Bruxelles – “Stiamo entrando nei mesi fondamentali per preparare il prossimo decennio dell’Unione Europea. Siamo pronti a proiettare il nostro continente nel futuro: entro il 2024 non ci saranno più zone scoperte nell’UE”. Ha aperto con queste parole Thierry Breton, commissario per il Mercato interno, il confronto con la commissione per l’Industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo (giovedì 1° ottobre) sulle prossime proposte legislative della Commissione Europea nel settore digitale. “C’è tanto che bolle in pentola, dall’intelligenza artificiale, all’identificazione elettronica per i cittadini europei, fino al nuovo regolamento roaming like at home. Ma il nostro punto focale rimane la protezione dei dati e l’armonizzazione delle norme per le piattaforme digitali”.
Breton ha fatto subito presente che lo sviluppo del settore digitale è strettamente connesso con il piano di ripresa economica dell’UE: “È un accordo storico. Ma i Paesi membri si devono preparare a monte affinché siano già allineati ai parametri stabiliti per l’accesso alla solidarietà europea: almeno il 37 per cento dei piani deve essere legato alla transizione verde e il 25 per cento allo sviluppo tecnologico“. Non è un caso che il commissario abbia citato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che nel discorso sullo stato dell’Unione (16 settembre) ha parlato di “ingresso nel decennio digitale”. Secondo le parole di Breton, questa missione “influenzerà il ruolo di tutta l’Unione nel prossimo futuro, facendo dell’Europa il continente più interconnesso e che saprà utilizzare al meglio il digitale per rafforzare la competitività. La connettività sarà la base della nostra potenza tecnologica“.
Entrando nel merito delle proposte legislative della Commissione, Breton ha fatto il punto sulla gestione e la protezione dei dati: “Abbiamo le tecnologie, imprese pronte e un quadro di obiettivi per il futuro. Ma non abbiamo norme chiare. Ecco perché all’inizio del prossimo anno presenteremo il Data Act“. Alla sua base ci saranno la gestione dei dati industriali (“proporremo una nuova struttura che permetta di sapere dove sono stoccati”), l’agevolazione dell’accesso dei dati a livello di opinione pubblica (“chiaramente non tutti, ma quelli pubblici dovranno essere fruibili ai cittadini e alle startup”), la creazione di un’unità cibernetica congiunta (Joint Cyber Unit) e l’armonizzazione delle regole per le imprese che forniscono servizi essenziali per il mercato interno: “Con il vicepresidente Margaritis Schinas discuteremo di uno Scudo europeo per disciplinare il controllo delle grandi piattaforme, quelle che sono too big to care, troppo grandi per prendersi cura del mercato dei servizi digitali”.
In ultima battuta, il commissario ha fatto leva sull’importanza del confronto con il Parlamento Europeo: “Dobbiamo collaborare per mettere a punto proposte fondamentali non solo per prossimo decennio, ma ben oltre. Se riusciremo a fare come direttiva sull’e-commerce di 20 anni fa, realizzeremo qualcosa di strutturale per la sicurezza delle infrastrutture, delle connessioni e delle reti europee”.
Il dibattito in commissione
Le priorità digitali della Commissione sono state condivise appieno dal Parlamento, in particolare sulla questione della transizione digitale, dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e della protezione dei dati. Per Bart Groothuis (Renew Europe) “è fondamentale la creazione di standard minimi per le tecnologie della prossima generazione, che possono avere un impatto enorme sia a livello industriale che commerciale”. Opinione condivisa anche da Dan Nica (S&D): “Abbiamo bisogno di un piano tecnologico come questo, anche dal punto di vista dell’eccellenza europea nell’intelligenza artificiale”. Più sensibile sulla questione della sovranità dei dati è stato invece Christian Ehler (PPE), “soprattutto in ottica industriale”, mentre Elena Lizzi (Lega) ha mostrato scetticismo sulla sottrazione di competenze a livello nazionale: “L’esigenza compulsiva di digitalizzare tutto può provocare danni a livello occupazionale delle piccole e medie imprese, a favore di un modello che ancora non sappiamo come e se funzionerà”.
Un altro argomento di riflessione è stato quello dello sviluppo della tecnologia 5G, come riassunto nell’intervento di Nicola Danti (S&D): “Siamo preoccupati dal fatto che ogni Stato membro stia andando autonomamente nello sviluppo delle tecnologie e ancora di più lo siamo per l’intervento cinese nell’accesso ai dati”. Perplessità non casuali, considerato che nella bozza delle conclusioni del Consiglio Europeo che sarà discussa oggi dai leader UE riuniti a Bruxelles si legge che “i governi europei devono garantire la sicurezza delle reti 5G, applicando restrizioni pertinenti sui fornitori ad alto rischio“. Rischio che deve essere valutato “sulla base di criteri oggettivi comuni”. Inoltre, “per assicurare la rapida diffusione del 5G in tutta l’UE, il Consiglio Europeo sollecita tutti gli Stati membri a presentare alla Commissione i loro piani nazionali per il dispiegamento del 5G entro la fine di quest’anno”.
Il commissario Breton ha quindi rassicurato la commissione che per il dispiego delle reti 5G “sono stati effettuati numerosi studi scientifici per stabilire la soglia minima di accettabilità per le irradiazioni di queste reti, a tutela della salute dei cittadini”. Per quanto riguarda la questione della sicurezza europea, ha invece ribadito di avere “piena fiducia nella collaborazione tra gli Stati membri e la Commissione UE nella definizione dei fornitori ad alto rischio”.