Bruxelles – Rimane alta la tensione in Bielorussia, dove finalmente è tornata a parlare in prima persona la dissidente Maria Kolesnikova dopo la conferma della sua detenzione nel carcere di Minsk. “Agenti del Kgb hanno tentato di portarmi in Ucraina contro la mia volontà. Mi hanno messo un sacco in testa e hanno minacciato di uccidermi”, sono queste le prime parole pronunciate pubblicamente dalla leader dell’opposizione bielorussa. “Dicevano che se mi fossi rifiutata di lasciare ‘volontariamente’ la Bielorussia, sarei stata comunque portata fuori dal Paese: viva o a pezzi”.
In una dichiarazione al Comitato investigativo bielorusso, ripresa dall’agenzia di stampa russa Interfax, Kolesnikova ha affermato di aver “preso seriamente queste minacce”. In particolare quella di farla “condannare a 25 anni di reclusione, di crearmi problemi nel centro detentivo e in prigione”.
La leader dell’opposizione era stata rapita lunedì 7 settembre nei pressi del Museo nazionale di arte di Minsk da uomini in borghese e mascherati. Le successive notizie sono arrivate alle 4 di mattina del giorno dopo (martedì 8 settembre), quando le autorità di frontiera con l’Ucraina hanno comunicato l’arresto della dissidente per aver cercato di “fuggire illegalmente dalla Bielorussia”. Ma in una conferenza stampa a Kiev due compagni scomparsi con lei, Anton Rodnenkov e Ivan Kravtsov (riusciti effettivamente a riparare in Ucraina), avevano raccontato che “Maria ha afferrato e strappato il suo passaporto, gettandolo fuori dal finestrino, per non essere costretta a lasciare il Paese”.
Kolesnikova ha confermato questa versione: “Gli agenti del Kgb mi hanno messo un sacco in testa e mi hanno spinta su un pulmino per raggiungere il confine con l’Ucraina. Quando ho strappato il passaporto, gli agenti mi hanno di nuovo costretta a salire sul pulmino e mi hanno portata indietro dalle guardie di frontiera di Mozyr”. Lì la donna è stata trattenuta fino alla sera di mercoledì 9 settembre. Ora si trova in carcere con l’accusa di incitamento all’usurpazione del potere.
La situazione interna in Bielorussia
Con l’arresto di Kolesnikova e la scomparsa di alcuni tra gli ultimi membri del direttorio del Consiglio dell’opposizione bielorussa, Maxim Znak e Antonina Konovalova (tra martedì 8 e mercoledì 9 settembre), ormai nel Paese è stata quasi interamente tagliata la testa alla leadership anti-Lukashenko. L’ex-candidata alla presidenza, Svetlana Tikhanovskaya, e la sua sostenitrice, Veronika Tsepkalo, si trovano entrambe in esilio all’estero: la prima in Lituania, la seconda in Polonia. Molti altri dissidenti hanno seguito la via dell’esilio forzato o volontario, come Olga Kovalkova, che ha dichiarato di essere dovuta scappare in Polonia (sabato 5 settembre) per non essere arrestata in caso di permanenza in Bielorussia.
All’appello degli scomparsi, arrestati o esiliati manca ormai solo la premio Nobel per la letteratura Svetlana Alexievich. La scrittrice ha fatto pesare la sua notorietà e ha lanciato un appello congiunto con il presidente dell’Associazione bielorussa dei giornalisti, Andrei Bastunets, e il segretario generale di Reporters Without Borders, Christophe Deloire, indirizzato all’Assemblea generale dell’Onu: “Chiediamo di inviare in Bielorussia una missione di osservazione in modo da documentare gli abusi commessi contro manifestanti e giornalisti”.
Proprio la premio Nobel mercoledì 9 settembre aveva denunciato di ricevere numerose telefonate da numeri sconosciuti e di aver sentito rumori sospetti sul suo pianerottolo: “Da giorni uomini sconosciuti vogliono entrare in casa mia“. In poche ore sono fisicamente corsi in suo aiuto giornalisti e fotografi, che hanno riempito di telecamere il perimetro dell’appartamento, e un gruppo di funzionari di alcune ambasciate europee, tra cui quella svedese. Proprio la ministra degli Esteri svedese, Ann Linde, ha twittato una fotografia della scrittrice bielorussa circondata dai diplomatici. “Le molestie, gli arresti e l’esilio forzato degli oppositori in Bielorussia sono una grave violazione delle proteste pacifiche contro il regime”, ha commentato.
Harassments, arrests & forced exile of opposition in Belarus is serious violation of peaceful protests by the regime in Belarus.
Happy to share this photo taken a moment ago in Minsk with
Svetlana Aleksijevitj surrounded by European diplomats, including a Swedish diplomat. 🇸🇪 pic.twitter.com/b96Nafhlf6— Ann Linde (@AnnLinde) September 9, 2020
Alexievich si è soffermata sullo stato della leadership autoritaria del presidente Alexander Lukashenko: “Maria Kolesnikova è ricomparsa, ma solo per essere accusata di aver tentato di usurpare illegalmente il potere e dunque fatta oggetto di un’indagine criminale. Lukashenko ha ormai deciso per la linea dura e ha cambiato registro con la Russia”, ha affermato. “Prima delle elezioni aveva adottato un tono critico, ma ora con questo ‘partenariato rafforzato’ temo che il Cremlino voglia mettere le mani sulla Bielorussia con una specie di annessione mascherata”. L’incontro tra Alexander Lukashenko e Vladimir Putin si terrà a Mosca lunedì 14 settembre, ha ufficializzato il portavoce della presidenza russa, Dmitri Peskov.
Da domenica scorsa continuano le proteste contro la rielezione del presidente. La portavoce del ministero dell’Interno bielorusso, Olga Cemodanova, ha comunicato l’arresto di altre 37 persone per aver partecipato alle manifestazioni dell’ultima settimana: “I dissidenti hanno violato le leggi sugli eventi di massa. Tra questi, 26 sono stati rinchiusi in centri detentivi”.