Bruxelles – Va dritto al punto il commissario europeo per la Politica di vicinato e di allargamento, Olivér Várhelyi, parlando a proposito dello stato di integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione Europea: “Senza i Balcani non possiamo pensare che tutta l’Europa possa vivere in una situazione stabile. Sono accerchiati dai Paesi dell’Ue: noi influenziamo loro e loro influenzano noi”. Intervenuto in audizione alla commissione Affari esteri della Camera dei deputati a Roma giovedì 10 settembre, il commissario ha sottolineato l’impegno dell’Unione nel processo di stabilizzazione dell’intera regione: “Abbiamo intensificato i rapporti per risolvere i problemi concreti di questi Paesi e rendere meno burocratizzato tutto il percorso”.
Prima di passare all’analisi delle singole situazioni nazionali, Várhelyi si è voluto soffermare proprio sulle modalità della futura integrazione dei Balcani occidentali nell’Unione Europea: “Il processo è equo e meritocratico e poggia su due pilastri fondamentali. Prima di tutto, una nuova metodologia che dia al progetto intero credibilità, prevedibilità, dinamismo e un chiaro orientamento politico. Così facendo possiamo impostare una serie di vertici con i Paesi balcanici che tengano conto delle loro reali necessità”. E poi l’aspetto economico: “Attraverso il Piano economico di sviluppo sostanziale cercheremo di colmare rapidamente il divario che esiste attualmente tra l’Unione e questi Paesi, per farli entrare in un’economia di mercato forte, resiliente e sostenibile”.
Con queste premesse il commissario per la Politica di allargamento si è potuto sbilanciare sulle tempistiche dell’integrazione, secondo i diversi stadi in cui si trovano i singoli Paesi: “I negoziati con Serbia e Montenegro continueranno, ma molto più spediti tra la fine di quest’anno e il prossimo. Per quanto riguarda Macedonia del Nord e Albania, vogliamo approvare entro fine anno i quadri negoziali per l’adesione proposti al Consiglio europeo, per poter avviare poi la prima conferenza intergovernativa”.
L’integrazione dei Balcani occidentali
Tra tutti, lo scenario serbo è quello più delicato. “Dopo le elezioni dello scorso giugno (vinte largamente dal Partito progressista del presidente Aleksandar Vučić, ndr) la Serbia ha una forte maggioranza, che deve lavorare ora alle riforme sullo Stato di diritto”, ha affermato il commissario Várhelyi. Dopo l’acquisizione dello status di candidato il 1° marzo 2012 e l’avvio dei negoziati di adesione 21 gennaio 2014, “sono stati aperti 18 capitoli su 35”. Ma negli ultimi giorni i rapporti sono diventati più tesi, quando l’Unione Europea ha chiesto alla Serbia di non partecipare a un’esercitazione militare prestabilita con la Bielorussia. Nell’accettare la posizione di neutralità militare, il ministro della Difesa, Aleksandar Vulin, ha denunciato che “la Serbia è sotto pressione orribile e immeritata da parte dell’Ue”.
Oltre a questo, il commissario ha indicato anche un altro aspetto cruciale nell’integrazione della Serbia e di tutta la regione: la normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. “Senza una risoluzione delle controversie tra Belgrado e Pristina non si va da nessuna parte. Serve più velocità nel dialogo mediato dall’Unione Europea. Ma allo stesso tempo sono soddisfatto del sostegno degli Stati Uniti, perché è un nostro partner e il suo intervento per risolvere le questioni economiche può far progredire l’intesa”, ha sottolineato, aggiungendo poi: “Bene anche i progressi nel processo di riforme del governo kosovaro negli ultimi due anni”.
Parlando poi del Montenegro, Várhelyi si è lasciato scappare un sorriso nel ricordare che per la prima volta negli ultimi 30 anni stiamo assistendo alla nascita di un governo che non sia riconducibile al presidente Milo Đukanović: “Entro l’inizio di ottobre dovremmo conoscere la formazione del nuovo Parlamento e del nuovo governo”.
I tre blocchi di opposizione al presidente hanno raggiunto un’intesa proprio ieri (mercoledì 9 settembre), dopo aver conquistato 41 seggi su 81 alle elezioni di domenica 30 agosto. In conferenza stampa hanno firmato l’accordo che porterà a un governo di esperti e tecnici. “Ma il Paese deve lavorare ancora molto sulle riforme, in particolare sullo Stato di diritto”. Dall’avvio dei negoziati il 29 giugno (del 17 dicembre 2010 lo status di candidato) “tutti i capitoli sono ancora aperti“.
“Nel frattempo stiamo lavorando con il governo della Macedonia del Nord (del premier socialdemocratico Zoran Zaev, riconfermato alle elezioni del 15 luglio scorso, ndr) per accelerare le riforme, soprattutto sullo Stato di diritto, la lotta contro il crimine organizzato, la corruzione e la stabilizzazione dei rapporti con i Paesi vicini”, ha puntualizzato il commissario. Dopo aver ottenuto lo status di candidata il 12 dicembre 2005, la Macedonia del Nord attende da quasi 15 anni l’apertura dei negoziati (raccomandati dalla Commissione al Consiglio europeo già nel 2009).
Anche per quanto riguarda l’Albania, Várhelyi si aspetta che il processo di avvio dei negoziati avvenga entro la fine dell’anno: “È però essenziale che la situazione nel Paese si stabilizzi. Abbiamo registrato con favore la riforma elettorale secondo le nostre indicazioni e le numerose operazioni antidroga degli ultimi mesi con il supporto della Guardia di finanza italiana. All’inizio del mandato tanti mi avevano detto di lasciare perdere, ma in pochi mesi abbiamo ottenuto fiducia e credibilità”. L’Albania è candidata a Paese membro dell’Ue dal 27 giugno 2014.
E infine la Bosnia ed Erzegovina: “Si trova nello stadio più arretrato, bisogna prima di tutto lavorare sulle 14 priorità fondamentali. Ma siamo favorevoli a confrontarci con le autorità bosniache per guidarle in un percorso di riforme”, ha concluso il punto della situazione il commissario europeo.
Il coinvolgimento italiano
“I Balcani occidentali sono una delle aree strategicamente più importanti sia per l’Unione Europea che per l’Italia. Da lungo tempo i Paesi della regione stanno aspettando l’integrazione, chiediamo che si acceleri questo processo per non frustrare le aspettative dei popoli“, ha esordito il presidente della commissione Affari esteri della Camera dei deputati, Piero Fassino. “Abbiamo necessità di ampliare la loro inclusione, per questo accogliamo con grande favore la ripresa e i progressi del dialogo tra Serbia e Kosovo. L’Unione Europea deve avere una visione coerente e precisa, perché si possa lavorare alla stabilità del Mediterraneo e della rotta balcanica“, ha continuato Fassino. “Tutto questo è anche nel nostro interesse nazionale”.
Un interesse strategico confermato dal commissario Várhelyi: “Questa è una grande opportunità, non solo a livello politico, ma anche economico. Non bisogna dimenticare che il 70% degli investimenti nei Balcani occidentali viene da Paesi dell’Unione Europea e che l‘Italia è il secondo partner commerciale della regione. Ecco perché bisogna integrare la regione nel Mercato unico europeo”. Il commissario ha quindi insistito sul fatto che questo sforzo non può prescindere dal sostegno di ogni Paese membro: “Senza il coinvolgimento dei Parlamenti europei non è possibile la politica di integrazione. All’Italia, che è un attore imprescindibile nei Balcani occidentali, chiedo sostegno per il mio lavoro e per quello di tutta la Commissione”.