Bruxelles – La Romania è oggi, insieme alla Spagna, uno dei paesi UE con il più alto numero di contagi da Covid-19, e secondo alcuni media romeni potrebbe diventare quello che era l’Italia a marzo o aprile. Qualche mese fa, questo Paese e altri dell’Europa sud-orientale sembravano relativamente al riparo. Da quel 22 marzo, giorno del primo decesso (con 66 casi totali) a oggi la situazione in Romania è cambiata radicalmente. Il 31 luglio è stato infatti registrato il picco di casi avuti finora, 1.356, anche se la mortalità è molto bassa. Se guardiamo ai dati forniti dall’ECDC relativi alla progressione degli ultimi due mesi, notiamo che tra fine aprile e maggio i casi erano molto diminuiti, per riprendere la settimana successiva alla fine del lockdown.
La vera escalation è cominciata il primo luglio, con 388 casi, un aumento considerevole rispetto ai 269 del giorno prima, per passare ai 637 di metà mese e al raddoppio a fine mese. Oggi, 4 agosto, si registrano 823 nuovi casi.
Come mai cifre così elevate? Sono in parte dovute agli assembramenti dei giorni estivi, alle scampagnate per le grigliate in famiglia, ai riti e pellegrinaggi presso luoghi di culto molto partecipati della religione ortodossa, e anche alla scarsa osservanza delle indicazioni sanitarie del ministero della salute e dell’OMS.
Ma c’è un altro fattore che sta condizionando l’andamento dei contagi nel Paese: la disinformazione di matrice esterna, probabilmente russa. Lo denuncia qualche giorno fa un’analisi di Politico. La Romania sarebbe vittima di “diversi tipi di campagne di disinformazione”, afferma Raed Arafat, capo del dipartimento per le situazioni di emergenza. Le notizie false penetrano nel Paese tramite le televisioni e altri canali, che riportano spesso opinioni di esperti improvvisati o medici non specializzati in Covid19, che cercano di “convincere i giovani a non indossare le mascherine” e a non adottare le misure di prevenzione, con motivazioni anti-scientifiche e contro le raccomandazioni delle autorità. A colorire il quadro, le manifestazioni di negazionisti e no-vax fomentate da siti di disinformazione come Sputnik.
Ma è soprattutto il fattore politico a intorbidire le acque nella vicenda Covid in Romania. Diversi sono gli esponenti politici che intenzionalmente fanno propaganda anti-Covid sui media, soprattutto esponenti del partito socialdemocratico (PSD), non più al governo, che è retto da una coalizione di minoranza, ma con ancora la maggioranza dei seggi in Parlamento. Se si pensa che a settembre si terranno le elezioni amministrative e forse a fine anno le parlamentari, questi eventi appaiono preoccupanti. Il PSD, il partito che ha cercato negli ultimi anni di assoggettare la Romania con riforme antidemocratiche, è in difficoltà da molto tempo, come rilevano dati di pochi giorni fa che lo piazzano al 24%, e potrebbe cercare una riscossa con metodi tutt’altro che corretti. Il partito liberale conservatore (PNL), invece, che aveva registrato un forte calo dei consensi, si riconferma come primo partito (33%), nonostante gli scandali di corruzione, mentre l’Alleanza dei due partiti di centro USR-PLUS, per la prima volta insieme nei sondaggi nazionali, è al 17% (22,4% alle europee).
I social media sono certamente piattaforme su cui la propaganda anti-Covid corre veloce, con esponenti che fanno riferimento a dati che il governo “terrebbe nascosti ai romeni”. Governo che non presenterebbe, a loro dire, i dati reali sulla situazione effettiva dei contagi. Il premier Ludovic Orban è intervenuto dicendo che questo tipo di comunicazione incoraggia sistematicamente la cittadinanza a “sminuire il pericolo della pandemia“, e a non rispettare le misure di protezione. Una strategia che fa leva anche sullo scarso livello di istruzione, inclusa quella digitale, di molte zone rurali del Paese (dove il PSD ha tradizionalmente molto seguito), in cui durante il lockdown solo 2 bambini su 5 hanno frequentato lezioni scolastiche online e oltre la metà delle famiglie non dispone di dispositivi digitali.
A complicare le cose, qualche settimana fa una sentenza della Corte Costituzionale aveva vietato di imporre la quarantena obbligatoria, l’isolamento o le cure ospedaliere sui parenti infetti, misure che d’ora in poi devono essere decise dal Parlamento e non da ordinanze ministeriali. Questo ha lasciato le autorità con poche prerogative in materia di Covid, con il risultato che, a detta del ministro della salute, circa 30.000 pazienti avrebbero interrotto la quarantena o l’isolamento e diverse centinaia di positivi al virus avrebbero lasciato gli ospedali, contro il parere dei medici.
“Chi è predisposto a credere alle teorie della cospirazione ha un rischio maggiore di contrarre il coronavirus“, afferma ancora un analista romeno citato da Politico, il quale menziona un sondaggio secondo cui il 41% dei romeni ritiene che il coronavirus sia un’arma biologica fabbricata dagli Stati Uniti, un dato che sarebbe “paragonabile a quello di altri Paesi dell’Europea centro-orientale”. Tuttavia il sondaggio, che è articolato e analizza consumo dei media, fact-checking, fiducia nei media e nelle istituzioni e teorie della cospirazione, è stato effettuato alla fine di marzo, e non tiene dunque conto degli sviluppi degli ultimi mesi, inquadrando piuttosto un fenomeno presente nel Paese a prescindere dalla pandemia.
Eppure il 69% dei romeni ritiene che le notizie e le informazioni false o che distorcono la realtà rappresentino un pericolo per la democrazia (la media europea è del 76%). Ci sarà molto da fare per diminuire l’azione delle campagne di disinformazione messe in atto in Romania e in altri stati membri dell’UE, ma anche nei Paesi confinanti. L’UE è da anni al lavoro con diverse iniziative, tra le tante il progetto EUvsDisinfo del Servizio europeo per l’azione esterna, che opera affinché i cittadini europei e fuori dall’Europa diventino più consapevoli, resistendo alla manipolazione delle informazioni digitali e dei media.