Roma – E’ stato uno dei punti più discussi e contrastati del Consiglio europeo del 17/21 luglio e che ha impegnato in un braccio di ferro durissimo tra il premier italiano Giuseppe Conte e l’olandese Mark Rutte. Riguarda le modalità di approvazione e di monitoraggio dei piani nazionali che dovranno esser finanziati con il Recovery fund. L’evocazione di un processo di governance e condizionalità che possa prevedere il diritto di veto da parte di un singolo membro, come chiesto dai Paesi bassi, ha fatto scattare l’allarme sia sui vincoli preventivi sia nella fase intermedia dei pagamenti. Nelle conclusioni, come si vedrà, viene stabilito che non c’è un diritto di veto e che l’ultima decisione spetta comunque alla Commissione europea.
Intanto è giusto premettere che il ‘freno di emergenza’ è un meccanismo non nuovo nel processo decisionale dell’UE, già previsto e codificato per alcune materie d’intervento e introdotto nel trattato di Lisbona.
Si tratta in questo caso di un’applicazione specifica per lo strumento del fondo comune, che rappresenta una novità esclusiva per l’Unione.
Il percorso dei piani nazionali di rilancio 2021-2023 comincia con le proposte inviate alla Commissione europea entro la metà di ottobre. Questi dovranno essere coerenti con le raccomandazioni specifiche per ogni Paese con i Piani nazionali di riforma e contribuire alla transizione verde e digitale, alla crescita e la creazione dei posti di lavoro. La valutazione sarà affidata al Consiglio UE (che è diverso dal Consiglio europeo che riunisce i capi di Stato e di governo), che li approva a maggioranza qualificata, cioè 15 Paesi su 27 che rappresentino il 65 % della popolazione dell’Unione.
Ultimata questa fase che richiederà complessivamente tre mesi (due per l’esecutivo e quattro settimane il Consiglio) per quelle successive di pagamento viene chiamato in causa per un parere il Comitato economico e finanziario organismo che riunisce alti funzionari delle amministrazioni nazionali e delle banche centrali, della BCE e della Commissione. Questo valuta la coerenza dei target intermedi e finali dei piani ed è in questo preciso passaggio che potrebbe scattare il ‘freno di emergenza’. “Qualora, in via eccezionale, uno o più Stati membri ritengano che vi siano gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali concordati nei piani, possono chiedere il rinvio al Consiglio europeo”.
In questo caso, l’erogazione dei pagamenti viene congelata, e la Commissione non potrà sbloccarli fino a quando il Consiglio europeo non avrà discusso la questione. Questo processo non potrà durare più di tre mesi con un riferimento di conformità all’articolo 17 del trattato dell’UE e all’articolo 317 del trattato di funzionamento dell’UE. In riferimento a queste norme che l’Italia ha chiesto e ottenuto di allegare alle conclusioni del vertice il parere legale degli uffici UE