Bruxelles – Tanta la strada ancora da percorrere per raggiungere la piena parità di genere in Europa. Con gli attuali ritmi di progresso sull’uguaglianza di genere, l’Unione europea impiegherà più di 60 anni a raggiungere la piena parità. È quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), l’agenzia indipendente dell’UE che si occupa di monitorare i progressi degli Stati sull’uguaglianza di genere, pubblicato il 29 ottobre. Il Gender Equality Index valuta i progressi sull’uguaglianza di genere negli Stati membri in relazione a sei aspetti della vita: lavoro, denaro, conoscenza, tempo, potere salute.
“Bisogna accelerare”, è l’allarme dell’Istituto di ricerca. Con un punteggio dell’indice sull’uguaglianza di genere pari a 67,9 su 100 nel Gender Equality Index 2020 (con dati relativi al 2018), il punteggio in Ue è migliorato di soli 4,1 punti dal 2010 e 0,5 rispetto al 2017. Il ritmo attuale di crescita è di un solo punto percentuale ogni due anni, che rischia di registrare una ulteriore battuta di arresto a causa della pandemia.
Con 63,5 punti su 100, l’Italia si posiziona al 14° posto tra i Paesi Ue, sotto la media europea di 4,4 punti. Dal 2010 ad oggi, però, il punteggio dell’Italia è aumentato di 10,2 punti (+ 0,5 punti dal 2017) e dunque, secondo il rapporto, è tra gli Stati europei che sta progredendo verso la parità di genere a un ritmo più veloce rispetto a molti altri. I progressi più evidenti in Italia si registrano nell’ambito dei ruoli di potere (+ 23,6 punti dal 2010) e della conoscenza (+ 8,1 punti). Nonostante i progressi, le disuguaglianze di genere più marcate rimangono nell’ambito del potere, dove il punteggio rimane basso (48.8). Persiste inoltre il problema del divario salariale: in media la retribuzione delle donne ammonta a quasi un quinto rispetto a quella degli uomini. Le donne inoltre passano più tempo degli uomini a fare lavori domestici.
Insieme all’Italia, anche Lussemburgo (9,1) e Malta (9) registrano i progressi più evidenti rispetto al 2010. Svezia, Danimarca e Francia mantengono i loro primi posti; mentre Grecia, Ungheria e Romania sono i tre Paesi più in ritardo rispetto al resto dell’Ue.
In tutta Ue, passi avanti si rilevano soprattutto nei settori della salute (88 punti) e del denaro (80,4 punti). Ma le disuguaglianze di genere rimangono preoccupanti per quanto riguarda i ruoli di potere, che con 53,5 punti rimane il dominio con il punteggio più basso, e soprattutto nel processo decisionale in ambito economico. Il secondo punteggio più basso (63,6 punti) riguarda l’ambito della conoscenza. Per l’Istituto il miglioramento dell’uguaglianza di genere nell’ambito dei processi decisionali (che riguardano politica, economia, sport e qualunque ambito lavorativo) dovrebbe rappresentare il principale motore del progresso nell’UE. Eppure, nonostante i passi avanti compiuti fino ad ora, i progressi rimangono ancora troppo lenti.
Secondo l’Istituto uno dei maggiori freni all’uguaglianza di genere è il concetto di “segregazione” nell’istruzione e nel lavoro, ovvero la marcata concentrazione di donne o uomini in determinate aree o lavori e la scarsa possibilità di saltare da un ambito lavorativo all’altro. “Nonostante gli sforzi per attenuare il problema”, si legge nel rapporto “come iniziative per incoraggiare le donne a studiare scienze o ingegneria”, la concentrazione femminile in alcuni ambiti lavorativi (assistenza sanitaria, pulizie) continua ad essere in aumento dal 2010. Per fare un esempio, nell’UE solo due lavori nel campo delle tecnologie dell’informazione e comunicazione su dieci sono occupati da donne. Di contro, nel settore dell’assistenza gli uomini sono pochi e costituiscono solo il 15 per cento dei lavoratori infermieristici, di ostetricia o di cura della persona nei servizi sanitari.
Quest’anno il rapporto ha approfondito anche gli effetti della digitalizzazione sulla vita lavorativa delle donne e uomini. Ne emerge che le donne corrono un rischio leggermente maggiore di essere sostituite nel loro lavoro da robot e computer e sono anche sottorappresentate negli ambiti dello sviluppo di intelligenza artificiale, start-up digitali e prodotti ad alta tecnologia come i veicoli spaziali, le fibre ottiche, i laser e i microchip. Nel complesso, gli uomini sono dominanti nel settore dello sviluppo delle nuove tecnologie in tutta l’UE. Il rapporto ha messo anche in evidenza che con la diffusione del lavoro organizzato attraverso piattaforme online si stanno riproponendo le tradizionali problematiche di disuguaglianze di genere, come il divario retributivo tra i sessi o la segregazione di genere.
“Abbiamo visto piccoli e costanti guadagni anno dopo anno, ma questa volta abbiamo un motivo di preoccupazione”, mette in guardia Carlien Scheele, direttore dell’EIGE. La pandemia da Coronavirus rischia di rappresentare una minaccia per il progresso dell’uguaglianza di genere in Unione europea. “Più che mai, i responsabili politici dovranno utilizzare i risultati del nostro Indice per progettare soluzioni inclusive che promuovono l’uguaglianza di genere nella nostra società, sia durante che dopo la pandemia”, ha commentato, presentando i risultati dell’Indice. Quest’anno la presentazione dei dati dell’Indice coincide con la prima settimana europea per l’uguaglianza di genere, iniziativa lanciata dal Parlamento europeo in occasione dei 25 anni della Dichiarazione di Pechino sui diritti delle donne.
“Tutti i nostri sforzi di ripresa devono essere integrati nella dimensione di genere in modo da non spingere gli eroi della pandemia in una crisi di lunga durata”, il commento dell’eurodeputata Evelyn Regner presidente della commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere, dopo la pubblicazione dell’Index. Sottolinea ancora che “il peso del lavoro di assistenza non retribuito, la segregazione dei settori di lavoro, il numero allarmante di atti violenti contro le donne e la mancanza di donne in ruoli di leadership” sono problematiche che “non si risolveranno da sole”. “Abbiamo bisogno dell’azione di tutti i paesi dell’UE e abbiamo bisogno di misure vincolanti”.