Bruxelles – Il premier ungherese Viktor Orbán ha scritto martedì 29 settembre alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen chiedendo senza mezzi termini le dimissioni di Vera Jourova, commissaria europea responsabile per i valori e la trasparenza.
Nella lettera il primo ministro ungherese giustifica la richiesta di dimissioni menzionando alcune “dichiarazioni pubbliche dispregiative” fatte da Jourova in un’intervista, in cui ha definito il regime in Ungheria come un esempio di “democrazia malata” (sick democracy). A detta di Orbán, Jourova “ha insultato i cittadini europei di nazionalità ungherese dicendo che non sono in grado di farsi un’opinione indipendente”. Per il premier di Budapest le osservazioni della vicepresidente esecutiva sono“incompatibili con il suo attuale mandato” e per questo ne chiede le immediate dimissioni. Ha fatto sapere, inoltre, che nell’attesa di una risposta da parte di von der Leyen ha “sospeso tutti i contatti politici bilaterali con lei”.
La Commissione ha preso visione della lettera, rende noto la portavoce Dana Spinant e “provvederà a rispondere al più presto”. Nel briefing con la stampa di oggi, la portavoce ha voluto rassicurare i giornalisti sul fatto che la vicepresidente Jourova ha “la piena fiducia della presidente”. La commissaria ai Valori da tempo si dice preoccupata per la deriva autoritaria del governo di Budapest e per la condizione deteriorata dello stato di diritto nel Paese. Condizione aggravatasi nei mesi più colpiti dalla pandemia, quando il primo ministro Orbán ha approfittato della promulgazione di una legge per lo stato di emergenza (approvata per contenere gli effetti della crisi da Covid) per rafforzare i poteri in capo all’esecutivo in maniera temporalmente illimitata. Anche per questo da mesi ormai l’Esecutivo lavora per pubblicare il primo rapporto sulla condizione dello stato di diritto e della democrazia negli Stati membri dell’UE.
Dal briefing con la stampa confermano che domani, 30 settembre, Jourova e il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, presenteranno la relazione, dopo l’approvazione da parte del collegio esecutivo. Annunciato ormai mesi fa, il documento servirà a favorire un approccio interistituzionale e un dialogo interattivo sull’evoluzione dello stato di diritto nei vari stati membri. Stando alle informazioni comunicate dai commissari nei mesi scorsi, sarà provvisto di una serie di raccomandazioni e valutazioni sui traguardi raggiunti e su quelli ancora lontani dall’essere perseguiti. L’analisi verterà su quattro pilastri: sistema giudiziario; lotta alla corruzione; pluralismo dei media e, infine, tratterà altre dinamiche istituzionali (pesi e contrappesi all’interno dell’ordinamento giuridico). Nell’ottica della Commissione, il rapporto servirà a condurre un dibattito sullo stato di diritto all’interno delle istituzioni dell’UE e con i paesi interessati. Il tema è ancora più attuale oggi, dal momento che la proposta di inserire una condizionalità sullo stato di diritto ai fondi del bilancio comunitario rischia di ritardare ancora i negoziati sul Recovery fund.
Secondo quanto anticipato, quella di domani sarà solo la prima di una serie di relazioni che serviranno per monitorare il rispetto dello stato di diritto in Europa. Un nuovo dispositivo preventivo che si andrà ad aggiungere – non sostituire – agli strumenti già a disposizione dell’esecutivo per intervenire contro gli Stati che fuoriescono dai confini della democrazia: procedure di infrazione e adozione del cosiddetto articolo 7 del Trattato di Lisbona (l’opzione nucleare, che prevede la sospensione del diritto di voto). Anche se per la Commissione europea rimane “fondamentale” la terza via della condizionalità sui fondi europei, quella su cui si giocano le trattative sul bilancio a lungo termine e fondo di ripresa.