Bruxelles – L’Europa degli Stati alla prova dell’immigrazione. Ancora una volta, ma con maggiore difficoltà politica. La Commissione europea vuole superare le regole attuali, e realizzare una nuova politica d’asilo comune. Con la proposta che verrà presentata la prossima settimana (23 settembre) “aboliremo la regolamentazione di Dublino“, annuncia Ursula von der Leyen all’Aula del Parlamento europeo, al termine del dibattito seguito al discorso sullo stato dell’Unione.
Il regolamento di Dublino, in estrema sintesi, lascia l’onere della gestione dei migranti ai Paesi di primo ingresso. Regole che finora hanno visto Italia e Grecia alle prese con il problema. Questo principio “lo sostituiremo con un nuovo sistema di governance europeo“. Dunque non più regime dei Paesi di primo ingresso.
Ursula von der Leyen intende spingersi oltre il progetto del suo precedessore. La Commissione Juncker propose un meccanismo di redistribuzione obbligatorio, inteso però per far fronte alle sole emergenze. Qualcosa di temporaneo ed eccezionale. Nelle intenzioni di von der Leyen invece c’è qualcosa di più strutturato e più strutturale. La proposta per una nuova politica migratoria comune “avrà una struttura comune su asilo e rimpatri, insieme a un nuovo meccanismo di solidarietà forte”.
Nel 2015, quando la proposta Juncker finì sul tavolo dei leader, i governi, soprattutto quelli dell’est, iniziarono una feroce opposizione al progetto. Slovacchia e Ungheria fecero persino ricorso alla Corte di giustizia dell’UE contro l’obbligo di farsi carico dei migranti. Von der Leyen si attende un dibattito acceso. “Non vedo l’ora di iniziare a discutere”, dice. “Ma voglio che sia chiara: mi aspetto che anche tutti gli Stati membri facciano passi avanti”.
Von der Leyen, proprio come il suo predecessore, mette gli Stati di fronte alle loro responsabilità. Annunciando già che la Commissione è pronta al grande passo, mostra ancora una volta che non è l’UE a frenare, ma che anzi l’UE intende rilanciare il dibattito e le politiche. Annnunciando tutto questo ricorda che il problema non è l’UE ma i suoi Paesi membri e che proprio per questo, se la proposta non dovesse essere approvata, sarà dei governi nazionali.