Bruxelles – Meno dipendenza, più influenza. Per la prima volta il Consiglio europeo ha messo al centro dell’agenda una discussione sull’autonomia strategica dell’Unione europea. Lo sottolinea il presidente Charles Michel discutendo con gli eurodeputati in seduta plenaria (6 ottobre) sui risultati dell’ultimo vertice europeo del 1° e 2 ottobre scorso. Un’occasione, spiega Michel, per approfondire il tema di come rafforzare l’autonomia strategica dell’UE, di fronte alla sfida di mantenere al contempo un’economia aperta all’esterno. “Vogliamo un’Europa più forte per plasmare un mondo migliore”.
Temi che il presidente del Consiglio aveva già affrontato nelle scorse settimane, in una serie di interventi pubblici. Dalla politica estera – Bielorussia, Turchia e Cina – alla necessità di approfondimento e ristrutturazione del mercato unico interno. Il rafforzamento della leadership globale dell’Unione deve passare di qui. Al vertice della settimana scorsa, i capi di Stato e governo si sono trovati tutti d’accordo sull’opportunità di sviluppare l’autonomia strategica europea in ambito economico. Autonomia strategica in sostanza significa diventare meno dipendente sul piano economico, tanto dagli Stati Uniti che con la presidenza Trump si sono ripiegati nel protezionismo, quanto dalla Cina “partner commerciale” ma con cui Bruxelles cerca un rapporto più equo e meno concorrenziale.
Non solo Cina e USA, l’UE deve essere meno dipendente dal resto del mondo (ad esempio le dipendenze energetiche dalla Russia per il gas). Proprio il Consiglio della settimana scorsa è stata l’occasione per i leader di parlare non solo di come riparare il mercato interno, danneggiato dalla crisi pandemica, ma anche di come migliorarne lo stesso funzionamento.
L’UE deve però ancora capire come costruire la sua leadership a livello globale. E per il capo del Consiglio europeo serve “affermare orientamenti politici forti in materia di verde e digitale: queste due transizioni, insieme a un mercato unico forte e approfondito, favoriranno “nuove forme di crescita, promuoveranno la coesione e la convergenza e aumenteranno la resilienza dell’UE”, queste le parole usate nelle conclusioni del vertice. In sostanza, sintetizza Michel, strumenti fondamentali per mettere a punto la trasformazione del progetto europeo. L’UE “deve diventare leader in entrambi i campi”, alla guida nella lotta ai cambiamenti climatici e nella creazione di un ambiente digitale più resiliente ma che soprattutto metta al centro i diritti dell’uomo. Digitalizzazione e Green Deal hanno le potenzialità per rafforzare l’autonomia dell’UE, alla ricerca di autosufficienza dal punto di vista delle materie prime e delle tecnologie.
Il dibattito si è acceso nel momento in cui il capogruppo del Partito popolare europeo Manfred Weber ha riassunto i risultati del vertice sulle questioni estere parlando di “un buon compromesso”, ma sottolineando la mancanza sostanziale “della leadership” da parte dell’Unione europea. Troppa lentezza con la Bielorussia (le sanzioni arrivano quasi due mesi dopo alle accuse di brogli elettorali per le elezioni del 9 agosto), troppo poca incisività nei confronti della Turchia. Per molti eurodeputati è mancata una linea coerente nei confronti dei vari dossier sul tavolo. Weber si chiede “dove sono le sanzioni contro Alexander Lukashenko”, il presente eletto formalmente in Bielorussia che però Bruxelles non riconosce come legittimo. “Come possiamo definirci un vero attore geopolitico se impieghiamo due mesi per sanzionare il regime di Lukashenko, e due mesi dopo non è ancora nemmeno sulla lista?”, si domanda Dacian Ciolos, capogruppo Renew Europe, che aggiunge “abbiamo urgentemente bisogno di una visione strategica comune per agire, non reagire”. “Troppe indecisioni da parte del Consiglio”, accusa anche Mario Furore, eurodeputato del Movimento 5 Stelle. Qualcuno ricorda anche la necessità di abbandonare il principio dell’unanimità per le decisioni negli affari esteri.
Per Michel le conclusioni raccontano invece una storia differente, gli Stati sono riusciti a trovare l‘unità anche nelle loro differenze. Di questo si compiace anche la Commissione europea, sostiene il vicepresidente esecutivo Maroš Šefčovič, facendo le veci di Ursula von der Leyen impossibilitata a recarsi in Parlamento. Le tensioni nel Mediterraneo orientale preoccupano molto il Parlamento europeo. A loro, Michel ricorda l’intenzione di avviare “una conferenza multilaterale” che aveva già annunciato, “per affrontare le questioni che richiedono soluzioni multilaterali come la delimitazione marittima, la sicurezza, l’energia, l’immigrazione e la cooperazione economica“.