Bruxelles – “Smettete di finanziare la nostra mafia”. È questo uno degli appelli diretti all’Unione Europea da parte dei manifestanti di Sofia, che per il 54esimo giorno consecutivo sono scesi nelle strade della capitale e di altre città bulgare per protestare contro il livello di corruzione e autoritarismo raggiunto nel Paese. Gli accusati sono il premier conservatore Boyko Borissov e il procuratore generale Ivan Ghescev, ma davanti all’edificio della rappresentanza della Commissione Europea a Sofia sono stati molti i cartelli e i messaggi che hanno invitato a un maggiore impegno da parte dell’Europa nel prendere una posizione decisa a riguardo.
Estate di proteste
Lo scoppio delle proteste si è verificato il 9 luglio 2020, in occasione di alcuni arresti nell’entourage del presidente della Repubblica, Rumen Radev. In particolare quelli del consigliere per la sicurezza, Ilija Milousev, e del segretario per le questioni legali e la lotta alla corruzione, Plamen Ouzounov: il primo è accusato di divulgazione di segreti di Stato, mentre il secondo è sospettato di traffico di influenze illecite. L’ingresso delle forze dell’ordine armate nell’ufficio presidenziale ha riaperto lo scontro fra capo del governo (conservatore) e il presidente della Repubblica (socialista), scatenando la reazione del Partito socialista e di migliaia di cittadini bulgari.
Le proteste sono continuate ininterrottamente per tutta la settimana seguente e sono state riaccese il 14 luglio, quando il leader del partito populista e conservatore Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) ha proposto la convocazione di una Grande assemblea nazionale per modificare la Costituzione, soprattutto nella parte relativa al sistema giudiziario.
Non è bastata una mozione di sfiducia respinta dal Parlamento il 21 luglio a calmare i manifestanti: per tutto il mese di agosto è rimasto fisso l’accampamento in piazza dell’Indipendenza e bloccate le vie d’accesso al palazzo del Consiglio dei ministri, all’Università di Sofia e all’Orlov Most (il ponte delle Aquile). Ogni sera, intorno alle 21, si tiene una marcia lungo la via dei ciottoli gialli, nel cuore della capitale bulgara.
Appello alle istituzioni europee
Proprio durante la marcia di lunedì 31 agosto è stato preso di mira il palazzo di rappresentanza della Commissione Europea a Sofia, sotto lo slogan di “Apriamo gli occhi!”. Diversi manifestanti hanno protestato con cartelli stradali, caschetti da lavoro e gillet gialli: “È come se fossimo muratori e operai edili che hanno deciso di interrompere il cantiere europeo chiamato Democrazia di Facciata”, hanno spiegato i portavoce del movimento. “Abbiamo dato a questa protesta un’angolazione europea, per ottenere un maggiore effetto mediatico e una risposta dalle istituzioni comunitarie”.
La mancanza di una reazione da parte della Commissione alla situazione nel Paese e l’accusa di non controllare a sufficienza dove vanno a finire i fondi Ue destinati alla Bulgaria sono state le ragioni che hanno spinto i manifestanti di fronte alla rappresentanza Ue: “Non siamo contro l’Unione Europea, ma vogliamo attirare l’attenzione sugli ambienti oligarchici di tipo mafioso, protetti da procura e governanti”, hanno continuato i portavoce.
“Noi e l’Unione Europea, che è un nostro partner, dobbiamo aprire gli occhi su tutte le bugie che ci circondano e sulla vera natura della democrazia in Bulgaria”. Migliaia di manifestanti ogni giorno pretendono le immediate dimissioni di Borissov e di Ghescev, per aver indebolito le istituzioni statali a beneficio di potenti magnati e per essere considerati inadatti a rivestire i rispettivi ruoli. Chiedono anche elezioni anticipate nell’autunno del 2020, prima di quelle in calendario nella primavera del 2021.
Per il 55esimo giorno di proteste (martedì 1 settembre), i movimenti e i partiti di opposizione hanno organizzato una manifestazione ancora più estesa e partecipata rispetto agli ultimi giorni.