Bruxelles – L’accordo tra i capi di Stato e governo raggiunto il 21 luglio è storico. Nessuno lo contesta e di questo quasi tutto l’emiciclo del Parlamento europeo è consapevole, soprattutto conoscendo le posizioni di partenza dei leader così distanti tra loro. Ma l’accordo è storico soprattutto perché, in maniera inedita, mette sul tavolo l’idea di una mutualizzazione del debito a livello europeo, come i deputati europei hanno chiesto esplicitamente in una risoluzione votata e datata 15 maggio.
Dal vertice straordinario esce una risposta comune europea, ma non per questo non può essere migliorata. Anzi, dovrà essere migliorata se Charles Michel e Ursula von der Leyen, insieme ai leader europei, vogliono incassare il via libera del Parlamento europeo al bilancio a lungo termine dell’Unione. Questo chiedono gli eurodeputati ai vertici di Commissione e Consiglio: lo scrivono nero su bianco in una risoluzione approvata con larga maggioranza (465 voti favorevoli, 150 voti contrari e 67 astenuti) e lo ribadiscono in seduta plenaria, evidenziando le principali criticità nella proposta. Non è una vera e propria bocciatura da parte del Parlamento europeo all’accordo trovato al Consiglio, quanto un invito a renderlo attivamente partecipe di un miglioramento della proposta dei leader. L’accordo del 21 luglio è una buona base di partenza e il Parlamento “è pronto a esprimersi per migliorare la proposta”.
Tra gli eurodeputati italiani votano compatti a favore della risoluzione Partito democratico, Movimento 5 stelle, Azione, Italia Viva e Forza Italia, mentre si sono astenuti i rappresentanti di Lega e Fratelli d’Italia.
Tagli al futuro dell’Unione europea
I gruppi politici di maggioranza che firmano la risoluzione – PPE, S&D, Renew Europe con Verdi e GUE – sono compatti nel rifiutare i tagli previsti a interi capitoli di spesa del bilancio, perché “mettono in discussione il futuro dell’Europa”. Questo è il nodo centrale. L’accordo infatti si è fatto, ma a discapito di quelle che sono considerate politiche a lungo termine dell’Unione europea. Ricerca, salute (“come si fa a tagliare i fondi alla sanità nel pieno di una pandemia?”, la domanda di molti), lo stesso Green Deal che dovrebbe essere il cardine dell’attuale legislatura, nonché giovani, politica agricola comune, senza dimenticare immigrazione e vicinato. Rispetto alla proposta della Commissione europea, per esempio, il programma Horizon dedicato alla ricerca scende ad esempio da 13,5 a 5 miliardi di euro oppure il Just Transition Fund che dovrebbe accompagnare la riconversione verde dei Paesi più dipendenti dalle fossili si riduce da 30 a 10 miliardi.
Da parte del Partito popolare europeo non c’è alcuna intenzione di “accettare il Quadro finanziario pluriennale nella sua forma attuale” avverte il capogruppo Manfred Weber. “Manca di ambizione e non rispetta le nostre priorità”. Bisogna fare di meglio e per il Parlamento europeo auspica un ruolo di primo piano nel supervisionare come le risorse saranno gestite, attraverso un meccanismo di condivisione della governance tra Europarlamento e Consiglio (come auspicato anche da David Sassoli). “Temiamo che i soldi possano essere spesi per egoismi nazionali, invece dobbiamo investire le risorse in progetti davvero europei”.
Questo è un passaggio comune a tutti i gruppi di maggioranza. Tagliare determinate voci di spesa del bilancio per dare più importanza allo strumento di ripresa Next Generation EU significa scommettere più sulle politiche dei singoli Stati membri, che puntare sulle politiche di investimento in progetti comuni europei. Riconoscere la dimensione “storica della decisione, non ci può impedire di guardare le criticità” che ancora persistono nell’accordo. Lo sottolinea Dacian Cioloș, capogruppo di Renew Europe, per il quale bilancio e piano di ripresa dovrebbero finanziare “progetti europei e non tanto quelli nazionali. I programmi nazionali devono integrare quelli europei”. Tuttavia il QFP non è al momento “dotato di mezzi sufficienti per finanziare ricerca, giovani, ambizioni climatiche”.
Sulla stessa linea il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). “Non accetteremo tagli per obiettivi a lungo termine che devono rendere l’Unione europea più resiliente” mette in guardia la capogruppo Iraxte Garcia Perez. “Quando la politica smette di essere utile per le persone, le persone perdono fiducia nella politica stessa”. Riconosce però che fino a pochi mesi fa l’idea di emettere debito comune sarebbe stata impensabile e il fatto di essere riusciti a mettere d’accordo i governi europei “lo dobbiamo soprattutto al Parlamento europeo”. Le fa eco anche l’italiana dem Simona Bonafè, secondo cui al Summit “ha vinto la solidarietà europea”. Tuttavia, aggiunge rivolgendosi a presidente Michel, ora bisogna fare uno sforzo ulteriore per migliorare la proposta di Bilancio, “noi siamo qui per questo”. Ancora più duri i toni usati dalla Sinistra unitaria (GUE). Il capogruppo Martin Schirdewan parla di occasione mancata, la “proposta di bilancio non è ambiziosa al punto di farsi carico della ripresa economica dell’Unione europea”. Tra le file dei conservatori di ECR, che hanno avanzato una propria proposta di risoluzione, si evidenzia soprattutto la delusione per l’aver rinunciato a “una soluzione ponte” per anticipare il trasferimento delle risorse. Queste “non saranno a disposizione da qui a un anno e per questo la risposta potrebbe essere tardiva” avverte Roberts Zile.
L’Aula è estremamente compatta su questo, fatta la solita eccezione per quei deputati estremisti o sovranisti che il più delle volte si scagliano contro l’idea stessa di Unione europea. “L’accordo raggiunto in sede al Consiglio Europeo è macroeconomicamente irrilevante” accusa Marco Campomenosi, capo delegazione della Lega all’Europarlamento, che guarda all’Italia. “I benefici presunti per l’Italia ancora non sono ancora determinabili, non sappiamo ancora con quali risorse finanzieremo questi interventi e alcune ipotesi ci preoccupano perché rischiano di penalizzare alcuni settori produttivi importanti”.
A loro si rivolge il presidente Charles Michel con toni asciutti nel pieno del dibattito parlamentare: “Ho sentito le dichiarazioni miserevoli dei partiti estremisti. Voi scegliete il ripiegamento, l’odio, la separazione, il rigetto. Noi scegliamo l’apertura, la tolleranza, l’unità. E’ un giorno triste per voi. E’ un giorno felice per l’Europa e i cittadini”.
Condizionalità sullo stato di diritto e risorse proprie
Non è solo la portata del QFP a non andare bene. I gruppi sono compatti nel rifiutare le conclusioni dei leader sulla condizionalità allo stato di diritto, fortemente annacquata per concedere qualche “garanzia” in più a Stati come l’Ungheria che in sede di Consiglio hanno cercato di limitarne ogni riferimento. Qualcuno potrebbe considerarla una piccola sconfitta o concessione fatta per riuscire a trovare una quadra d’insieme tra Ventisette posizioni divergenti. Ma l’emiciclo ne fa una battaglia personale, anche a nome della Commissione europea che in più di un’occasione ha insistito per inserire nel pacchetto negoziale un meccanismo di controllo delle risorse di bilancio da chi non rispetta i valori europei.
Il PPE chiede un meccanismo sulla tutela dello stato di diritto chiaro e una “tabella di marcia per applicazione dei principi” avverte Weber. “Senza democrazia non c’è Europa, e nessun euro sarà finanziato per governi che non rispettano il principio dello stato di diritto” sottolineano anche tra le file dei Socialdemocratici. “Non si possono usare soldi di tutti per picconare stato di diritto e democrazia” afferma Simona Bonafé. Anche da Renew Europe il messaggio è chiaro: il gruppo darà l’ok al bilancio solo se ci sarà un dispositivo serio per monitorare le condizioni dello stato di diritto. “Per garantire che con il bilancio non si finanzi i politici che dimenticano i valori fondamentali dell’UE” aggiunge anche Ciolos (RE). Nel testo di risoluzione gli eurodeputati insistono sull’introduzione del sistema di voto a maggioranza qualificata inversa”, come richiesto dall’Esecutivo comunitario, per rendere più difficile in seno al Consiglio formare minoranze di blocchi tra piccoli gruppi di Paesi.
I deputati tornano a insistere inoltre sull’introduzione di un paniere di risorse proprie dell’Unione europea, per renderla autonoma finanziariamente. Pur apprezzando la menzione nel testo delle conclusioni del vertice europeo, si aspettano “tempi e modalità precise per la loro introduzione”.
L’esito della votazione sulla risoluzione era scontato e non stupisce l’ampia convergenza dei gruppi parlamentari. Non è altrettanto scontato che il Parlamento riesca nell’intento di rialzare l’ambizione del QFP rimodulando alcuni capitoli di spesa durante i negoziati con Commissione e presidenza tedesca di turno al Consiglio UE. In quel caso potrebbe decidere di bocciare in toto la proposta di bilancio, anche se significherebbe posticipare ancora lo sblocco delle risorse. Dal dibattito di oggi in plenaria emerge però molta fiducia tra i gruppi parlamentari sul fatto che riusciranno nell’intento di correggere i tagli al Bilancio imposti da Michel, che potrebbero essere un grande errore per il futuro dell’UE.