Bruxelles – Evoluzioni positive nelle relazioni con Pechino sono state registrate, ma l’Unione europea le giudica ancora insufficienti. In altre parole, non ci si fida ancora dell’interlocutore asiatico. Questa la conclusione del summit UE-Cina, come sintetizzato dalla presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen.
“Quando a giugno scorso abbiamo tenuto il summit avevamo messo in chiaro che non ci sarebbe stato alcun accordo sugli investimenti senza consistenti progressi”, ricorda la tedesca. “Passi avanti positivi ne abbiamo visti, ma resta ancora molto da fare“. Si continuerà a lavorare, con “la Cina che deve convincerci che ne valga la pena”.
L’UE ha posto l’accento su commercio, clima e digitale. A giudicare dalle parole degli europei (il presidente cinese Xi Jinping si è negato alla stampa) resta ancora il problema dell’accesso al mercato cinese, soprattutto per i settori dell’automobile e dell’informatica. Poi permane la questione della sovrapproduzione dell’acciaio, che penalizza i produttori europei alle prese con ‘l’invasione’ di prodotti cinesi venduti sottocosto.
Per questo motivo l’Unione Europea ha avviato indagini e procedure anti-dumping sulle esportazioni di estrusi e laminati di alluminio. Il mese scorso (24 agosto) l’esecutivo comunitario ha imposto la registrazione delle importazioni cinesi di estrusi nell’UE. Qualora l’indagine confermasse l’esistenza di pratiche di dumping, potrebbero essere istituiti dazi sulle importazioni dalla Cina già dal marzo 2021. Una decisione “accolta con soddisfazione” dalla Federazione europea dei consumatori di alluminio (FACE) e dal suo segretario generale, Mario Conserva.
Neppure il capitolo relativo alla sostenibilità rende particolarmente positivi gli europei. “La Cina emette la metà delle emissioni globali di CO2 prodotte da centrali a carbone”, sottolinea la cancelliera tedesca, Angela Merkel, convinta che “tentare di avere relazioni strategiche con la Cina sia cosa giusta e importante” ma consapevole che “serve realismo”. Ci sono limiti negoziali da entrambe le parti, e dunque non si potrà pretendere troppo. Ciò nonostante “abbiamo discusso con il presidente Xi le possibilità per passare a forme energetiche più pulite”. Tra queste anche l’adozione di un sistema di emissioni (ETS), in cui chi più inquina più paga.
Su questo, come sulla questione dei diritti umani, l’UE almeno nelle intenzioni non intende concedere. “L’Europa è un giocatore, non un campo da gioco”, sostiene il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “E’ fondamentale coinvolgere la Cina, pur difendendo gli interessi e i valori dell’UE”. Che però non sono gli stessi della Repubblica popolare, specie per ciò che attiene ai diritti umani.
L’UE chiede di poter permettere l’invio di osservatori in Xinjang e Xizang, le province autonome uighura e tibetana, dove le due etnie sono da sempre vittima di politiche repressive. Poi si chiede di riconsiderare la legge per la sicurezza a Hong Kong, che “è fonte di preoccupazione”.
Non ci sono conclusioni, come annunciato. La controparte cinese per ora resta seduta al tavolo. Le parti si sono salutate con l’accordo di proseguire con questi summit su base regolare. Da parte di tutti c’è l’accordo di principio per un summit dei leader, fisico, con tutti i 27 Stati membri dell’UE, da tenere non appena la situazione legata alla pandemia di COVID-19 lo renderà necessario. Intanto però si vogliono passi avanti. Ancora.