di Carlo Ricchi
Il primo aprile del 2021 anno ricorreranno i dieci anni dall’entrata in vigore del Diritto d’iniziativa dei cittadini europei (ICE), unico mezzo insieme alla petizione per dar voce direttamente agli abitanti dell’Unione. Questo strumento consente, a un comitato di sette cittadini di sette Stati Membri diversi, di presentare alla Commissione una proposta di atto giuridico, che raccolga un milione di firme in almeno un quarto degli Stati, su un tema specifico di pertinenza dell’UE.
Ai tempi della sua introduzione, l’ICE fu salutato sotto i migliori auspici; anche il progetto interateneo “Finestra sull’Europa” dedicò l’uscita di aprile 2013 sottolineandone le potenzialità. A un decennio di distanza il bilancio non può dirsi però positivo. Sinora sono state presentate 74 iniziative, con una media inferiore alle dieci l’anno, di cui solo cinque sono riuscite a raggiungere il milione di adesioni necessarie. In più, nonostante i promotori degli ICE presentino spesso dei punti programmatici ben definiti, la Commissione tende a rispondere a queste sollecitazioni semplicemente con comunicati nei quali spiega la propria politica in maniera o, tuttalpiù, con azioni legislative che recepiscono solo in minima parte i punti dei proponenti. Tante sono le cause di questo insuccesso: un iter lungo e complesso, la scarsa conoscenza dello strumento, una generale disaffezione verso la partecipazione attiva alla vita politica, quella europea in particolar modo.
Per provare a porre rimedio a queste criticità, la Commissione ha approvato nel 2019 una riforma del regolamento dell’ICE in vigore dal primo gennaio di quest’anno. Tra le maggiori novità spicca l’introduzione di un registro comune elettronico, finanziato interamente dal bilancio UE, che possa garantire adeguata visibilità a tutte le iniziative presentate. Inoltre, la Commissione ha l’obbligo di trasmettere le iniziative al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e ai parlamenti nazionali, affinché possano concorrere ad azioni legislative esaustive. Gli organizzatori hanno anche diritto di presentare il proprio ICE in un’audizione organizzata presso i locali del Parlamento Europeo alla presenza di tutte le istituzioni europee, dei vari parlamenti nazionali e di rappresentanti della società civile. Gli Stati membri devono invece farsi carico dell’iter burocratico, attraverso la designazione di apposite autorità competenti al rilascio delle certificazioni necessarie e alla verifica della correttezza delle procedure.
Il nuovo regolamento ha avuto la sfortuna di vedere la luce in contemporanea con lo scoppio della pandemia che inevitabilmente ha rallentato l’applicazione delle nuove norme. Per questo il Consiglio e il Parlamento Europeo hanno deciso di estendere di sei mesi il tempo utile per la raccolta firme. Da qui a breve si potrà costatare se questi interventi saranno stati realmente utili a rilanciare uno strumento mai veramente partito.