Bruxelles – Con il numero dei nuovi casi giornalieri di Covid-19 in costante aumento in Europa, lo spettro di un nuovo lockdown sta aleggiando su diversi Paesi dell’Unione Europea. Uno scenario che crea apprensione tra gli attori economici: difficilmente il tessuto economico europeo sarebbe in grado di riprendersi da un secondo blocco delle attività commerciali e industriali in un unico anno.
L’Unione Europea sta già faticando a tenere compatti i propri Stati membri, considerato il fatto che ognuno sta adottando sempre più restrizioni unilaterali alla libera circolazione delle persone. Anche il direttore generale di BusinessEurope, Markus Beyrer, ha sollecitato gli Stati membri dell’Unione Europea a “coordinare urgentemente le misure che adottano e di mettere in atto un approccio più armonizzato alle restrizioni precauzionali”, in modo da “proteggere l’economia europea e il lavoro delle persone“. Per questo motivo oggi (martedì 22 settembre) al consiglio Affari generali dell’Ue si è discusso anche del coordinamento dell’Unione Europea sulle misure per contenere la pandemia Covid-19.
Dalla discussione sembra possa essere stato trovato un accordo tra i governi nazionali su alcune linee guida comuni. Prima di tutto il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) dovrà elaborare i dati sulla dimensione della popolazione, sul tasso di ospedalizzazione, ricovero in terapia intensiva e di mortalità su base settimanale nelle diverse regioni dell’Ue, in modo da avere una mappa sempre aggiornata sulle zone più o meno a rischio in Europa e omogenea per tutta l’Unione. Rispetto alle comunicazioni tra Paesi membri, prima della pubblicazione delle nuove misure (per esempio, la dichiarazione di una zona a rischio) l’altro o gli altri Stati coinvolti devono essere informati della possibile introduzione di una limitazione di spostamento. Ulteriori confronti si dovranno tenere su una valutazione comune del rischio e su possibili misure comunitarie, nonostante la disponibilità generale dei governi a cooperare.
Intanto da venerdì 25 settembre in Belgio “i divieti di viaggio nelle zone rosse saranno sostituiti da avvisi che sconsigliano rigorosamente di viaggiare in queste zone”, ha comunicato il ministro degli Affari esteri, Philippe Goffin. “Questa decisione del governo fa parte di un desiderio di un maggiore coordinamento europeo”, nonostante la quarantena e lo screening rimangano obbligatori al ritorno da una zona rossa. La decisione del governo belga è in controcorrente con le misure di limitazione degli spostamenti in zone inserite nella “lista nera” di ogni Paese europeo (Spagna, Romania, Croazia, Malta, Grecia e parte della Francia su tutte) e tende a dare più spazio all’aspetto economico comunitario rispetto alla prevenzione nazionale.
Uno specchio fedele della situazione è il settore finanziario, dove il rischio di un nuovo lockdown ha spaventato le borse: non solo in Europa, ma anche a Wall Street (Dow Jones -3%, Nasdaq -1,65%) gli indici sono tutti all’insegna del segno meno. Milano perde il 3,75%, Madrid il 3,4%, Londra il 3,3%, Parigi il 3,7%, Francoforte quasi il 4,4% (pesano però anche le vendite di molti titoli bancari coinvolti in un’inchiesta internazionale sul riciclaggio di denaro sporco). È la peggior seduta da aprile, quando l’Europa era in pieno lockdown, e questo riflette la preoccupazione diffusa tra gli azionisti che le aziende non possano resistere a una nuova chiusura.
Questa l’attuale situazione e le prospettive dell’economia in Europa legate al rischio di un lockdown autunnale.
Italia
Se in questo momento l’Italia si trova accerchiata da Paesi con indici di contagio superiori, nella penisola l’aumento di nuovi casi giornalieri sta comunque rimanendo costante sopra le 1.000 unità (1.350 nella giornata di lunedì 21). Un nuovo lockdown non sembra ancora essere un’opzione per il governo, anche se nessuno scenario può essere escluso. Da Nord a Sud, i rappresentanti di Confindustria e delle Camere di commercio parlano di “mazzata per le imprese”, riferendosi all’ipotesi di una chiusura simile a quella della scorsa primavera. Secondo lo studio Lockdown, dinamiche regionali e settoriali, realizzato per la task force del ministro per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione, un secondo blocco dell’attività economica in Italia non sarebbe sostenibile per l’economia del Paese se tutti i settori non operassero a un regime pari almeno al 50% e se non venisse data la precedenza all’attività industriale delle regioni del Nord.
Francia
Lo scorso week-end ha fatto tremare la Francia, con più di 10.000 nuovi casi al giorno (+13.498 solo sabato 19). Metà del Paese vive in zona rossa (55 dipartimenti su 96 sono stati dichiarati “zona di circolazione attiva del virus”) e i prefetti potranno tornare ad adottare misure restrittive come il divieto di assembramenti, la chiusura di luoghi pubblici e le limitazioni agli spostamenti. Per ora non vengono toccate le attività economiche, fatta eccezione per il dipartimento del Reno, dove è stata vietata la vendita di alcool dalle ore 20 alle 6 (bar e ristoranti possono comunque rimanere aperti). Il governo italiano ha però inserito le zone rosse della Francia, Parigi inclusa, nella “lista nera” degli arrivi: da oggi, martedì 22 settembre, chi entra nel Paese dovrà sottoporsi al tampone molecolare o antigienico.
Ho firmato una nuova ordinanza che estende l’obbligo di test molecolare o antigenico ai cittadini provenienti da Parigi e altre aree della Francia. Dati europei sono critici. L’Italia sta meglio di altri Paesi, ma serve grande prudenza per non vanificare i sacrifici fatti finora.
— Roberto Speranza (@robersperanza) September 21, 2020
Spagna
Continua inarrestabile l’aumento dei casi nel Paese. Dallo scorso venerdì (18 settembre), ultimo giorno per cui sono disponibili i dati, il numero dei contagiati è aumentato di 31.428 unità, portando i casi diagnosticati dall’inizio della pandemia a 671.468. Più di un terzo dei nuovi contagi si sono registrati nella Comunità di Madrid, dove da ieri (lunedì 21 settembre) sono state introdotte forti limitazioni di spostamento in una trentina di aree sanitarie. Un secondo lockdown potrebbe avere effetti devastanti per l’economia del Paese, considerata la dipendenza elevata dal turismo e le condizioni particolari di questo mercato: un lavoratore su quattro ha un contratto a tempo determinato e prevalgono nel Paese le piccole imprese, a cui mancherebbero le risorse per resistere a una nuova chiusura generalizzata.
Germania
Il ministro dell’Economia, Peter Altmeier, lo ha detto chiaramente: “La Germania può e deve evitare un nuovo lockdown”. Anche se l’aumento dei tassi di infezione sta aumentando con un ritmo di più di 1.000 casi al giorno, il contagio “sarà contrastato da misure mirate e limitate a livello regionale, in modo che la ripresa economica possa continuare a svilupparsi gradualmente nei prossimi mesi”, ha specificato il ministro. Una vera e propria iniezione di fiducia da parte del governo federale al tessuto economico del Paese, che con la parole di Altmeier ha rassicurato gli imprenditori e i lavoratori che “il punto più basso della recessione è passato a maggio“. Ancora lontane quindi le ipotesi di un lockdown nazionale che impatterebbe sulla più grande economia europea.
Regno Unito
Il premier Boris Johnson parlerà alla nazione alle 22 di questa sera. Ma le nuove restrizioni sono già state annunciate: da giovedì 24 settembre ristoranti, pub e locali chiuderanno alle ore 22, come prima forma di limitazione delle attività commerciali per diminuire il rischio di contagio. Nel Regno Unito i contagi sono saliti ancora (+4.368 nella giornata di lunedì 21) e le autorità sanitarie hanno deciso di elevare l’allerta al livello 4, quella che indica una crescita esponenziale del contagio. Da venerdì scorso circa 9,2 milioni di persone che abitano nelle regioni a nord-est dell’Inghilterra, in parte della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del nord hanno subito nuove restrizioni, come la possibilità di raduno in luoghi pubblici al chiuso e all’aperto e la chiusura di attività commerciali. Il rischio è che un secondo lockdown si estenda presto a tutto il Paese, Londra compresa, compromettendo il tessuto finanziario e industriale.
Benelux
Sul fronte dei Paesi del Benelux non si riscontrano grandi novità dal punto di vista delle proiezioni economiche nel caso di un nuovo lockdown (non ancora sul tavolo delle ipotesi), nonostante i casi siano in aumento esponenziale soprattutto in Belgio (+1.547 nella giornata di lunedì 21), ma anche in Lussemburgo e Paesi Bassi. “Un aumento dei casi non è un buon segno, in un momento in cui avrebbero dovuto stabilizzarsi”, ha affermato il virologo Steven Van Gucht, portavoce interfederale per l’emergenza Covid-19. “A differenza del mese di luglio, quando le infezioni sono aumentate principalmente nei centri urbani e nelle vicinanze, la nuova ondata è presente in tutte le province. Nelle Fiandre occidentali il numero di casi è raddoppiato nel giro di una settimana”. La situazione rimane sotto osservazione sia dal punto di vista della riapertura delle scuole che dei viaggi di rientro dall’estero (le due condizioni con cui si è registrato il nuovo picco), per valutare eventuali misure restrittive sulle attività commerciali e le aziende, se la situazione dovesse continuare a peggiorare.
Europa centrale e orientale
Qui l’economia è già in ginocchio da quest’estate e lo spettro di nuovi lockdown spaventa i governi, che vedrebbero affossare ancora di più le proprie possibilità di recupero dai danni della pandemia nel 2020. Richard Grieveson, del Vienna Institute for International Economic Studies, spiega che non solo i Paesi come la Croazia, che dipendono dal turismo, “subiranno danni economici ben peggiori della crisi finanziaria del 2008”, ma anche quelli che si basano sul commercio internazionale, come la Slovacchia, dovranno affrontare “un periodo di recessione che non hanno mai conosciuto nel 21° secolo”. Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania, Estonia, Lituania, Slovenia oscillano tra il -12% e il -14% annuale (per i prossimi 2 o 3 anni) nell’esportazione di beni e servizi. Lettonia e Polonia dovrebbero essere invece le meno colpite, con una riduzione rispettivamente del 10,3% e 9,8%.