Bruxelles – Raggiungere la completa neutralità climatica entro il 2050, con zero nuove emissioni nette entro la metà del secolo. Questo l’obiettivo climatico dell’Ue a lungo termine, ma oggi a Bruxelles si discute di come raggiungerlo e di come adeguare gli attuali target climatici intermedi al 2030 per rendere realistico quello al 2050. La Commissione europea ha proposto un emendamento alla legge climatica europea, presentata lo scorso 4 marzo, per adattare l’attuale target di riduzione delle emissioni del 40 per cento al 2030, portandolo al -55 per cento rispetto ai livelli registrati nel 1990, presentando una valutazione d’impatto che ne dimostra la “fattibilità”.
Il Parlamento europeo, raccolto in seduta plenaria, ha discusso oggi (6 ottobre) sulla proposta per rafforzare l’obiettivo al 60 per cento di riduzione delle emissioni di gas serra entro il 2030 (rispetto ai livelli 1990), come nuovo target intermedio. Nella serata di oggi gli eurodeputati voteranno su una serie di emendamenti presentati al testo. Domani 7 ottobre, atteso il voto sull’intero testo definitivo.
La maggioranza in Eurocamera sulla proposta a prima firma della socialdemocratica Jytte Guteland dovrebbe esserci: complessivamente, a sostegno di un obiettivo climatico superiore alla riduzione di -55 per cento al 2030, come proposto dalla Commissione europea, ci sono i gruppi di Renew Europe (-60 per cento), S&D (-65 per cento), Verdi (-65 per cento) e sinistra unitaria della GUE (-70 per cento). Il Partito popolare europeo (PPE), partito di maggioranza nell’emiciclo e area politica di appartenenza della presidente Ursula von der Leyen, sostiene invece l’obiettivo della Commissione del -55 per cento. Intervenendo al dibattito in plenaria, il popolare Peter Liese ha difeso la proposta dell’Esecutivo che “ha presentato un obiettivo ambizioso, in linea con quanto sottoscritto dall’accordo sul clima di Parigi” (che prevedono la circoscrizione del surriscaldamento globale sotto la soglia di 1,5 gradi). Il gruppo Identità e democrazia (di cui la Lega fa parte all’Europarlamento) ha presentato invece un emendamento in cui chiede di respingere in blocco la proposta sul clima della Commissione, in quanto contrario all’idea di vincolare un obiettivo climatico al quadro giuridico.
I partiti al Parlamento europeo che sostengono un obiettivo climatico superiore al -55 per cento citano alcune stime secondo cui con un obiettivo del 65 per cento ci sarebbe una probabilità del 66 per cento di raggiungere l’obiettivo previsto dagli accordi di Parigi, mentre con un target inferiore anche le probabilità si riducono. L’europarlamentare del Movimento 5 stelle, Eleonora Evi, ha parlato inoltre di un risparmio effettivo per l’UE “di più di 10 trilioni di euro in termini di danni ambientali evitati” con una riduzione delle emissioni del 65 per cento.
“Investire in una economia a zero e basse emissioni di carbonio può generare milioni di posti di lavoro”. La legge clima è “la pietra angolare del Green Deal europeo“, esordisce Guteland in seduta plenaria. In sostanza perché in maniera inedita renderà un obiettivo climatico vincolante dal punto di vista giuridico. Ma la proposta di cui è prima firmataria e su cui domani voteranno gli eurodeputati serve “a migliorare la proposta dell’Esecutivo, e il Parlamento farà di tutto per migliorarla”.
I nodi ancora da sciogliere
Nella proposta della Commissione europea non c’è solo l’adeguamento degli obiettivi climatici al 2030, ma anche diversi punti che hanno suscitato critiche da parte degli eurodeputati. L’idea di includere i cosiddetti “carbon sinks” (bacini di carbonio) nei calcoli degli obiettivi al 2030. In sostanza, nella sua valutazione di impatto sulla fattibilità del target, la Commissione conta anche le emissioni di anidride carbonica che verrebbero assorbite ad esempio dalle foreste e da tutti i “bacini naturali” di assorbimento di anidride carbonica. La Commissione propone dunque una compensazione netta delle emissioni mediante questi “pozzi naturali” di carbonio. In questo modo, secondo il gruppo parlamentare dei Verdi, l’obiettivo del -55 per cento previsto dalla Commissione europea corrisponderebbe di fatto solo a una riduzione delle emissioni del 52,8 per cento rispetto ai valori del 1990. Critiche anche diverse ONG ambientaliste che accusano la Commissione di voler in questo modo “annacquare” gli obiettivi climatici, anche se di pochi punti percentuali.
Il Parlamento europeo gioca di strategia
Dopo che il Parlamento europeo avrà adottato la sua posizione negoziale, nelle prossime settimane inizierà la parte più complessa dell’iter legislativo: quella dei negoziati trilaterali con Commissione e Consiglio, dove molti governi europei si sono mostrati ancora reticenti nei confronti del raggiungimento degli obiettivi climatici. Intanto, la legge sul clima approderà sul tavolo del Consiglio europeo in programma il 15 e 16 ottobre.
Al vertice europeo del 12 e 13 dicembre 2019, lo ricordiamo, i capi di Stato e di governo si sono accordati – con non poche difficoltà – per l’obiettivo di neutralità climatica da raggiungere entro il 2050 previsto nel quadro del Green Deal europeo. Tutti tranne la Polonia, che si è tenuta fuori dalla promessa che invece hanno sottoscritto gli altri leader. Non solo Varsavia, i Paesi dell’Europa orientale continuano a insistere sulle loro difficoltà a raggiungere gli obiettivi e dunque chiedono il sostegno dell’UE per la transizione, che dovrebbe arrivare grazie al Just Transition Fund.
In questo momento, negoziare al ribasso per il Parlamento europeo è controproducente. Molto probabile che l’Eurocamera stia invece cercando di alzare l’ambizione climatica per mettere pressione sui capi di stato e governo affinché durante i negoziati finali a tre (in cui in genere si negozia al ribasso) sostengano un obiettivo di almeno il 55 per cento, come richiesto dalla Commissione. Come confermato anche dal liberale Pascal Canfin, presidente della commissione all’Ambiente all’Europarlamento, con l’approvazione di questa proposta l’intento del Parlamento europeo è proprio quello di “mandare un segnale politico forte alle altre due istituzioni prima dell’avvio dei negoziati”.