Bruxelles – La Commissione europea cerca di mettere ordine. Nella nuova comunicazione indirizzata agli Stati, indica loro come agire quando finalmente si convincerà ad avere un vaccino anti-COVID. L’esecutivo comunitario individua sei categorie di persone considerate come ‘prioritarie’: operatori sanitari e delle strutture di assistenza a lungo termine; persone di età superiore a 60 anni; persone il cui stato di salute le rende particolarmente a rischio;
lavoratori essenziali; persone che non possono socialmente allontanarsi; gruppi socioeconomici più svantaggiati.
A queste persone dovrà essere garantita una corsia preferenziale di somministrazione di siero. Saranno loro, in parole povere, ad essere vaccinati per primi. Impossibile per ora dire quante saranno le prime dosi, una volta pronte. Premesso che l’auspicio è di poter somministrare le prime dosi “all’inizio del prossimo anno” e quindi nei primi mesi del 2021, “non sarà possibile stabilere il numero delle persone da coprire con il primo giro di vaccinazioni finché non si saprà che vaccino ci sarà a disposizione”, spiega il commissario per la Salute, Stella Kyriakides, “Il vaccino non è una soluzione immdiata. Serve a circoscrivere l’epidemia e a permettere alle nostre econmie di ripartire”. Ma finché non saranno coperti tutti, mascherine, distanziamento e accorgimenti resteranno in vigore.
Serve pazienza. Bisogna attendere gli sviluppi della ricerca, della sperimentazione dell’industria farmaceutica. Nel frattempo la Commissione europea cerca di mettere ordine dando indicazioni utili. Perché “mentre l’evoluzione della pandemia sta tornando ai livelli di marzo, il nostro stato di preparazione non lo è”, denuncia Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione europea per la promozione dello stile di vita europeo. Che sottolinea una delle raccomandazioni contenuta nella lista per gli Stati. “Vogliamo un vaccino gratuito e in prossimità della popolazione“. Vuol dire che quando arriverà il momento, “deve essere un bene pubblico accessibile”.
Il vicepresidente della Commissione ne approfitta quindi per rilanciare il dibattito politico. Oggi in materia di salute pubblica e sanità l’esecutivo comunitario può poco. Ha poteri e competenze limitate. Tutto o quasi spetta gli Stati membri. “Ci auguriamo che in futuro si possa andare oltre il coordinamento“. In fin dei conti, gli fa eco Kyriakides, “gli Stati membri cercano e vogliono più UE dove l’UE ha poche competenze”.