Bruxelles – Quattro mesi che non potranno mai essere dimenticati. Non sono solo le immagini delle bare portate via dai camion dell’esercito a Bergamo ad aver lasciato la consapevolezza di un’ondata di morti mai vista prima in un arco temporale così ristretto. Ora arrivano anche i dati Eurostat a confermarlo: nelle 16 settimane che vanno da inizio marzo a fine giugno 2020 sul territorio dell’Unione Europea sono stati registrati oltre 168 mila decessi in più rispetto alla media 2016-2019. Dati che – per correttezza di analisi – includono tutti i decessi, indipendentemente dalle loro cause. Ma che allo stesso tempo non possono prescindere dalla pandemia Covid-19, (che finora ha colpito la popolazione europea in modo più duro proprio in quei quattro mesi) e che possono essere utili per valutare sia gli effetti diretti sia quelli indiretti della pandemia stessa.
Come emerge dai dati, per l’Unione Europea il momento peggiore in assoluto si è verificato in corrispondenza della quattordicesima settimana (tra il 30 marzo e il 5 aprile): in quel momento la differenza tra decessi i settimanali del 2020 e quelli della media dei quattro anni precedenti si attestava a oltre 35 mila casi in più. Una curva cresciuta esponenzialmente a partire dalla decima settimana (2-8 marzo), per ritornare sotto la media solo in due brevi momenti: a metà maggio e a metà giugno, quando ha cominciato a risalire.
Complessivamente, l’Italia ha registrato un aumento di 46 mila vittime rispetto alla media 2016-2019 (più di un quarto del totale UE), con il picco massimo raggiunto nella settimana tra il 23 e il 29 marzo. Si è posizionata al secondo posto dopo la Spagna, con 48 mila decessi, e prima della Francia a 30 mila: a seguire Germania e Paesi Bassi, entrambi attorno ai 10 mila. Tuttavia, i grafici mostrano una tendenza particolare proprio dell’Italia, che non ha eguali in Europa. Dopo il picco di fine marzo – probabilmente grazie al rigido lockdown imposto per due mesi su tutto il territorio nazionale – la curva dell’aumento settimanale di decessi è crollata fino a raggiungere la parità con la media 2016-2019 già nella settimana 11-17 maggio. Da quel momento in poi il trend è rimasto sotto lo zero. Solo la Spagna si è avvicinata a questo risultato: dopo aver registrato il picco con una settimana di ritardo rispetto all’Italia, la curva è crollata più rapidamente, rimanendo poi stabile attorno alla media degli anni precedenti a partire dalla metà di maggio e migliorandola solo nelle settimane centrali di giugno.
Come facilmente prevedibile, la provincia di Bergamo è stata quella che nell’UE ha registrato il più alto incremento di decessi sia in termini assoluti, sia a livello di picco massimo raggiunto in una sola settimana: +895 per cento dal 16 al 22 marzo, cioè quasi nove volte in più rispetto alla media dei quattro anni precedenti. Nessuno ha mostrato risultati peggiori, fatta eccezione per la spagnola Segovia, con un +634 per cento nell’ultima settimana di marzo.
Sull’intero territorio UE nel 2020 si è notato un aumento della mortalità diverso a livello di genere: nelle settimane più critiche (12-14), cioè quelle tra metà marzo e inizio aprile, si sono verificati più decessi di uomini che di donne, oltre 50 mila ogni sette giorni. Al contrario, nel momento del crollo della curva tra inizio aprile e inizio maggio (settimane 15-19), sono state registrate più morti tra le donne. La parità è stata raggiunta solo all’inizio di giugno, per entrambi pari a 32 mila decessi settimanali. Per quanto riguarda invece le fasce d’età, i 161 mila decessi tra quelle pari o superiori ai 70 anni hanno rappresentato la quasi totalità dell’aumento di morti nel 2020: il 96 per cento di quei 168 mila decessi in più rispetto alla media quadriennale 2016-2019. Una vera e propria decimazione degli anziani sul territorio UE: freddi numeri che oggi però vanno a confermare una consapevolezza sedimentata in questi mesi di pandemia.