Bruxelles – La Commissione europea ha inviato oggi (30 ottobre) una lettera di costituzione in mora a Italia, Austria, Croazia per non aver ancora adottato un programma nazionale per la gestione dei rifiuti radioattivi, in linea con la direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi del 2011. I tre Paesi Ue avrebbero dovuto recepirla entro il 23 agosto 2013 e notificare i loro programmi nazionali per la prima volta alla Commissione entro il 23 agosto 2015. A Bruxelles ancora aspettano.
La direttiva in questione riguarda lo smaltimento di rifiuti radioattivi generati sia dalla produzione di energia elettrica nelle centrali nucleari, sia dall’uso di materiali radioattivi per scopi medici, di ricerca, industriali e agricoli. Adottando la norma, l’Ue ha chiesto agli Stati di presentare piani nazionali di gestione di tutto il combustibile esaurito e dei residui radioattivi in tutto il processo, dalla produzione allo smaltimento. Questo per occuparsi in maniera “responsabile e sicura” del materiale esausto. L’obiettivo, si legge nella nota della Commissione, è quello di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
In Italia la questione è aperta da tempo ma rimane senza soluzione: esistono decine di depositi piccoli e meno piccoli che raccolgono anche temporaneamente i rifiuti radioattivi mentre nel Paese prosegue il dibattito sulla costruzione di un deposito nazionale da realizzare sulla base delle norme internazionali. Un deposito che nessuno vuole. Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), aggiornato al dicembre 2017, il totale dei rifiuti radioattivi presenti nelle installazioni nucleari, compresi quelli generati da attività di origine medica e industriale, è di circa 30 mila metri cubi. I rifiuti generati dallo smantellamento sono prevalentemente di attività (radioattiva) bassa o molto bassa ma continueranno ad essere prodotti i rifiuti che derivano dalle applicazioni mediche e industriali, per i quali l’ISIN stima un produzione su base annuale di circa 300 metri cubi.
Questo provvedimento si aggiunge ai tanti della lista in materia di rifiuti. A maggio 2018 la Corte di giustizia ha condannato il Paese al pagamento di multe milionarie (25 milioni di euro più 30 milioni ogni sei mesi passati senza risolvere il problema) per l’assenza di un sistema adeguato di gestione delle acque di scarico. A questo si aggiunge la condanna (2014) per la mancata chiusura delle discariche abusive presenti sull’interno territorio nazionale (42,8 milioni di euro ogni sei mesi) e la condanna (2015) per il trattamento inadeguato dei rifiuti in Campania (120mila euro al giorno di multa).
Dopo aver ricevuto la lettera, Italia, Austria e Croazia hanno due mesi di tempo per rispondere alla Commissione. In caso contrario, in mancanza di una risposta soddisfacente, la Commissione può decidere di inviare un parere motivato.