Bruxelles – Premessa doverosa: il calcolo dell’impatto economico della pandemia di COVID-19 “è complicato” e dunque è difficile poter dire con certezza come e in che misura l’eurozona e i suoi Stati membri risentiranno della crisi sanitaria. La Banca centrale europea prova tuttavia a fare dei calcoli. Si tratta di un esercizio di stima con tutte le incertezze del caso, che però serve a capire come muoversi, a livello nazionale come a livello sovranazionale e dunque europeo, per evitare il peggio.
La certezza di partenza alla base dello studio preliminare della BCE è che il grande shock macroeconomico derivante dalla pandemia ha colpito sia l’offerta sia la domanda. Di per sé questo è già un problema. L’offerta ha risentito delle politiche di confinamento e di blocco del sistema produttivo. Che si tratti di bar o di industrie, questo implica che la piena capacità crolla a zero nelle imprese chiuse, il che equivale a un temporaneo forte calo dell’offerta e quindi della produzione potenziale.
Non è detto però che a lockdown revocato si torni alla piena capacità iniziale. Questo per due ragioni. Da una parte l’impoverimento delle imprese chiuse, costrette magari al licenziamento o, nei casi dei ristoranti, a riaprire non a pieno regime. Dall’altra parte, sottolinea la BCE, un recente studio teorico suggerisce che uno shock dell’offerta, che colpisce i settori dell’economia in modo asimmetrico, può a sua volta innescare contrazioni della domanda. Senza dimenticare che, come dimostrato dalla grande crisi finanziaria, “i fattori dal lato della domanda possono anche avere impatti persistenti o addirittura permanenti sulla produzione potenziale”.
Offerta e domanda sono interdipendenti. Se quest’ultima crolla la produzione si adeguerà ai nuovi livelli. Ecco il nodo della questione. “Le analisi empiriche, basate su dati limitati, hanno rilevato che sia l’offerta sia la domanda sono diminuite dopo lo shock COVID-19”. Non è chiaro quanto l’una potrà trinare l’altra. Certamente la domanda farà più fatica a trainare l’offerta perché molti consumatori, e dunque i componenti della domanda, nel frattempo hanno visto il proprio potere d’acquisto diminuire causa cassa integrazione, decurtazioni salariali o addirittura licenziamenti. Non avendo dati precisi si fa fatica a capire l’entità del rischio.
Nel complesso, si legge nello studio preliminare dell’istituzione di Francoforte, “negli Stati Uniti studi empirici hanno rilevato che sia l’offerta sia la domanda hanno avuto un ruolo importante e, poiché la natura dello shock era la stessa in tutto il mondo, si può ragionevolmente presumere che lo stesso valga anche per l’area dell’euro”.
L’intervento pubblico risulta dunque risulta fondamentale per puntellare la capacità di stimolo della domanda. “Finora, l’analisi della BCE mostra che la rapida attuazione di schemi di lavoro a orario ridotto nei paesi europei ha mitigato le potenziali perdite di posti di lavoro permanenti derivanti dai blocchi”. Chi riesce a mantenere un lavoro ha soldi da spendere.
Ma il sostegno pubblico si è dimostrato molto utile anche per sostenere il sistema produttivo. I prestiti garantiti dallo Stato, continua la BCE, sono stati fondamentali per facilitare l’accesso delle imprese alla liquidità per coprire le carenze di capitale circolante. Tali misure sono fondamentali per proteggere l’economia dell’area dell’euro dalle cicatrici a lungo termine.
Continuare a sostenere anche il lato dell’offerta si rende indispensabile. I motivi sono molteplici. Secondo lo scenario prodotto dalla BCE l‘interruzione della catena di approvvigionamento “potrebbe essere persistente” e quindi le aziende potrebbero dover trovare nuovi fornitori, nuove rotte di trasporto o nuovi luoghi di produzione. “Ciò potrebbe aggravarsi se l’attuale pandemia aumentasse il protezionismo e accelerasse la de-globalizzazione”. Le difficoltà finanziarie potrebbero aumentare i costi di finanziamento di nuovi progetti produttivi e potrebbero anche aumentare i tassi di insolvenza delle imprese. Ancora, la distruzione di posti di lavoro derivante da un’impennata delle uscite aziendali porterebbe potenzialmente a perdite di produttività se la riallocazione dei lavoratori sfollati ad altre imprese è lenta e si traduce in un deterioramento delle competenze dei lavoratori a lungo termine.
Più in generale, “lo shock COVID-19 potrebbe influire negativamente sullo stock di capitale nell’area dell’euro, principalmente attraverso minori investimenti”. Innanzitutto, nonostante le condizioni di finanziamento favorevoli, l’elevato livello di incertezza potrebbe influire negativamente sulle decisioni di investimento. Inoltre, il calo del valore aggiunto potrebbe colpire anche gli investimenti, mentre il calo dei margini societari potrebbe frenare le spese per investimenti.
La situazione, dunque, rischia di essere particolarmente svantaggiosa. “Si può auspicare” che il danno a lungo termine per l’economia “sia piuttosto piccolo se lo shock si attenua piuttosto rapidamente”, e cioè se viene trovato un vaccino che garantisce che lo shock non sia duraturo o ricorrente. La BCE però non può sapere come si evolverà la situazione e mette le mani avanti e avverte i governi. “A lungo termine, l’ampiezza della fluttuazione dipende dalla durata della pandemia e dalla misura in cui le misure politiche sono in grado di proteggere l’economia da cicatrici eccessive, tra gli altri fattori”.