani e anti-europei”, commenta la capo-delegazione del Movimento 5 Stelle, Tiziana Beghin. “Bloccare il via libera al prossimo bilancio pluriennale dell’UE e al piano di ripresa Next Generation EU in piena crisi economica e sanitaria è da irresponsabili”.
Sulla stessa linea il responsabile Esteri nella segreteria del PD, Emanuele Fiano, secondo il quale “ancora una volta gli amici di Salvini e Meloni, i loro alleati europei, II premier ungherese e polacco, vogliono porre il veto bloccando le risorse necessarie per uscire dall’emergenza provocata dalla pandemia. Lo fanno perché non accettano il principio, assolutamente condivisibile, che lega la distribuzione delle risorse della UE al rispetto dello Stato di Diritto, cioè al rispetto dei principi di democrazia e delle libertà fondamentali”. Per Fiano “a questo punto è indispensabile sostenere la linea della cancelliera Merkel, sul rispetto dello stato di diritto, per uscire da questa pericolosissima impasse”.
Duro anche Sigried Muresan, responsabile del PPE per il bilancio membro del gruppo di lavoro per le risorse proprie. “Il bilancio dell’UE è denaro dei cittadini, per i cittadini”, attacca, per poi difendere le posizioni personali, del gruppo, dell’istituzione. “Abbiamo regole e valori di base in Europa a cui ogni Stato membro deve attenersi e, quando non vengono rispettati, devono applicarsi le conseguenze”.
Voci critiche si levano anche dai banchi dei socialdemocratici (S&D). “Ungheria e Polonia continuano a bloccare una risposta europea alla crisi”, la critica della portoghese Margarida Marques, vicepresidente della commissione Bilanci. “Quali sono le loro intenzioni? Riportare la discussione al Consiglio europeo di dicembre? I cittadini e gli Stati membri stanno ancora aspettando una risposta. Ma la lotta alla pandemia non può aspettare, né l’urgenza di sostenere l’economia e di tutelare aziende e posti di lavoro”.
Non è sorpreso l’esponente portoghese della sinistra radicale (GUE), Josè Gusmao. “L‘opposizione di Ungheria e Polonia era già stata annunciata. La questione è cosa faranno la Commissione, i governi e i gruppi politici di destra, che hanno continuato a proteggere la deriva autoritaria” degli Stati membri dell’UE.
Neppure in Commissione la prendono bene. Il commissario per il BIlancio, Johannes Hanh, si dice “deluso” dall’incapacità del Consiglio di trovare un accordo. “Esorto gli Stati membri ad assumere la responsabilità politica e ad adottare le misure necessarie per finalizzare l’intero pacchetto”. Perché, spiega, “qui non si tratta di ideologie ma di aiuto ai nostri cittadini nella peggiore crisi dalla Seconda Guerra Mondiale”.