Roma – È come un golden gol, o un rigore al 90′ sullo 0-0, “non si può sbagliare, abbiamo il dovere di non mancare questa opportunità, perché farebbe pagare a tutti un prezzo molto pesante non al governo ma a tutto il Paese”. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri sintetizza così il senso della sfida del Piano di ripresa e resilienza italiano nell’ambito del Next generation EU. Audizioni non stop sul Recovery fund in attesa della seconda fase di limatura delle linee guida (questa settimana da Bruxelles arriveranno nuove indicazioni) e della prima scrematura delle proposte sul tavolo del Comitato interministeriale affari europei.
Il governo finora ha individuato quattro sfide/obiettivo, sette missioni sui cui poi si innestano i cluster d’intervento e i progetti concreti ancora non definiti. Nelle Commissioni riunite della Camera qualcuno si lamenta di un piano ancora troppo generico, vogliono sapere se ci sarà il ponte sullo stretto e chiedono se sia vero che sono già arrivati centinaia di micro progetti con finanziamenti a pioggia. Gualtieri ignora le indiscrezioni e si concentra su metodo e priorità: “faremo pochi grandi progetti, invito tutti al senso di consapevolezza sul criterio della qualità nella selezione che è interesse comune di tutto il Paese”.
Insomma i paletti ci saranno e alcuni sono già contenuti nei criteri di valutazione così come la coerenza con le linee indicate dal Next generation Eu. Sarà un combinato di investimenti e riforme che “non può consistere in un’ondata di spesa corrente o riduzioni d’imposta non sostenibili”. Investimenti pubblici di sostegno a quelli privati che si pensa di finanziare prevalentemente con i sussidi accompagnati dai “loans”, prestiti, “per una programmazione del bilancio per riequilibrare la finanza pubblica anche in conseguenza delle manovre già adottate di circa 100 miliardi di euro”. Il ministro spiega dunque che “grants e loans saranno utilizzati in maniera modulare e intermedia per massimizzare l’impatto positivo sulla crescita e per attenuare il peso del debito” con l’obiettivo di “mantenere una politica espansiva anche per il 2021, pur mantenendo l’obiettivo di una discesa del debito-Pil fin dal primo anno della ripresa”.
Fino a qui gli indirizzi politici, poi la relazione ha virato sul modulo più tecnico e sui tempi di presentazione, del negoziato con la Commissione e di approvazione del Recovery italiano che potrebbe già avviarsi concretamente nei primi mesi del prossimo anno. La tabella di marcia prevede poi la fase dell’erogazione delle risorse che sarà semestrale sui cui potrebbe inserirsi il cosiddetto “emergency brake”, freno che scatterebbe qualora i target intermedi non siano rispettati. Il ministro dell’Economia ha assicurato lo sforzo del governo per essere pronti prima possibile e far partire il piano.
La qualità degli interventi, l’impatto sul Pil e sull’occupazione sarà determinamte, “il successo diplomatico che consente all’Italia di beneficiare del 28 % del Recovery and resilience facility, ci impone di utilizzare nel miglior modo possibile queste risorse”, ha spiegato il ministro che ha chiamato a un impegno preciso in questa fase di costruzione del programma. “È necessario un salto di qualità di tutte le istituzioni, il governo sta lavorando per costruire il miglior piano di ripresa possibile. Dobbiamo passare alla fase più concreta consapevoli che si tratta di un’occasione unica e irripetibile, con un’azione basata sul merito e l’efficacia, una sfida di grande responsabilità per rilanciare il Paese e l’economia italiana in modo strutturale”. Occasione rilanciata anche dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che nelle stesse ore dell’audizione di Gualtieri ha messo tutte le fiches del governo sul Recovery: “se il governo perde la sfida avete il diritto di mandarci a casa”.