Bruxelles – Un avvio non semplice, un prosieguo costellato di ostacoli, e soprattutto un futuro di insidie. “Il periodo a venire sarà impegnativo, ma sono pronta”. Adesso mostra determinazione, ma il primo di anno di Christine Lagarde alla guida della BCE non è stato facile. La prima donna alla testa della Banca centrale europea raccoglieva l’eredità lasciata dal suo predecessore, Mario Draghi, salutato in tutto il mondo come l’uomo che aveva aiutato a traghettare l’Eurozona fuori dalle crisi in cui i Paesi dell’UE con la moneta unica si sono trovati negli anni recenti, anni durante i quali comunque Lagarde aveva potuto lavorare a stretto contatto con Draghi in veste di direttrice del Fondo monetaria internazionale.
Un avvio prudente, all’insegna della continuità del suo predecessore, poi lo “scivolone” che rischia di segnare in modo irreparabile il suo corso. “Non siamo qui a calmare gli spred”, dice a marzo, mentre l’Italia inizia chiudere tutto per la pandemia. Ufficialmente ha ragione lei, non è questo il mandato della BCE. Ma la gaffe le costa caro. Interviene persino il capo dello Stato. Deve smentire, correggere il tiro, riconquistarsi la fiducia. Degli italiani, innanzitutto. E di quanti iniziano a considerare come forse troppo frettolosa la sua nomina.
Strano a dirsi, e anche non bello, ma la pandemia le viene in soccorso. Di fronte al Coronavirus che spazza via la ripresina costruita a fatica, annuncia un nuovo quantitative easing. Il 19 marzo annuncia il programma di acquisto d’emergenza pandemico, più noto come PEPP, per puntellare l’economia reale. Potenza di fuoco da 750 miliardi di euro fino a tutto il 2020, che decide di raddoppiare poco dopo, a giugno, ed estenderlo almeno fino a giugno 2021. Lagarde ha in questo modo l’opportunità di dimostrare che la BCE resta un baluardo dell’Europa.
Lo dimostra nel vertice dei leader senza fine di luglio, quandi capi di Stato e di governo sembrano non riuscire a mettersi d’accordo su bilancio e strategia di rilancio. E’ la presidente della BCE a richiamare tutti i leader. “Meglio rinvii che accordi al ribasso”, il suggerimento che è anche rimprovero. Alla fine viene ascoltata, e lei erge tra i vincitori della riunione.
Quindi a inizio luglio Lagarde celebra l’entrata in circolazione delle prima banconote della moneta unica con la sua firma. Le aveva firmate all’inizio del mandato, e la matrice diventa realtà. Difende, promuove e rilancia la moneta unica, espressione di qualcosa di più grande. “L’euro è la nostra moneta, è una rappresentazione tangibile dell’integrazione europea e un simbolo di unità che portiamo con noi ogni giorno”. Lo urla ai giovani, che invita a partecipare al dibattito sull’Europa per la costruzione dell’UE che verrà.
Ma la lenta recrudescenza del COVID-19 porta via il buonumore. Alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva Lagarde annuncia che la Banca centrale europea potrebbe sostenere la ripresa dell’Europa acquistando i titoli emessi dalla Commissione nell’ambito del recovery fund. Una possibilità, che dimostra quanto la BCE lavori per tenere in piedi l’eurozona in attesa delle riforme strutturali dei Paesi, che da inizio mandato Lagarde non smette mai di chiedere ai governi, ai quali promette presenza costante e decisa.
“La Banca centrale europea c’era durante la prima ondata e ci sarà durante la seconda”, assicura Lagarde in occasione dell’ultima riunione del consiglio direttivo. Conferma la politiche accomodanti e si dice pronta a “ricalibrerà i suoi strumenti, se del caso, per rispondere alla situazione in corso”. La prima donna alla testa della BCE è consapevole che “il periodo a venire sarà impegnativo, ma sono pronta, insieme ai miei colleghi, a continuare a sostenere le economie europee”.