Bruxelles – Ciò che temevano le opposizioni bielorusse potrebbe essersi materializzato in un lunedì pomeriggio di metà settembre a Sochi, in Russia. Il 14 settembre 2020, nel corso di un incontro con l’omologo bielorusso, Alexander Lukashenko, il presidente russo Vladimir Putin ha deciso di sostenere a livello finanziario gli sforzi di quello che è stato definito “l’ultimo dittatore d’Europa”. La repressione delle manifestazioni anti-Lukashenko ha un costo e Mosca è disposta a sostenerlo, seppur sotto forma di aiuti per la “realizzazione di progetti comuni su larga scala in ambito commerciale, economico, energetico, culturale e umanitario e per lo sviluppo dei processi di integrazione all’interno dello Stato dell’Unione”.
In sintesi, un prestito concesso da Mosca a Minsk di 1,5 miliardi di dollari: “Per la Bielorussia è un difficile momento. Concederemo il prestito, i nostri ministri delle Finanze stanno lavorando a questo proposito”. È così che un Lukashenko ormai indebolito dalla sesta domenica di proteste in Bielorussia sta pian piano consentendo al Cremlino di prendere il controllo della situazione in Bielorussia, in cambio del sostegno russo per rimanere al potere.
Anche se non era prevista la firma di alcun documento, secondo gli osservatori internazionali Mosca puntava ad aumentare il proprio peso in Bielorussia. E probabilmente ci sta riuscendo. La portata delle manifestazioni, che continuano ininterrottamente dal 9 agosto scorso, è motivo di imbarazzo per il presidente bielorusso e questo fattore farebbe gioco alla Russia di Putin: in cambio del suo appoggio politico ed economico, il presidente russo potrebbe pretendere da Lukashenko di rafforzare sempre di più lo Stato dell’Unione, un organismo intergovernativo di cui fanno parte i due Paesi. In ogni caso, sembra ormai sepolta nel passato ogni velleità anti-russa di Lukashenko per ritagliarsi uno spazio di manovra maggiore nei suoi rapporti con l’Occidente.
Sesta domenica di proteste
Nella giornata di ieri (domenica 13 settembre), durante la sesta domenica di proteste contro la rielezione del presidente Lukashenko, sono state arrestate altre 774 le persone in tutta la Bielorussia. Oltre 500 solo nella capitale Minsk, dove si stima che oltre 100.000 manifestanti siano scesi in strada per chiederne le dimissioni. “L’ultimo dittatore d’Europa” governa il Paese da 26 anni e alle ultime presidenziali ha dichiarato di aver vinto con percentuali che ormai sarebbe il caso ribattezzarle bielorusse: l’80% dei voti validi.
La manifestazione nella capitale si è svolta secondo il classico copione delle scorse domeniche. I dissidenti e la popolazione civile si sono riversati nelle strade e si sono diretti verso il palazzo dell’Indipendenza, residenza di Lukashenko, ma sono stati respinti dai poliziotti in assetto da guerra, con carri armati, cannoni ad acqua e veicoli corazzati. Ancora una volta la repressione della polizia bielorussa è stata particolarmente dura. Alcuni video pubblicati sul sito indipendente bielorusso Tut.by mostrano agenti in borghese con il volto coperto da passamontagna, oppure in mimetica e giubbotto antiproiettile, che afferrano giovani manifestanti per gli abiti, li sbattono a terra e li prendono a pugni prima di eseguire l’arresto. Scene simili si sono registrate anche in altre città bielorusse, tra cui Brest, Gomel, Grodna e Mogilev.
Nella capitale, cuore delle proteste anti-Lukashenko, il governo ha deciso di chiudere tutte le linee delle metropolitana per contenere l’afflusso di manifestanti e di limitare l’accesso a Internet per cercare di bloccare l’emorragia di informazioni anti-governative sui social media. Queste misure restrittive non hanno però fermato le decine di migliaia di manifestanti che hanno voluto partecipare alla “Marcia degli eroi”, come li ha definiti Sviatlana Tsikhanouskaya, l’ex-candidata alla presidenza dell’opposizione bielorussa.
Su molti striscioni è comparsa la richiesta di rilascio dell’attivista Maria Kolesnikova, trasferita dal carcere di Minsk a quello di Zhodino dopo essere riuscita a evitare l’esilio forzato in Ucraina. Il coro più diffuso è stato: «Non permetteremo a Lukashenko di vendere il Paese», con chiaro riferimento al rapporto con il presidente russo, Vladimir Putin, proprio alla vigilia dell’incontro tra i due presidenti a Sochi, in Russia. Non a caso nelle proteste di ieri i manifestanti hanno mostrato di avere ormai assunto una posizione sempre più critica e ostile nei confronti della Russia.
La terreur de dimanche dans les rues de Minsk, la capitale du #Bélarus. Plusieurs dizaines d’arrestations à une heure de la marche de l’opposition.
Vidéo : @tutby pic.twitter.com/pvmltd0EJf— Andreï VAITOVICH (@andreivaitovich) September 13, 2020
La reazione dell’Onu
Intanto i membri del Consiglio Onu per i diritti umani hanno approvato un dibattito urgente sul deterioramento della situazione in Bielorussia, nel corso della sessione in programma a Ginevra fino al 2 ottobre. Il dibattito urgente è stato richiesto dalla delegazione tedesca a nome dei Paesi dell’Unione Europea ed è stato approvato con 25 voti a favore, 2 contrari (Venezuela e Filippine) e 20 astensioni. L’ambasciatore bielorusso Yury Ambrazevich si è opposto alla mozione, che ha definito “parte di un’ampia campagna politica organizzata dall’Unione Europea per sostenere le forze politiche in Bielorussia che hanno perso le elezioni. L’Ue sta creando le condizioni per preservare questa situazione di stallo politico nella società bielorussa”.
L’alto commissario Onu per i diritti umani, Michelle Bachelet, è intervenuto ancora più duramente, chiedendo che sia condotta un’indagine internazionale sulle accuse di tortura e altre forme di maltrattamento da parte delle forze dell’ordine bielorusse: “Date le loro dimensioni e il loro numero, tutte le accuse dovrebbero essere documentate e indagate, al fine di assicurare gli autori alla giustizia”. E ha poi aggiunto: “Continuiamo a ricevere notizie allarmanti sulla repressione violenta di manifestazioni pacifiche e accuse di tortura in particolare contro donne ma anche bambini, compresa la violenza sessuale”.
Recriminazioni che sono state ribadite dalla leader dell’opposizione bielorussa, Sviatlana Tsikhanouskaya, in esilio in Lituania. Quella che per i manifestanti è la vera vincitrice delle presidenziali del 9 agosto ha lanciato un appello alle forze antisommossa Omon, perché mettano fine alle violenze contro la popolazione civile: “Vi vergognerete per quello che state facendo oggi. La violenza che voi usate contro le donne è scandalosa”, ha dichiarato. “Vi voglio avvertire che chiunque commetta delitti contro dimostranti pacifici e contro il popolo ne risponderà. Voi avete la possibilità di passare dalla parte del popolo e non eseguire ordini criminali”.
Anche due giornalisti del canale televisivo polacco Belsat sono stati fermati a Minsk dalla polizia mentre seguivano la Marcia delle Donne di sabato 12 settembre: “Yekaterina Andreyeva e Max Kalitovsky sono stati portati via su una camionetta della polizia e gli agenti hanno sequestrato loro la telecamera e i cellulari”, ha riferito l’emittente.