Bruxelles – Tutto rimandato al Consiglio europeo straordinario del 24 e 25 settembre. Tra i ministri degli Affari Esteri europei, riuniti oggi in presenza a Bruxelles nel primo Consiglio dopo la pausa estiva, non si è raggiunta l’unanimità necessaria ad adottare le sanzioni annunciate ormai un mese fa contro diverse (circa 40) autorità della Bielorussia vicine al presidente Alekander Lukashenko. Le nuove misure restrittive comprenderanno, presumibilmente, congelamento dei beni e/o il divieto di ingresso in territorio europeo.
No unanimità ma “chiara volontà di applicare le sanzioni”, racconta Josep Borrell in conferenza stampa. L’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza mette le mani avanti. “Non eravamo chiamati a decidere oggi sulle sanzioni nei confronti della Bielorussia”, ha detto. In effetti, la Bielorussia è uno dei tanti temi in agenda del vertice che si è tenuto oggi tra i ministri degli Esteri. Borrell è fiducioso che la situazione possa sbloccarsi dopo l’adozione di un orientamento politico da parte dei leader europei riuniti al Summit tra capi di Stato e governo che si terrà alla fine della settimana. Anche perché non nasconde che l’Unione europea potrebbe “vedere minata la propria credibilità in politica estera”, dal momento che è dalla fine di agosto che i ministri europei si dicono pronti ad applicare le nuove sanzioni sia contro l’autoritarismo in Bielorussia che contro la ripresa politica estera aggressiva della Turchia che mina la pace nelle acque del Mediterraneo orientale. Le due questioni in quale modo sono legate, e ciò che emerge è che ancora una volta l’Unione europea si trova bloccata e impossibilitata a prendere decisioni rapide perché su alcune questioni – violazioni diritti umani, sanzioni, bilancio – le decisioni devono essere adottate all’unanimità.
In questo caso un solo Paese si è detto contrario alle sanzioni. Si tratta di Cipro che non è tanto contrario ad approvare le sanzioni nei confronti del regime di Lukashenko quanto a “tenerle in ostaggio” per indurre gli altri ventisei membri del Consiglio ad approvare anche quelle nei confronti di Ankara. “Le reazioni dell’UE alle violazioni di qualsiasi principio o valore dell’Unione devono essere coerenti”, ha affermato il ministro degli Esteri cipriota, Nikos Christodoulides, arrivando questa mattina al Consiglio dell’UE. Cipro, insieme alla Grecia, è il Paese ad aver più risentito della decisione della Turchia, maturata lo scorso anno, di avviare esplorazioni in cerca di gas naturale nel tratto di Mediterraneo che l’Unione europea considera zona economica esclusiva di Cipro. La tensione, così come per la Bielorussia, ha movimentato l’estate dei diplomatici a Bruxelles, che anche alla vigilia di Ferragosto si sono trovati a dover discutere di sanzioni contro l’uno e contro l’altro. L’unanimità oggi tra Ventisette Paesi non si è trovata, ma Borrell fa capire che una decisione dovrà essere assunta al prossimo Consiglio degli Esteri (a ottobre), dopo che l’orientamento dei capi di Stato e governo avrà “spianato la strada” verso una decisione unanime. È dunque un problema di tempistiche, secondo il capo della diplomazia europea, e le due questioni, Bielorussia e Turchia, andranno affrontate da Bruxelles in maniera complementare.
I titolari degli Esteri sono tornati comunque a ribadire un segnale politico forte, come quello espresso dall’alto rappresentante Borrell e dal Parlamento europeo in una recente risoluzione, non riconoscendo di fatto la legittimità del presidente bielorusso eletto lo scorso 9 agosto con una percentuale incredibile di voti (80%) e, secondo gli osservatori indipendenti del Paese, chiaramente fasulla. Per Bruxelles la situazione in Bielorussia è molto simile a quella del Venezuela, in cui il presidente Nicolas Maduro non viene riconosciuto. “Non riconosciamo la legittimità democratica delle elezioni e del presidente eletto”, ribadisce Borrell, tuttavia questo non vuol dire “non riconoscere la realtà dei fatti, ovvero che Lukashenko è nei fatti al potere” e bisogna farci i conti.