Bruxelles – L’ultimo affondo dell’Unione Europea al Regno Unito sulla questione della Brexit si può riassumere in un aforisma: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. O come ha rincarato lo stesso presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, “per dirla all’inglese, non si può avere una torta intera e allo stesso tempo mangiarla”. Due espressioni, (la prima in francese è On ne peut pas avoir le beurre, l’argent du beurre, et le sourire de la cremiere) entrambe utilizzate nel suo discorso di fronte al Parlamento Europeo (mercoledì 21 ottobre), che riassumono ciò che è diventata la discussione sul futuro delle relazioni post-Brexit tra UE e Regno Unito: una prova di forza basata sull’arte oratoria, un tentativo di spostare la controparte dalle proprie posizioni attraverso l’uso di un arsenale di metafore, minacce velate e recriminazioni. Una trattativa dell’assurdo, scrivevamo proprio ieri su Eunews.it.
La relazione del presidente del Consiglio Europeo, seguita da quella del vicepresidente della Commissione UE, Maroš Šefčovič, e del capo-negoziatore UE per la Brexit, Michel Barnier, suona come uno degli ultimi tentativi da parte dell’Unione Europea di ribadire le proprie posizioni a poco più di due mesi dalla fine del periodo di transizione (31 dicembre). “Brexit significa Brexit. Ma Brexit significa anche fare scelte sulle nostre relazioni future”, ha esordito Michel. “Siamo disposti a negoziare ventiquattro ore su ventiquattro, su tutti i temi e sulla base dei testi giuridici. Ma ci prepariamo anche all’eventualità di un no deal“. La palla passa di nuovo al Regno Unito: “Le loro scelte determineranno il livello di accesso al nostro Mercato unico. Ancora oggi vuole garantire alle sue imprese l’accesso al nostro enorme mercato, divergendo dalle nostre normative quando gli conviene. Non è accettabile”. Dopo aver ricordato l’importanza del level playing field – “le regole uguali per tutti” – per la concorrenza e l’integrità del Mercato unico, Michel ha fatto il punto sulla questione della pesca: “La Brexit non è stata una decisione dei nostri pescatori e danneggerebbe pesantemente le flotte europee. Vogliamo mantenere l’accesso alle loro acque”. E infine una stoccata sull’Internal Market Bill – “qual è il senso di sottoscrivere un accordo internazionale se poi non viene attuato pienamente?” – con la prospettiva di nubi nere all’orizzonte: “Nel caso di violazione dell’Accordo, dovremo essere in grado di portare la controversia a un arbitrato indipendente vincolante per trovare una soluzione rapida”.
Più tuonante la posizione del vicepresidente della Commissione UE: “Intesa o non intesa, l’Accordo di recesso dovrà essere rispettato!” Questo non significa che l’UE stia spingendo sulla strada del no deal. Al contrario, “dobbiamo trovare insieme un minimo comune denominatore: non c’è tempo da perdere, per noi la porta rimane sempre aperta“, ha ammorbidito il tono Šefčovič. Nonostante le posizioni siano ancora distanti, come ha ammesso lo stesso vicepresidente davanti al Parlamento UE, la Commissione non sta rinunciando a cercare una nuova relazione positiva con Londra dal 1° gennaio 2021. “Ma non a ogni costo” ha specificato Šefčovič: “Va garantito che la concorrenza leale tra le aziende europee e britanniche sui mercati possa continuare”. Ultima battuta sui risultati della quarta riunione del comitato misto UE-Regno Unito: “Abbiamo notato un approccio costruttivo, ma è necessario che adesso si trasformi in soluzioni operative e accettabili”.
Calmi, rispettosi, ma inamovibili nella difesa degli interessi dell’Unione Europea: “Lavoreremo giorno e notte, ma fino all’ultimo giorno di negoziati la nostra posizione non cambierà mai“. Con sguardo deciso ma sereno, il capo-negoziatore Barnier ha riassunto la posizione europea sui negoziati in corso, dopo le ennesime provocazioni di Downing Street sulle colpe di Bruxelles nella prospettiva di un non-accordo. “Lunedì prossimo torneremo a Londra per negoziare sulla base di un trattato internazionale che già abbiamo”. Barnier ha ricordato che quello proposto al Regno Unito è “uno status senza precedenti: non abbiamo mai proposto a nessun Paese terzo un accordo doganale senza dazi, né al Canada né al Giappone recentemente”. Se inizia a esserci “una bozza di intesa” sulla collaborazione tra forze di polizia e giustizia, la gestione dei dati, Europol e Eurojust, l’estradizione e la cybersicurezza, deve ancora essere disciplinata la “possibile divergenza” in caso di no deal: “In gioco non c’è la sovranità di una o dell’altra parte. Il divorzio è già avvenuto, ora dobbiamo negoziare in modo ordinato. Ognuno non può fare come vuole”. Insomma, o la botte piena o la moglie ubriaca, per tornare alla metafora di Michel. Con uno scoglio in più, perché da quella moglie Londra nel 2016 ha deciso di divorziare: ora deve condividere la responsabilità della gestione dei rapporti futuri.
Il fronte britannico
Intanto a Londra continua l’iter legislativo dell’Internal Market Bill, citato anche da Barnier nel suo discorso di oggi. Il 29 settembre scorso era arrivato il via libera della Camera dei Comuni al contestato progetto di legge del governo di Boris Johnson, che mira a rimettere in discussione alcuni degli impegni presi per la fase post-Brexit nell’Accordo di recesso. Come previsto, è iniziato ieri l’ostruzionismo da parte della Camera dei Lord, dove il governo Johnson non ha la maggioranza sulla Brexit. Con 395 voti a favore e 169 contrari, è stato apportato alla mozione del dibattito l’emendamento di Lord Judge, secondo cui il disegno di legge minerebbe lo Stato di diritto e danneggerebbe la reputazione del Regno Unito. “Il Parlamento, responsabile della creazione del quadro di leggi, concederebbe consapevolmente al governo il potere di infrangere la legge”, si legge nel testo dell’emendamento.
#HouseofLords votes 395 in favour and 169 against Lord Judge's motion in the #UKIMBill second reading. This puts on record members' concern regarding its impact on rule of law and UK reputation. https://t.co/Vj45UXqyOz
— House of Lords (@UKHouseofLords) October 20, 2020