Bruxelles – Una riforma delle regole dentro l’area di libera circolazione Schengen “è necessaria”, sostiene la Commissione europea, ritenendola “una priorità urgente”. Ma la libera circolazione non si tocca. Si gioca sulle parole a Bruxelles, per dire “sì” alla riforma chiesta dal presidente francese, ma intendendo in realtà con questo slogan rivedere la sicurezza delle frontiere esterne a Schengen. Perché è lì che sta il problema ed è lì che sta la soluzione.
All’inizio di dicembre l’Esecutivo è pronto a organizzare il primo Schengen Forum, per discutere con gli Stati membri di una nuova “strategia per un’area Schengen più forte che ci aiuterà con la sicurezza dei cittadini europei”.
Un portavoce dell’Esecutivo comunitario tenta di dare un’immagine di unità, affermando che la Commissione europea sostiene la linea di Emmanuel Macron sulla necessità urgente di rafforzare la sicurezza dentro l’area di libera circolazione in Ue, che per il presidente francese servirà a contrastare terrorismo e immigrazione irregolare. In visita al confine franco-spagnolo, ieri il capo dell’Eliseo ha chiarito che presenterà le sue proposte per una “revisione profonda” a dicembre, nell’ottica di attuarle poi quando la Francia prenderà le redini del Consiglio Ue a partire da gennaio 2022.
L’idea di una “nuova strategia per il futuro di Schengen” era già sul tavolo della Commissione europea. Ma è opposta a quella di Macron.
La presidente Ursula von der Leyen nel suo primo Discorso sullo Stato dell’Unione (16 settembre) ha menzionato la necessità di “un pieno funzionamento dello spazio Schengen di libera circolazione”. Aggiungendo che “collaboreremo con il Parlamento e gli Stati membri per farlo diventare una priorità politica e proporremo una nuova strategia per il futuro di Schengen”, senza dare più informazioni su cosa intendesse con “una nuova strategia”. L’idea di una riforma del Schengen “era sul tavolo” conferma anche il capo portavoce dell’Esecutivo, Eric Mamer, dal momento che è “parte integrante della proposta della Commissione sul nuovo patto su migrazione e asilo“. Ma nella proposta dell’Esecutivo si parla in effetti di uno screening rafforzato alle frontiere esterne per i migranti in arrivo in territorio europeo, ma non si menziona il futuro dei confini interni.
Mamer ha chiarito che per la Commissione “c’è un legame tra il futuro di Schengen e il patto per le migrazioni e l’asilo”, ed ecco qui il tema delle frontiere esterne che sta a cuore all’Esecutivo comunitario. Un altro portavoce ha poi aggiunto come l’Esecutivo vuole approcciarsi a una nuova Schengen: più controlli alle frontiere esterne; rafforzare la cooperazione delle autorità nazionali, in particolare la polizia; un sistema interconnesso tra Stati membri per il controllo delle frontiere anche grazie al contributo delle agenzie europee. Ancora non ci sono stati accenni a nuovi controlli rafforzati per quanto riguarda le frontiere interne, come chiaramente auspicato da Macron. Anzi la posizione della Commissione è chiara, ha precisato il portavoce: i controlli alle frontiere interne “devono rimanere eccezionali, limitati nel tempo e proporzionate a rispondere a una minaccia dimostrata”.
Attualmente l’area di libera circolazione Schengen si compone di 26 Paesi, di cui 22 Stati dell’UE: Belgio, Repubblica ceca, Danimarca, Germania, Estonia, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Slovacchia, Finlandia e Svezia, insieme a Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera. Bulgaria, Croazia, Cipro, Irlanda, Romania (e prima di Brexit anche il Regno Unito) sono Stati membri dell’UE, ma non fanno ancora parte dell’area di libera circolazione. Tutti gli aderenti allo spazio sono privi di controlli alle frontiere interne (cioè ai confini tra due Stati Schengen). I controlli rimangono alle frontiere esterne.