Bruxelles – Niente scossoni australi per l’Unione europea. La Nuova Caledonia dice “non” alla proposta di indipendenza. Il territorio d’oltremare francese continuerà dunque a essere Francia. “Volete che la Nuova Caledonia acquisti piena sovranità e diventi indipendente?” L’ha spuntata il ‘no’ con il 53,26% dei votanti, a fronte del 46,74% favorevole invece ad un nuovo corso.
Per effetto dell’esito referendario l’arcipelago del Pacifico, restando parte della Francia, rimane automaticamente anche in Europa nonostante l’Europa sia geograficamente lontana (la Francia metropolitana dista circa 17mila chilometri). Gli abitanti, cittadini francesi, a differenza dei loro connazionali dell’emisfero boreale non usano l’Euro, bensì il Franco CFP (Cambio Franco Pacifico, legato alla moneta unica).
Sì, la Nuova Caledonia si trova dall’altra parte del mondo, ma è parte dell’Unione europea. L’UE non è formata dai soli Stati membri continentali. E’ composta anche da un’altra categoria di territori, quella dei Paesi e dei Territori d’Oltremare (OCT). Tutti questi OCT sono ammissibili “per principio” alla partecipazione e al finanziamento dei programmi dell’UE che riflettono il loro status di membri della famiglia europea. La Nuova Caledonia non fa eccezione, e continuerà di questo passo.
In questo esercizio finanziario (2014-2020) la sola Nuova Caledonia si è vista assegnare circa 36,5 milioni di euro dall’Unione europea. Risorse di cui l’economia locale ha un forte bisogno. Con un settore turistico sottosviluppato, un’economia fortemente dipendente dalle sovvenzioni di Parigi (15% del PIL) e l’impossibilità di lavorare il vero ‘tesoro’ del sottosuolo, il nichel (si stima che il 25% delle risorse mondiale si trovino qui), l’appartenenza all’Unione europea è una risorsa.
Ne sa qualcosa l’Università della Nuova Caledonia (UNC), dal 2008 all’interno del programma Erasmus. Attualmente vanta partenariati con 19 atenei di 10 Paesi membri diversi: Bulgaria (Sofia), Germania (Breme e Costanza), Belgio (Bruxelles, Liegi, Lovanio e Namur), Spagna (Las Palmas ed Estremadura), Italia (Roma ‘la Sapienza’), Lussemburgo, Polonia (Olsztyn), Repubblica ceca (Pragra, Olomuc) e Romania (Bucarest e politecnico di Bucarest).
L’UNC ha all’attivo anche partenariati con le università britanniche di Aston e Birmingham. In caso di Brexit senza accordi salteranno inevitabilmente anche gli accordi di cooperazione e mobilità studentesca con l’arcipelago del Pacifico.