Bruxelles – Undicesima settimana di manifestazioni di piazza in Bulgaria. Il Paese continua a protestare contro Boyko Borissov e Ivan Ghescev, rispettivamente primo ministro e procuratore generale accusati di corruzione, attività mafiose e attacchi alla libertà di stampa. Il presidente Rumen Radev, esponente del partito socialista, ha preso le parti dei manifestanti, in una situazione che mette in scena un vero e proprio conflitto istituzionale con il primo ministro, leader del partito conservatore e populista GERB.
La piazza chiede da luglio le dimissioni di Borissov, il quale ha invece operato un rimpasto di governo, rivelatosi poi inutile perché le proteste sono proseguite. Per continuare a governare, il premier ha annunciato che prima di dimettersi intende modificare la Costituzione. In questo è sostenuto, o influenzato, dal partito alleato nazionalista IMRO e dal suo leader Krasimir Karakachanov, che ha approvato la nuova bozza della legge fondamentale solo dopo l’inserimento di disposizioni nazionaliste, come quelle contro la minoranza rom, le persone LGBT e il ripristino del servizio militare obbligatorio. Per ottenere più consensi, sta strumentalizzando in particolare la questione LGBT, cercando di bloccare l’adozione di una possibile legge sui matrimoni gay e accusa i manifestanti di portare avanti la causa di “ONG sorosiste e gruppi extra-parlamentari assetati di potere”, il cui scopo sarebbe di instaurare una vera e propria “repubblica del gender“. La versione bulgara della Convenzione di Istanbul per la prevenzione della violenza sulle donne riporta proprio questo termine inglese invece di quello in lingua nazionale, il che ha generato confusione e timori nei più conservatori e meno sensibili alla causa. Le principali ONG bulgare attive nella difesa dei diritti LGBT hanno inviato una lettera alla Commissione nazionale per la difesa dalle discriminazioni affinché si pronunci sulle dichiarazioni di Karakachanov, che “fa leva su diffusi pregiudizi sociali per indurre atteggiamenti negativi verso le proteste. È immorale e inaccettabile” (Emerging Europe). Eppure la Bulgaria è stato il primo paese dell’ex blocco orientale ad aver depenalizzato il reato di omosessualità già nel 1968.
Per Borissov, che in generale non aveva mostrato atteggiamenti discriminatori verso i gruppi oppressi e le minoranze, l’alleanza con IMRO significherebbe dunque un cambio di rotta.
La promessa che riscrivere la costituzione servirà a riavviare il paese non riesce però ad abbagliare i cittadini che manifestano, e nemmeno la recente nomina di un nuovo ministro della giustizia. La nuova costituzione, per essere approvata dal Parlamento, avrebbe bisogno del sostegno necessario di MRF (Movimento per i diritti e la libertà), partito della minoranza turca, per il quale votare a favore significherebbe una sconfitta politica. Tuttavia il partito, pur avendo solo 25 seggi, è molto influente, essendo legato al magnate dei media Delyan Peevski, grazie al quale il governo ha ampia copertura su diversi media nazionali. Il successo della mossa legislativa di Borissov dipende dunque molto dal voto degli esponenti di questo partito, che al momento sostiene il governo.
Quali le reazioni della UE dopo la manifestazione davanti alla Rappresentanza della Commissione europea a Sofia? I portavoce informavano alcuni giorni fa che l’esecutivo “è al corrente delle proteste in corso in Bulgaria e continua a monitorare la situazione da vicino”, ribadendo anche che “le manifestazioni pacifiche sono un diritto fondamentale di ogni democrazia. Alla forza si deve fare ricorso in proporzione alle azioni dei manifestanti“.
Tra gli eurodeputati, Clare Daly (S&D, Irlanda) dichiara con forza “i manifestanti vogliono sapere quando l’UE la smetterà di incoraggiare e lasciar fare quei delinquenti al potere”. Ramona Strugariu (Renew Europe, Romania), relatore ombra per la relazione sul rafforzamento della libertà dei media, dichiara all’ultima riunione della commissione LIBE: “La libertà di stampa è il miglior indicatore dello stato della democrazia, e in Europa peggiora giorno dopo giorno. L’esempio più recente è proprio la Bulgaria, che si piazza al 111° posto su 180 nel World Press Freedom Index. Immagini di giornalisti e manifestanti dai volti tumefatti e insanguinati non trovano posto in Europa e nel mondo”. Oggi, con altri eurodeputati di diversi schieramenti, Strugariu firma un appello al ministro degli interni bulgaro affinché vengano svolte indagini imparziali sull’attacco della polizia ai danni del giornalista e scrittore Dimiter Kenarov a Sofia. Il reporter sarebbe stato “trattenuto, spinto contro il muro e trascinato fino agli scalini del Parlamento”, oltre che privato della fotocamera e trattenuto senza poter ricorrere a un avvocato.
Daniel Freund (Verdi, Germania) lamenta il fatto che l’UE non riesce ad impedire che politici corrotti intaschino i fondi europei e auspica un cambiamento. “Nell’ambito del prossimo MFF e del piano di ripresa, vogliamo un meccanismo che funzioni e vincoli la lotta alla corruzione e il rispetto dei diritti fondamentali all’erogazione dei fondi UE”, dichiara per Euronews.
Sulle violenze riscontrate si esprime con forza anche Dunja Mijatovic, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, che ha fatto appello alle autorità bulgare affinché assicurino i responsabili alla giustizia: “Si rende urgente fornire ai funzionari di polizia istruzioni chiare sul rispetto della libertà di stampa, consentendo agli operatori dei media di coprire le manifestazioni in sicurezza”.
La Commissione europea pubblicherà la sua prima relazione sullo stato di diritto tra qualche settimana. Nel frattempo, c’è molta attesa al riguardo per il discorso sullo Stato dell’Unione che Ursula von der Leyen pronuncerà questa settimana.