Bruxelles – Concordi sulla necessità di alzare l’attuale livello di ambizione climatica dell’Ue, ma indecisi su come farlo. Ai Ventisette Stati membri serve più tempo per trovare un accordo sul nuovo obiettivo climatico intermedio al 2030. Sul tavolo del Summit tra i capi di Stato e governo la proposta della Commissione europea di portare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 al 55 per cento entro il 2030, come tappa intermedia verso la neutralità climatica entro il 2050.
Decisione rimandata, i leader sono intenzionati a “tornare sulla questione” al Consiglio europeo del 10-11 dicembre, come si legge nelle conclusioni del Vertice adottate giovedì 15 ottobre in serata. I leader riuniti a Bruxelles hanno impiegato appena poco più di un’ora di dibattito per confermare che i tempi non sono maturi per l’intesa.
Nulla di nuovo, in realtà. Sul tema dei cambiamenti climatici non era previsto che i leader prendessero decisioni specifiche. Si è trattato di un primo dibattito orientativo su come migliorare l’attuale obiettivo dell’UE di ridurre del 40 per cento le emissioni di gas serra entro il 2030, rispetto al 1990. Soprattutto si trattava di capire gli orientamenti di tutti gli Stati membri, per affrontare meglio i negoziati in vista di dicembre.
Le conclusioni adottate oggi aprono dunque la strada ai prossimi passi negoziali. Il 23 ottobre si riunirà il Consiglio dell’Ambiente a Lussemburgo in cui i ministri discuteranno dell’intera legge clima proposta dalla Commissione europea lo scorso 4 marzo e poi emendata nel mese di settembre. Da qui partirà il dialogo a tre – in gergo ‘trilogo’ – con Commissione e Parlamento, per poi passare alle trattative conclusive nel mese di dicembre. I negoziati con il Parlamento europeo – che chiede una riduzione del 60 per cento al 2030 – rischiano di essere difficili.
Uno dei principali motivi di scontro tra eurodeputati e Consiglio sulla legge clima potrebbe riguardare la richiesta del Parlamento di considerare l’obiettivo di ridurre le emissioni come una sfida da raggiungere singolarmente da tutti gli Stati membri. Anche nelle conclusioni di oggi, gli Stati membri hanno invece insistito sul fatto che l’obiettivo di ridurre le emissioni debba essere raggiunto complessivamente da tutta l’Unione europea. In questo caso la differenza è di sostanza: non tutti gli Stati contribuirebbero allo stesso modo a ridurre le emissioni nel continente, quelli “più avanti” nella decarbonizzazione finirebbero per “trascinare” anche quelli più lenti. Ma in definitiva potrebbe essere più facile trovare un accordo in seno al Consiglio tra gli Stati meno propensi ad alzare il target.
Ad esempio la Repubblica Ceca ha confermato che potrebbe sostenere un taglio delle emissioni del 55 per cento a livello dell’UE entro il 2030, ma non a livello nazionale. “Ogni paese ha un diverso mix energetico e dobbiamo prenderlo in considerazione. Quindi, se siamo d’accordo su una media del 55 per cento nell’UE, la Repubblica Ceca non ha alcun problema “, ha detto il primo ministro Andrej Babis. Italia, Germania, Francia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Svezia, Irlanda, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo hanno confermato di sostenere la proposta della Commissione europea.
Tra gli altri Paesi – principalmente dell’Est Europa – è diffusa l’incertezza su quale sarebbe concretamente il costo per questa riconversione della loro economia. Anche per questo il Consiglio europeo affida alle conclusioni l’invito alla Commissione europea a “condurre consultazioni approfondite con gli Stati membri per valutare le situazioni specifiche e per fornire maggiori informazioni sull’impatto a livello degli Stati membri”.
Come al vertice di dicembre dello scorso anno – in cui i leader europei si sono accordati sull’obiettivo della neutralità climatica al 2050, in linea con il Green Deal – anche l’ultimo vertice di quest’anno, sviluppi del Coronavirus permettendo, sarà tutto dedicato a capire capire come alzare l’ambizione dell’Unione europea sul clima.
In serata i leader hanno discusso anche della situazione epidemiologica legata al Coronavirus, che “non ha precedenti e desta gravissime preoccupazioni”, si legge nelle conclusioni. Tutti uniti per chiedere uno sforzo di coordinamento globale e “un accesso equo ed economico ai vaccini” una volta che sarà stato sviluppato.