Bruxelles – Ora è ufficiale. Nella notte tra il 3 e il 4 novembre gli Stati Uniti si sono formalmente ritirati dagli Accordi di Parigi sul clima, sottoscritti nel 2015 e ora in vigore per 194 Paesi uniti nella lotta ai cambiamenti climatici.
Nel giorno del quarto anniversario dell’entrata in vigore dell’Accordo (4 novembre 2016) si consuma dunque il disimpegno di Washington, annunciato dal presidente uscente Trump nel suo primo anno di mandato nel giugno 2017, sostenendo che avrebbe minato l’economia statunitense, e poi notificato esattamente un anno fa (4 novembre 2019) alle Nazioni Unite.
Con gli occhi di tutti puntati sulle elezioni statunitensi, Trump ne ha approfittato per completare l’uscita dagli impegni internazionali in tema di sostenibilità. Un modo per completare il suo operato, nel caso di una mancata riconferma alla Casa Bianca.
La decisione potrebbe non essere irreversibile. Molto dipenderà dai risultati elettorali delle presidenziali. Lo sfidante democratico di Trump, Joe Biden, ha promesso in caso di elezione di rientrare nell’immediato negli Accordi. Dal punto di vista di Bruxelles, il fatto che la seconda economia più inquinante sulla terra si chiami fuori dagli impegni sottoscritti, rende ancora più difficile la sfida climatica.
Come allora, sottolinea un portavoce della Commissione europea a Eunews, “prendiamo atto con rammarico di questo ritiro. Abbiamo lavorato fianco a fianco con gli Stati Uniti per costruire l’Accordo di Parigi nel 2015, che ora è in vigore”. Precisano poi che l’intenzione è quella di andare avanti anche senza uno dei principali responsabili delle emissioni di gas a effetto serra. “L’Accordo di Parigi ha solide basi ed è qui per rimanere”.
L’Ue è impegnata nel perseguimento degli obiettivi climatici del suo Green Deal e in particolare quello di arrivare a quota zero emissioni nette di gas a effetto serra entro in 2050. La Commissione europea ha di recente aggiornato anche i suoi obiettivi climatici intermedi al 2030, ma è ben consapevole che il cambiamento climatico è una minaccia globale che va affrontata mettendo pressione a tutti i grandi emettitori del pianeta. Da sola non può farcela. La Cina da sola rappresenta circa il 27 per cento delle emissioni globali di gas serra, gli Stati Uniti ne emettono il 14 per cento e l’Unione europea (a 27 Stati) insieme all’India occupano il terzo posto della classifica con circa il 7 per cento delle emissioni mondiali.
Qualcosa sta effettivamente cambiando. Prima la Cina, poi il Giappone e la Corea del Sud hanno tutti aggiornato i loro obiettivi climatici a lungo termine per mettersi in linea con quelli dell’Unione europea. La Commissione ci conferma che “insieme ai nostri partner, attueremo l’Accordo di Parigi perché è nostro comune interesse e responsabilità. L’Accordo di Parigi e la nostra transizione verso la neutralità climatica guidano un processo irreversibile di crescita sostenibile per le nostre economie e sono la chiave per proteggere il nostro pianeta”, conclude il portavoce. Per questo è pronta a rafforzare la cooperazione con tutti partner che hanno i suoi stessi obiettivi.