Bruxelles – Serviva forse più audacia per tener fede alle parole pronunciate dalla presidente Ursula von der Leyen la scorsa settimana nel suo Discorso sullo Stato dell’Unione e alla promessa di rendere la proposta sul nuovo Patto europeo per l’immigrazione davvero più incisiva rispetto ai tentativi passati di riformare la politica migratoria in UE.
Nonostante l’annuncio di voler superare il Regolamento di Dublino, nella proposta di Patto per l’immigrazione e asilo adottata oggi rimane intatto il principio cardine – e più criticato) del Paese di primo ingresso, logicamente il più delle volte Paesi alle frontiere – dove i migranti saranno sottoposti a un pre screening e dove dovranno attendere per capire se posso entrare in UE o dovranno essere rimpatriati.
La proposta della Commissione europea, che di fatto influenzerà il dibattito pubblico europeo dei prossimi cinque anni, è stata accolta con freddezza dalla maggior parte dei gruppi politici al Parlamento europeo. Duro l’attacco dei Verdi, secondo cui le proposte della Commissione “porteranno a più Moria”, in riferimento all’incendio divampato lo scorso 8 e 9 settembre nel più grande campo profughi presente sull’isola di Lesbo, in Grecia. “Nonostante le promesse fatte al Parlamento europeo la scorsa settimana da Ursula von der Leyen, questo nuovo patto non cambia nulla”, scrive seccamente Damien Carême, portavoce dei Verdi per la revisione del regolamento Dublino. Al contrario, la proposta “istituzionalizza la vergogna. Non impedirà nuove tragedie o il mantenimento di campi indegni ai nostri confini. Questo patto non fornisce alcuna risposta seria alle disfunzioni del regolamento Dublino”.
Anche dal gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D) si dicono contenti che la proposta sia effettivamente sul tavolo per poter avviare i negoziati “ma la solidarietà non riguarda solo il sostegno agli Stati membri, ma anche aiutare le persone che hanno un disperato bisogno di protezione”. Non possiamo voltare le spalle alle persone vulnerabili e abbiamo bisogno di Stati membri che si assumano le loro responsabilità”, afferma in una nota Kati Piri, vicepresidente S&D sul tema. Preoccupa, non poco, la mancanza di un meccanismo di ricollocazione obbligatorio permanente nelle nuove proposte per garantire che tutti gli Stati membri si assumano la loro giusta parte di responsabilità.
Anche tra i liberali di Renew Europe diffusa la delusione per “la mancanza di proposte concrete sulla migrazione legale”. Dobbiamo costruire “un sistema di asilo e migrazione veramente europeo che si basi sui valori, la solidarietà e lo Stato di diritto dell’UE. Il pacchetto della Commissione è una base su cui costruire” sostiene il capogruppo Dacian Cioloș e “Renew Europe lavorerà in modo costruttivo con la Commissione e il Consiglio per fornire un vero approccio europeo alla migrazione”.
Dai conservatori di ECR dubbi sulla proposta di ‘procedura accelerata’ per i richiedenti asilo provenienti da paesi con bassi tassi di riconoscimento (sotto il 20 per cento di probabilità di vedere accettata la propria domanda d’asilo). I tempi previsti sono troppo lunghi. “Consideriamo una procedura che richiede 12 settimane troppo lunga”, afferma l’eurodeputato italiano Nicola Procaccini. “Sappiamo per esperienza che ci saranno problemi in loco. I paesi di arrivo potrebbero quindi trovarsi ancora a sopportare il peso dei richiedenti asilo ingiustificati e consideriamo questo un problema che deve essere risolto nei prossimi negoziati”.
Dal Partito popolare europeo – gruppo maggioritario nell’Emiciclo, nonché di appartenenza della presidente della Commissione – arriva l’invito “agli Stati membri a cogliere l’opportunità di condividere la responsabilità in modo equo e di dare prova del concetto di solidarietà nell’ambito delle nuove proposte di Patto sulla migrazione e l’asilo pubblicate dalla Commissione europea”.
Tra gli altri eurodeputati italiani anche per il capodelegazione del PD all’Europarlamento, Brando Benifei, la proposta messa sul tavolo oggi rappresenta “un primo, necessario, passo in avanti per rimettere in discussione il sistema di Dublino, che arriva grazie anche all’impegno e determinazione del nostro governo”. Serve però migliorarla rinforzando “regole e procedure fondate sulla solidarietà effettiva e sulla responsabilità di tutti gli Stati membri, migliorando la gestione dell’accoglienza e non puntando solo sui necessari rimpatri”.
La maggioranza parlamentare italiana PD-Movimento 5 Stelle si ricompatta anche a Bruxelles. Dello stesso avviso è anche Laura Ferrara, europarlamentare del Movimento 5 Stelle per la quale la proposta “è un punto di partenza ma non può essere considerata come un punto di arrivo. Nonostante le buone intenzioni per un equo bilanciamento fra responsabilità e solidarietà fra i Paesi membri, molti sono i punti da chiarire e da approfondire”. Per la parlamentare 5 Stelle è “impensabile derubricare la solidarietà alla buona volontà dei singoli Paesi, i confini italiani sono confini europei sempre e non solo in tempi di emergenza e quindi tutti i Paesi membri in maniera proporzionale devono contribuire alla gestione di questo fenomeno”.
Un’occasione anche per i partiti sovranisti all’Europarlamento di sottolineare che “l’Italia viene ancora una volta lasciata sola a gestire il problema, ignorata e abbandonata, dopo anni di parole inutili destinata dall’UE e dal Governo italiano a essere e restare sempre più il campo profughi d’Europa”, scrivono in una nota gli europarlamentari Lega Annalisa Tardino, coordinatrice gruppo ID in Commissione LIBE, Marco Campomenosi, capo delegazione Lega, Marco Zanni, presidente gruppo Identità e democrazia (di cui la Lega fa parte al Parlamento UE).
Dai primi commenti a caldo sulla proposta della Commissione europea emerge evidentemente che il Parlamento europeo farà valere la propria posizione nei negoziati a tre con il Consiglio e la Commissione per alzare l’ambizione della proposta attuale. Se la Commissione europea ha cercato in questa proposta di equilibrare “tutti gli interessi in ballo nei vari Stati membri” (parole di Ursula von der Leyen) forse ha tenuto poco in considerazione che il patto dovrà ricevere il via libera anche da parte dell’Europarlamento, che pretende di avere voce in capitolo. Proprio in Parlamento europeo nel 2017 ci fu l’ultimo tentativo di riformare il Regolamento di Dublino, tentativo poco dopo bloccato in seno al Consiglio dell’UE.
L’Italia chiederà maggiori certezze su solidarietà obbligatoria e rimpatri
L’Italia – dove il tema è particolarmente sentito a causa della pressione migratoria subita a partire dalla cosiddetta crisi migratoria del 2015-2016 – sembra contenta a metà, il patto “è un importante passo verso una politica migratoria europea” ma allo stesso tempo in sede di Consiglio spingerà per avere maggiori certezze in tema di rimpatri e redistribuzione. “I Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa”, dice il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il Patto sulla Migrazione è un importante passo verso una politica migratoria davvero europea. Ora l’@EUCouncil coniughi solidarietà e responsabilità. Serve certezza su rimpatri e redistribuzione: i Paesi di arrivo non possono gestire da soli i flussi a nome dell’Europa
— Giuseppe Conte (@GiuseppeConteIT) September 23, 2020
Anche il ministro per gli Affari europei, Enzo Amendola, ha commentato in un tweet che sul tema migranti “siamo a un punto di svolta”, ma per “l’Italia sono necessari la revisione di Dublino, la solidarietà obbligatoria tra i Paesi e la gestione condivisa dei rimpatri”. Sarà una trattativa lunga e complessa.