Roma – Al suo ingresso nell’aula del Senato è stato accolto da una standing ovation, e così Giuseppe Conte si prende una rivincita sul clima di sufficienza e poca convinzione che lo aveva accolto appena una settimana fa alla vigilia del vertice.
L’informativa in Parlamento sugli esiti del Consiglio europeo, che aveva in agenda il fondo per la ripresa e il bilancio settennale dell’UE, ha subito messo in evidenza i passi da fare nel prossimo futuro, gli impegni del governo per sfruttare nel migliore dei modi le risorse.
E al di là di “un risultato per noi persino migliore rispetto alle premesse”, ha detto il presidente del Consiglio, “l’intesa è stata un passaggio fondamentale dell’Europa che è stata all’altezza della sua storia e della sua missione”, quella risposta adeguata alla sfida, sempre chiesta dall’Italia.
Così ha ricordato che “un’interlocuzione serrata ha consentito di mantenere invariato il volume complessivo della proposta della Commissione, pur con un riequilibrio fra grants e loans”, elencando poi i diversi benefici che sono stati portati incassati dalla delegazione.
“Ma questo è un risultato che appartiene all’Italia intera e non solo al governo e alla sua maggioranza”, ha aggiunto, spingendosi fino i ringraziamenti per i ministri (menzione speciale per Enzo Amendola degli Affari europei che è stato al suo fianco per quattro giorni e quattro notti), maggioranza e opposizione. “La classe politica ha dato prova di maturità” ha detto Conte e “anche i cittadini italiani con la loro vicinanza hanno rafforzato oggettivamente la posizione e la credibilità del governo al tavolo negoziale”.
Partita dura, ha ricordato, ma anche nei passaggi più difficili è stata mantenuta la linea rossa, come nel caso del cosiddetto ‘freno di emergenza’ o nelle modalità dell’approvazione dei piani nazionali. Capitoli “per cui abbiamo mantenuto fino all’ultimo la nostra riserva, non ci sono diritti di veto” dettagli, rafforzati con “i pareri degli uffici legali dell’UE che sono stati allegati agli atti”.
Sulla composizione del Quadro finanziario pluriennale, pur con qualche vantaggio per l’Italia come la riduzione della quota annuale di finanziamento al bilancio, e i benefici sulle politiche di coesione e per lo sviluppo rurale, Conte non nasconde punti critici. Come l’aumento dei ‘rebates’, gli sconti ai Paesi ricchi che “restano un elemento anacronistico” e tuttavia sono stati usati efficacemente come arma negoziale per ottenere molto. Anche le poste sulla transizione ecologica e altri tagli su capitoli essenziali per la Next generation EU, per Conte sono un passo indietro, che spera possano essere riequilibrati dal Parlamento europeo.
Oltre le autocelebrazioni, ora il lavoro vira su ciò che tanti analisti hanno messo in luce, la capacità di spendere e la qualità dei progetti da presentare alla Commissione. In questo frangente l’auspicio è che governo e maggioranza non finiscano nella palude delle discussioni infinite su schemi o cabine di regia a cui affidare questa fase molto delicata.
In sintesi, più soldi e meno alibi, e Conte dice aver recepito la responsabilità e la spinta in questa direzione ricevuta ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. “Abbiamo già posto le basi per il piano e i progetti per i quali dobbiamo impiegare le nuove risorse in maniera efficiente” ha detto a deputati e senatori. “Lo faremo con impegno, determinazione e lungimiranza, con una forte spinta al percorso delle riforme. La credibilità dell’Italia in Europa passerà anche da qui, dimostrando di saper cogliere questa opportunità”.
Infine, “è giunto il momento di collocare il fiore della speranza al centro del giardino europeo”, chiusura presa in prestito da uno dei padri della nuova Europa, l’ex presidente della Commissione, Jacques Delors, che qualche giorno fa ha festeggiato il traguardo dei 95 anni.