Bruxelles – Sono decine di migliaia. Sono tornati a scendere in piazza ieri, 23 agosto, a Minsk, in Bielorussia, per protestare contro il risultato delle elezioni presidenziali del 9 agosto che hanno conferito al presidente in carica Alexander Lukashenko un nuovo mandato. Il sesto dal 1994. A due settimane esatte dal voto, la capitale della Bielorussia è ancora in fermento per la seconda domenica consecutiva, per chiedere una transizione democratica nel Paese e spodestare Lukashenko, battezzato l’ultimo dittatore d’Europa.
Police: „Dear citizens, this is an unauthorized mass meeting…“ But people dont care, even the street which leads to the square is PACKED. pic.twitter.com/8W1MCElJZt
— Paul Ronzheimer (@ronzheimer) August 23, 2020
Giovani, meno giovani, intere famiglie, tutti dissidenti. Difficile stimarne i numeri esatti anche se sui social e sui media gira voce che siano stati più di 100 mila i partecipanti. Un mare rosso e bianco (i colori della bandiera simbolo della protesta) che colora le strade di Minsk e riempie la piazza dell’Indipendenza, protestando in maniera pacifica, come garantiscono i media presenti, nonostante la “linea dura” adottata dal presidente bielorusso e le minacce di scatenare l’esercito per sedare le proteste e gli scioperi in corso nel Paese da giorni ormai. Le proteste scaldano una Minsk blindata dall’esercito mentre il presidente si è fatto filmare nell’atto di sorvolare in elicottero i luoghi della protesta con addosso un giubbotto antiproiettile e con un kalashnikov in mano. “Sono fuggiti come topi”, avrebbe detto, come riportato dal Guardian.
Le proteste sono scoppiate dopo le elezioni presidenziali, che secondo i dati ufficiali sono state stravinte da Lukashenko con l’80 per cento dei voti. Le opposizioni hanno però accusato il governo di brogli, sulla base delle preferenze raccolte da una serie di osservatori indipendenti, riconoscendo Svetlana Tikhanovskaja, leader dell’opposizione unita, come legittima vincitrice. Dopo aver visto l’esito elettorale, Tikhanovskaja si è rifugiata in Lituania dove risiede tuttora.
Hugely impressed by massive and peaceful demonstrations in Minsk and across #Belarus. They show determination and courage of the Belarusian people to seek democratic change.
Authorities must enter into a national dialogue without delay.
— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) August 23, 2020
Le manifestazioni in Bielorussia mostrano “determinazione e coraggio del popolo di Bielorussia che chiede un cambiamento democratico”, scrive l’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, in segno di solidarietà con la popolazione di Minsk. Bruxelles ha reagito nelle scorse settimane disconoscendo l’esito del voto che ha conferito a Lukashenko il nuovo mandato. L’esito elettorale è disconosciuto anche dai leader europei che in un Summit straordinario del 19 agosto scorso hanno annunciato “presto sanzioni contro un importante numero di persone responsabili delle violazioni contro i manifestanti e contro i responsabili delle frodi”.
L’UE ha condannato il regime di Lukashenko ma intende favorire il dialogo interno. Secondo il capo della diplomazia europea è necessario “continuare a trattare con il presidente e agevolare una transizione pacifica”. L’Unione europea non ha “alcuna intenzione di trasformare la Bielorussia in una seconda Ucraina”, ha affermato in un’intervista al quotidiano “El Pais”. Secondo Borrell, infatti, il caso della crisi in Ucraina del 2014 non è paragonabile alla crisi in Bielorussia di oggi. Non ha una vera dimensione geopolitica, si protesta contro un presidente e per una transizione democratica, non per un nuovo allineamento di natura geopolitica. In sostanza, la questione oggi “non è scegliere tra la Russia e l’Europa, ma raggiungere la libertà e la democrazia, che sono valori fondamentali dell’Unione europea” e che quest’ultima, sottolinea Borrell, si impegna a “sostenere”.
Chiarisce ancora, sintetizzando quanto affermato dai leader al Consiglio europeo, che l’Unione europea “non riconosce Aleksandr Lukashenko come presidente democraticamente eletto”, così come non riconosce anche il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro. “Ci piaccia o no, aggiunge, essi controllano il governo e noi dobbiamo continuare a trattare con loro”. Per Bruxelles adesso è importante “spingere per una riforma politica, ma evitare di apparire come un fattore di distorsione, che è il modo in cui potremmo essere percepiti dalla parte russa”. In altri termini, la linea da tenere è quella di scongiurare interferenze in Bielorussia, da parte dell’UE ma anche da parte della Russia.
Nel caso dell’Ucraina e dell’annessione illegale della penisola di Crimea, la tensione tra l’Europa e la Russia si è conclusa “con la violenza e la disintegrazione del territorio ucraino che è ancora in corso”, aggiunge. “Ecco perché oggi siamo in contatto con la Russia, per evitare malintesi e che si prendono decisioni da parte russa che potrebbero destabilizzare la situazione”. Intanto si attendono in settimana dettagli più precisi riguardo alle sanzioni individuali stabile in seno al Consiglio straordinario di agosto.