Bruxelles – Restare a vivere a casa con mamma e papà? Un’abitudine soprattutto italiana. I figli d’Italia sono quelli che più fanno fatica a lasciare il tetto familiare, confermando la nomea di ‘bamboccioni‘. Risultato: la metà delle persone di età compresa tra i 25 e i 34 anni si trovano ancora con i genitori. Il 49,2% di loro, per la precisione. Un dato ben oltre la media europea (30,5%) e assai più elevato degli indici scandivi. In Danimarca (3,2%), Finlandia (5,4%) e Svezia (6,4%) una volta compiuti i 25 anni i figli se ne vanno. Ma in Italia restano.
A pubblicare la speciale graduatoria è Eurostat, in occasione delle giornata della gioventù. L’istituto di statistica europeo mette in risalto le diverse abitudini dei popoli europei. I nordici sono quelli più ‘indipendenti’, mentre i Mediterranei quelli che se la prendono più comoda. Questioni culturali, ma non solo. L’abbandono del nucleo familiare, rileva Eurostat, “è spesso influenzato dal fatto che i giovani abbiano o meno una relazione con il partner o studino, dal loro livello di indipendenza finanziaria, dalle condizioni del mercato del lavoro, l’accessibilità economica degli alloggi”.
Sono diversi i fattori a spingere i figli a rimanere o a restare a casa. Ma tendenze generali si ricavano dai dati. Se, come detto, in Scandinavia e nei Paesi Bassi si tende ad abbandonare il nido presto, dall’altro lato negli Stati membri meridionali dell’UE i giovani si trasferiscono intorno ai 30 anni, fermandosi più a lungo. Così i giovani adulti in Croazia e Slovacchia lasciano la casa in media rispettivamente all’età di 31,8 e 30,9 anni. Seguono i giovani adulti d’Italia (30,1 anni) e Bulgaria (30,0 anni), quindi quelli di Malta (29,9 anni), Spagna (29,5 anni), Portogallo (29,0 anni) e Grecia (28,9 anni).
Sono soprattutto i maschi a rimanere a casa. In quasi tutti gli Stati membri dell’UE, le giovani donne tendevano a lasciare la famiglia dei genitori prima degli uomini. L’unica eccezione il Lussemburgo (20,3 anni per le donne, rispetto a 20,0 anni per gli uomini).