Bruxelles – “Nessuno sarà libero dalla pandemia se i paesi vicini non lo saranno“. Questo il messaggio emerso dall’incontro “Salute, welfare e prosperità: un partenariato UE-Africa per un approccio allo sviluppo umano che metta le persone al centro” organizzato online dal think tank Friends of Europe.
L’evento ha visto come ospiti di punta le commissarie europee Jutta Urpilainen per i partenariati internazionali, Stella Kyriakides, per la salute, e Amira Mohammed El Fadil, commissaria per gli affari sociali dell’Unione Africana. E’ infatti all’insegna della cooperazione tra Unione europea e Unione Africana nella lotta al COVID-19 che si è svolto il dibattito, al quale hanno partecipato numerosi esponenti della società civile europea e africana in collegamento.
Contro ogni aspettativa, Amira Mohammed El Fadil ha rivendicato i successi africani nella lotta alla pandemia. Sin da febbraio l’Unione Africana ha deciso di combattere il COVID in solidarietà, presentando una strategia definita ai ministeri africani della salute. Ne emerge una forte volontà politica ai più alti livelli nel combattere il COVID e nel sostenere tutti i partner dei paesi in via di sviluppo. Si parla quindi una “solidarietà africana”, preludio, afferma la El Fadil, di una solidarietà globale: “non avremo sconfitto la pandemia se anche il nostro vicino non lo avrà fatto”.
Elemento chiave, auspicato dalla commissaria africana, sarà la cooperazione tra città africane ed europee. Già adesso la UA sta collaborando molto con l’ECDC, in un regime di scambio reciproco di informazioni, di esperti e delle migliori pratiche tra Europa e Africa. E questo è servito molto all’Africa, dato che, alla fine di febbraio, erano solo due gli stati membri dell’UA ad essere in grado di diagnosticare il COVID-19. Insieme all’OMS e ad altri partner, i paesi africani hanno introdotto programmi di formazione per aumentare la capacità degli stati, riuscendo ad aumentare tale numero ad otto in soli due mesi. Per quanto riguarda invece i dispositivi medici, le mascherine e le tute protettive, invece di procedere Paese per Paese, è stata creato una piattaforma elettronica per le forniture mediche, con l’aiuto di un famoso imprenditore dello Zimbabwe. Esempio, questo, di cooperazione di successo tra settore pubblico e privato.
La commissaria Stella Kyriakides, legata all’Africa perché ha dato i natali a sua madre, non può che essere d’accordo sul bisogno di cooperazione tra le due Unioni. Il focus, in questo momento, deve essere la pandemia e la creazione di sistemi sanitari più robusti. “Dobbiamo aumentare la capacità di intervento sia nell’UE che nell’Unione Africana”.
Non lesina l’attribuzione alla UE di un certo primato nell’affrontare la crisi sanitaria: “L’UE ha riunito il mondo nell’affrontare il COVID”, ricordando i 16 miliardi di euro raccolti dall’iniziativa Global Coronavirus Response, e anticipa “Siamo al lavoro per un nuovo pacchetto sanitario”.
Tra le iniziative messe in campo dalla commissaria, ci sarà anche il rafforzamento dell’Agenzia europea per i medicinali e la tanto richiesta agenzia europea per la salute, il cui scopo sarà affrontare le crisi sanitarie. Sarà importante continuare a lavorare con l’OMS e tutti i paesi africani, perché “il virus è senza frontiere”, e con il settore privato, che l’Europa ha coinvolto sin dall’inizio, “specie per i dispositivi di protezione”.
Nel ricordare il ruolo avuto dal settore privato nella lotta all’ebola, la commissaria El Fadil enfatizza la necessità di una cooperazione anche in materia di comunicazione, e cita il COVID-19 Response Fund, voluto dall’Unione Africana, il cui CdA annovera tre rappresentanti del settore privato. Utile sarà stabilire legami tra il settore privato in Europa e in Africa, oltre che tra i commissari delle rispettive Unioni, Europea e Africana. Così come avere una commissione ad hoc da ambo le parti, che studi in modo accurato i temi sanitari.
Ancora sulla solidarietà, le ospiti sottolineano che all’inizio era difficile unire gli stati membri, poiché ognuno pensava che il virus si sarebbe arrestato ai suoi confini. Ma si è ben presto compreso che, per essere efficaci, è necessario coltivare una “solidarietà in un mondo interconnesso“, all’insegna del multilateralismo. In Africa il virus dovrà essere sfruttato come un’opportunità, per rimediare alle carenze in campo sanitario, e coinvolgendo i giovani, che dovranno essere proattivi e non restare in secondo piano.
La commissaria Kyriakides, in riferimento ai flussi migratori, cita il patto sulla migrazione e l’asilo appena presentato dalla Commissione. Ci sarà bisogno di proteggere le popolazioni vulnerabili colpite dal COVID con un’azione ad hoc.
Anche le donne sono un elemento importante in questa lotta, e sia l’Europa che l’Africa stanno cercando di mitigare gli effetti della crisi su donne e giovani donne. Anche l’Unione Africana, dichiara la El Fadil, ha sottoscritto la Spotlight Initiative dell’UE, incentrata su donne e PMI e attiva già in10 paesi africani.
La commissaria Urpilainen, tirando le somme dell’evento, ha sottolineato che è necessario avere più investimenti privati in Africa. La Commissione ha dialogato al riguardo con diversi imprenditori europei, secondo i quali la stabilità è un fattore essenziale di cui tener conto, seguita da affidabilità e livello di istruzione.
L’Europa dovrà poi impegnarsi per facilitare l’accesso dei giovani africani all’istruzione. Questi ultimi saranno una priorità, se pensiamo che “il 60% della popolazione africana è sotto i 30 anni, mentre nella regione del Sahel addirittura sotto i 16″.
Di questi aspetti si parlerà ampiamente al vertice UE-Africa dell’anno prossimo.