Bruxelles – Serie preoccupazioni da parte della Commissione europea per la mancanza di indipendenza del sistema giudiziario in Polonia e Ungheria. Passi avanti da molti Stati membri nei processi di riforma ma anche “nuove sfide” da affrontare complessivamente per mantenere elevati gli standard dell’UE in tema di stato di diritto. È quanto risulta dal primo rapporto annuale sulla condizione dello stato di diritto in Europa, messo a punto dalla Commissione europea dopo una serie di valutazioni e consultazioni in tutti e Ventisette gli Stati membri e pubblicato mercoledì 30 settembre.
Il principio dello stato di diritto si definisce come “il valore dell’Unione europea sancito all’articolo 2 del trattato sull’Ue, che comprende i principi di legalità, secondo cui il processo legislativo deve essere trasparente, responsabile, democratico e pluralistico; certezza del diritto; divieto di arbitrarietà del potere esecutivo; tutela giurisdizionale effettiva da parte di giudici indipendenti; separazione dei poteri e uguaglianza di fronte alla legge”. La Commissione europea è garante dei Trattati dell’UE e come tale dovrebbe farne rispettare i principi. Il tema sta particolarmente a cuore alla commissaria europea ai Valori e alla Trasparenza Vera Jourova la quale – presentando in conferenza stampa il rapporto a cui ha lavorato insieme al commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders – ricorda di essere cresciuta in un regime autoritario di stampo comunista in Cecoslovacchia, dunque “so come ci si sente a vivere in un Paese senza lo stato di diritto”.
Il documento è provvisto, come anticipato, da una serie di raccomandazioni e valutazioni sui traguardi raggiunti e su quelli ancora da perseguire per i vari Stati membri nei vari aspetti che completano il principio dello stato di diritto. L’analisi verte nello specifico su quattro pilastri: sistema giudiziario; lotta alla corruzione; pluralismo dei media e, infine, tratta altre dinamiche istituzionali, ovvero pesi e contrappesi all’interno dell’ordinamento giuridico. Inoltre, nella relazione l’Esecutivo riflette anche sugli sviluppi rilevanti derivanti dalle misure di emergenza adottate dagli Stati membri a causa della crisi del Coronavirus.
Sistema giudiziario, serie preoccupazioni per l’indipendenza in Polonia e Ungheria
In molti Stati si notano sforzi di riforma per rafforzare l’indipendenza della magistratura, ma il documento riferisce di varie preoccupazioni ad esempio sulla capacità di consigli di magistratura di esercitare le proprie funzioni e di più strutturali timori di una crescente influenza del potere esecutivo e legislativo sul funzionamento della giustizia. Di “serie preoccupazioni” si parla in merito all’indipendenza della giustizia in Ungheria e Polonia, contro le quali la Commissione europea ha aperto la procedura prevista ex articolo 7. Le riforme della giustizia in Polonia dal 2015 sono state una delle principali fonti di controversie, sia a livello nazionale e comunitario, e hanno sollevato gravi preoccupazioni, molte delle quali persistono ancora. Questo ha portato la Commissione ad avviare la procedura di cui all’articolo 7 che è ancora sul tavolo del Consiglio e nel 2019 e nel 2020 ad avviare anche due procedure di infrazione nei confronti di Varsavia per salvaguardare l’indipendenza della giustizia. In materia giudiziaria rimangono altre “sfide” da affrontare anche in altri Paesi, quali Bulgaria, Croazia, Romania e Slovacchia.
Alle accuse del Berlaymont non si fa attendere la replica di Budapest. Judit Varga, ministra ungherese per la Giustizia, in un tweet accusa la Commissione europea di non aver usato un processo obiettivo, imparziale e non politico nel valutare il rispetto dello stato di diritto nei singoli Paesi.
To avoid double standards, respect for #RoL in Member States must be measured through an objective, impartial & non-political process. The @EU_Commission's #RoL report falls short of these criteria.
— Judit Varga (@JuditVarga_EU) September 30, 2020
L’Ungheria ha un conto in sospeso con Bruxelles, dal momento che alla vigilia della presentazione di questo rapporto il premier Viktor Orban ha scritto alla presidente Ursula von der Leyen per chiedere le dimissioni di Vera Jourova.
Lotta alla corruzione, in Italia eccessiva durata dei processi penali
Nel caso specifico della lotta alla corruzione, l’Italia viene citata positivamente per la legge anticorruzione adottata a gennaio 2019 (la cosiddetta Spazzacorrotti) che ha inasprito le sanzioni per i reati di corruzione e sospeso i termini di prescrizione dopo le sentenze di primo grado. Inoltre, in Parlamento si sta discutendo la riforma per snellire la procedura penale, poiché, nota la Commissione, è evidente la eccessiva “lunghezza dei procedimenti penali”.
Ancora occhi puntati sull’Ungheria, dove mentre si riconosce che la lotta alla corruzione è funzionale in alcuni casi, in altri si constata la mancanza di “azioni risolute” per avviare le indagini penali e perseguire casi di corruzione che coinvolgono funzionari di alto livello o la loro cerchia ristretta. Il trattamento dei casi di corruzione ad alto livello presenta anche carenze in Malta, dove, lo ricordiamo, nel 2017 è stata assassinata la giornalista anticorruzione Daphne Caruana Galizia. Il terremoto politico che ne scaturì portò alle dimissioni del ministro dell’Economia, quello del Turismo e il capo di gabinetto del primo ministro maltese Joseph Muscat, e a quelle di quest’ultimo. Secondo quanto riferito, a Malta i fascicoli penali contro i titolari di funzioni esecutive di alto livello rimangono alle “prime fasi dei procedimenti penali”.
Pluralismo dei media e bilanciamento nei sistemi istituzionali
La Commissione ha poi valutato lo status di pluralità e indipendenza politica dell’ambiente mediatico. “L’indipendenza e la competenza delle autorità dei media è stabilita dalla legge in tutti gli Stati membri”, si legge nel documento. Nonostante questo, sono state sollevate alcune preoccupazioni riguardo al rischio di politicizzazione dell’autorità, in Paesi come Ungheria, Malta e Polonia.
Focus anche sulle condizioni della società civile negli Stati membri, dove si riscontrano processi di riforma in corso ed esempi di società civile che si trovano ad affrontare “gravi problemi”. In Italia c’è una “vivace società civile”, anche se alcune ONG, si legge nel documento, in particolare su alcuni temi come la migrazione, sono oggetto di campagne diffamatorie. Ancora, in Polonia si rileva che le ONG sono prese di mira da dichiarazioni sfavorevoli dai rappresentanti delle autorità pubbliche. In particolare le azioni del governo nei confronti dei gruppi LGBTI+, tra cui l’arresto e la detenzione di alcuni dei i rappresentanti dei gruppi e le campagne diffamatorie condotte contro tali gruppi, hanno sollevato ulteriori preoccupazioni dal punto di vista della Commissione europea.
Un dispositivo preventivo e aggiuntivo
Quello pubblicato oggi è solo il primo rapporto di una serie annuale di relazioni di valutazione della tenuta dello stato di diritto negli Stati membri. Dalla Commissione lo definiscono un meccanismo preventivo perché servirà a monitorare gli sviluppi e frenare eventuali degenerazioni. Il tema è particolarmente attuale oggi, anche perché la Commissione europea è stata più volte accusata di essere troppo malleabile nei confronti di alcuni Paesi europei, Ungheria e Polonia in primis. I due commissari precisano in conferenza stampa che il nuovo strumento si andrà ad aggiungere – e non a sostituire – agli strumenti già a disposizione dell’esecutivo per intervenire contro gli Stati che fuoriescono dai confini della democrazia, ovvero le procedure di infrazione e l’adozione del cosiddetto articolo 7 del Trattato di Lisbona (l’opzione nucleare, che prevede la sospensione del diritto di voto). Anche se per la Commissione europea rimane “fondamentale” la terza via della condizionalità sui fondi europei, quella su cui si stanno giocando le trattative sul bilancio a lungo termine e fondo di ripresa.