Roma – La Lega non entrerà mai nel PPE. “Sui giornali leggo di tutto ma questo lo smentisco assolutamente”. La risposta di Matteo Salvini è secca e stronca ogni tentativo di fuga in avanti sul collocamento del partito in Europa. Ma le indiscrezioni erano nate all’interno, riflessioni aperte anche dal numero due Giancarlo Giorgetti. L’invito del più moderato dei collaboratori del capo, aveva fatto sollevare molti sopraccigli e così la marcia indietro è stata obbligata. “Non c’è nessuna riunione convocata per discutere del posizionamento della Lega in Europa” scrivono anche i due plenipotenziari a Bruxelles, Marco Campomenosi e Marco Zanni, smentendo altre anticipazioni di stampa.
Ma Giorgetti non aveva parlato a caso. Sulla collocazione in Europa, “con Salvini stiamo facendo le opportune valutazioni politiche e siccome non siamo completamente tonti ragioniamo”, aveva detto in un ‘intervista a Repubblica, frase che ha messo in allarme il popolo leghista che vuole un Carroccio armato contro Bruxelles.
Per ora di lasciare Marine Le Pen non se ne parla, Salvini ha immediatamente preso il polso della base e sterzato nuovamente: “Non chiedo i voti degli italiani per fare il baciapile di Merkel o Macron” ha detto domenica da Barbara D’Urso il suo salotto televisivo preferito. L’arrocco però è solo a favore di telecamere nazionalpopolari perché poi spiega: “Stiamo incontrando nuovi potenziali alleati, stiamo ragionando ma non cambiamo alleanze”. Nel dire “mai con i Popolari europei” poi sa bene che per essere accolto dovrebbe fare un’abiura impossibile, con l’altissimo rischio di essere respinto.
Che nel partito si discuta di un modo per uscire dall’angolo dei sovranisti è però un fatto difficilmente negabile, come ammette un altro dei vicesegretari Andrea Crippa, vicinissimo a Salvini. “A Bruxelles non riusciamo a essere incisivi su nessuna direttiva europea, siamo in semi isolamento. Per cambiare l’Europa dobbiamo poter incidere sui dossier e quello sul nostro posizionamento è un tema da affrontare”.
La questione è emersa all’indomani del voto nelle regionali che ha segnato una battuta d’arresto per la Lega che riflette sugli errori compiuti. A Bruxelles nonostante l’exploit del 2019, quei voti restano congelati e lo stesso progetto di formare un unico gruppo di sovranisti non è mai decollato. I compagni di strada di Identità e Democrazia rimangono relegati all’estrema destra dell’europarlamento e finora hanno portato avanti solo battaglie di retroguardia, per non parlare dell’amicizia con i colleghi di Visegrad, sempre di stretta convenienza e quasi mai ripagata.
Pure l’ultimo voto di astensione in Parlamento (tutti gli altri italiani hanno votato a favore) sulla censura al regime in Bielorussia contro Alexander Lukashenko, è stato un errore di valutazione politica, in una posizione troppo vicino alla Russia. Non per caso qualche giorno dopo le due europarlamentari Mara Bizzotto e Gianna Gancia hanno firmato la lettera partita dal Congresso degli Stati Uniti, indirizzata a Lukashenko, e siglata dai parlamentari di 29 Paesi transatlantici, con la richiesta di liberare tutti i prigionieri politici. Non solo solidarietà femminile ma anche un segnale spedito in via Bellerio per ricordare che per riconquistare il governo nazionale in Italia, l’accreditamento a Bruxelles non è un dettaglio.