Bruxelles – Come previsto la Commissione taglia le stime di crescita, quale diretta conseguenza della recrudescenza del Coronavirus. Nel 2021 l’eurozona conoscerà una ripresa 4,2% invece del 6,1% prevista a inizio luglio, mentre l’economia a dodici stelle crescerà del 3% invece del 5,8% atteso nelle previsioni economiche d’estate. Quelle autunnali di previsioni economiche confermano la “elevata incertezza e rischi di ribasso legati alla pandemia” di Coronavirus. Ma soprattutto la difficoltà nel ripartire.
“La previsioni descrivono un quadro di una situazione che è ancora preoccupante”, riconosce il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, nel presentare le stime dell’esecutivo comunitario. “Non abbiamo mai contato su una ripresa tipo ‘a V’, adesso sappiamo per certo che non ce ne sarà una”. Il calo seguito all’impatto del COVID-19 non verrà seguito da una ripresa della stessa intensità. Sommessamente si auspicava fosse possibile, nella consapevolezza che la probabilità era comunque bassa.
Ripartenza vera non prima del 2023
“La crescita tornerà nel 2021 ma ci vorranno due anni prima che l’economia europea si avvicini a riguadagnare il suo livello pre-pandemico”, continua Gentiloni. “Nell’attuale contesto di altissima incertezza, le politiche economiche e fiscali nazionali devono rimanere favorevoli”, dunque avanti con l’intervento pubblico come fatto finora. Anche se i conti ne risentono.
Il deficit aumenta ovunque
Alla fine dl quest’anno solo la Bulgaria soddisferà il criterio del deficit, quello che vuole entro la soglia del 3% il suo valore in rapporto al PIL. Addirittura il deficit dell’area euro raggiungerà quota 8,8%, quello dell’UE l’8,4%. Nel 2021 il miglioramento atteso è minimo: solo sei Stati su 27 avranno il deficit ‘in regola’, solo due di loro (Lussemburgo e Cipro) dell’eurozona. Per il prossimo biennio almeno i conti dell’eurozona saranno in disordine (deficit al 6,4% nel 2021 e al 4,7% nel 2022).
Recovery Fund una risorsa, rischi per mercato interno e l’incubo delle borse
Le previsioni non tengono conto del meccanismo per la ripresa, perché Next Generation EU ancora non è attivato. Dunque non è stato possibile fare una stima di quanto e come il recovery fund (672,5 miliardi di euro dei 750 miliardi complessivi dell’intero meccanismo) potrà incidere. Ma è certo che è considerato un fattore in grado di modificare in meglio i numeri. Da qui l’invito di Gentiloni. “NextGenerationEU deve essere finalizzato quest’anno ed effettivamente attuato nella prima metà del 2021“. Per tutti, “Italia compresa”, il suggerimento è di finalizzare i piani nazionali di ripresa “quanto prima”.
Il meccanismo di ripresa è considerato un “rischio al rialzo” per le previsioni prodotte. La Commissione, nell’incertezza più totale, azzarda due diverse ipotesi, due diversi scenari, uno al rialzo e uno al ribasso. Lo scenario positivo è quello che include la riuscita del meccanismo per la ripresa. Più in generale presuppone una più rapida e più forte ripresa della fiducia delle imprese e dei consumatori derivante da progressi più rapidi nello sviluppo di un trattamento efficace, o da un migliore adattamento da parte di famiglie e imprese al nuovo ambiente COVID-19.
Lo scenario al ribasso considera l’impatto negativo sul sentimento economico e sulle condizioni di finanziamento delle imprese di sforzi di contenimento dei virus più severi e prolungati. In questo caso è lecito attendersi risultati economici “significativamente peggiori nel breve termine”. Mentre nel medio-lungo periodi esiste anche il rischio che, nonostante gli sforzi politici, “le divergenze tra i paesi possano radicarsi, mettendo in pericolo il funzionamento del mercato interno“. Senza contare le piazze affari. “Non si può escludere la possibilità di stress sui mercati finanziari“.
La Brexit penalizza l’Europa
A tutto questi si aggiungono le incognite legate all’uscita del Regno Unito dall’UE. Fatto salvo l’esito dei negoziati in corso su un futuro partenariato UE-Regno Unito, si presume che dall’1 gennaio 2021 le due partii commerceranno in base alle norme dell’Organizzazione mondiale per il commercio (WTO) della nazione più favorita. Le relazioni commerciali sulla base di questo regime “dovrebbero rallentare la ripresa”.