Bruxelles – Dopo due settimane di proteste, è arrivato un primo, fragile, successo per le donne polacche contro la sentenza della Corte Costituzionale di limitare ancora di più l’accesso all’aborto, rendendolo illegale anche nel caso di malattie e gravi malformazioni del feto. Messo all’angolo dalle imponenti manifestazioni di piazza che hanno infiammato tutto il Paese dallo scorso 22 ottobre, il governo guidato dal partito sovranista Diritto e Giustizia (PiS) del premier Mateusz Morawiecki e del leader della destra conservatrice, Jarosław Kaczynski, ha deciso martedì di rinviare la traduzione in legge della sentenza . “In questo momento abbiamo bisogno di calma, di una discussione pacata tra esperti su questo verdetto e di placare le emozioni sociali”, ha dichiarato alla stampa il portavoce del governo, Piotr Müller. Per rinviare la traduzione in legge, il governo ha semplicemente lasciato trascorrere i termini per la pubblicazione della sentenza in Gazzetta ufficiale, scaduti lunedì. Il governo potrebbe però pubblicare la decisione in qualsiasi momento, come ha già fatto in passato, nonostante questo violerebbe la Costituzione.
Per contrastare lo Strajk Kobiet, lo “sciopero delle donne”, movimento spontaneo e pacifico, il premier Morawiecki la scorsa settimana aveva fatto ricorso anche alla mobilitazione dell’esercito in aiuto alle forze di polizia. I militari sono stati schierati a difesa di chiese e palazzi del potere contro le manifestanti e i loro sostenitori – uomini solidali, giovani, settori della società civile e persino ambienti solitamente più vicini ai conservatori, come gli agricoltori – pronti a sopprimere eventuali violenze. L’ondata di protesta è però rimasta focalizzata in modo pacifico sull’obiettivo ultimo della manifestazione (sul copione di quanto già accaduto nei mesi scorsi anche in altri scenari dell’Est Europa, come Bielorussia e Bulgaria): opporsi alla controversa sentenza che bolla l’aborto come reato, fatta eccezione per casi di stupro, incesto o rischio per la vita della madre. Bisogna ricordare che la legislazione polacca in materia è già particolarmente severa, seconda solo a Malta (dove è vietato in qualsiasi caso). Gestendo in questo modo la mobilitazione a Varsavia, nelle grandi città come Poznan, Lodz, Danzica, Stettino, e nei centri più piccoli come Kolobrzeg, Gliwice e Olsztyn, lo sciopero delle donne ha costretto il governo a cercare una soluzione alternativa per non arrivare allo scontro totale e rischiare di attirare ancora di più l’attenzione dell’Unione Europea.
Il fronte UE
Il più grande problema per il premier polacco rimane proprio l’occhio di Bruxelles. Il tribunale che ha emesso questa sentenza viene ormai considerato dagli osservatori internazionali strettamente sotto il controllo del partito sovranista di Kaczyński e l’organo giudiziario nel Paese non viene più ritenuto indipendente dall’esecutivo. Opinione condivisa anche dalle istituzioni europee: già il 29 aprile scorso la Commissione UE ha avviato una procedura d’infrazione per lo Stato di diritto in Polonia, accusando la legge sulla magistratura entrata in vigore a febbraio di minare l’indipendenza dei giudici polacchi. Questo fatto toglierebbe ancora più legittimità al verdetto anti-aborto della Corte costituzionale.
Dal Parlamento Europeo è arrivato il commento di Laura Ferrara (Movimento 5 Stelle): “A vincere una battaglia di civiltà è l’intero popolo polacco”, ha dichiarato l’europarlamentare italiana. “Capitolano invece quei movimenti che mettono in discussione conquiste sociali e diritti senza i quali le donne rischierebbero di morire di aborto clandestino”. Ricordando la sua interrogazione presentata alla Commissione UE proprio sul tema dell’aborto in Polonia, “che solleva la questione del rispetto dei diritti umani, dello Stato di diritto e della democrazia in tutta Europa”, Ferrara ha puntato il dito contro il governo polacco: “Dopo il dietrofront sulla legislazione antiaborto, mi auguro che ogni intenzione di arretrare sui diritti delle donne venga definitivamente accantonata“.
Si attende invece ancora un commento da parte della Commissione UE, auspicando che questa volta mostri un tono più deciso rispetto a quello dello scorso 28 ottobre da parte della presidente Ursula von der Leyen. Senza citare esplicitamente il suo appoggio alle donne polacche, la presidente aveva twittato: “I solidi diritti delle donne sono una risorsa e un risultato di cui l’intera Europa deve essere orgogliosa. Dobbiamo spingere in avanti, non indietro”.
Progress is hard won, but easily lost.
Strong women’s rights are an asset and an achievement the whole of Europe must be proud of.
We should push forward, not backwards.
Backsliding is not an option for a continent that aims for winning the future.
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) October 28, 2020