Roma – Un’altra lunga notte di trattative non è bastata ai 27 leader europei a trovare l’accordo sul fondo per la ripresa post Covid e il bilancio pluriennale. Gli ultimi incontri nei diversi formati si sono conclusi che era l’alba di domenica e i lavori del Consiglio sono stati aggiornati in plenaria nel pomeriggio di lunedì, per le 16. L’incertezza apre le borse in rosso in media di mezzo punto, reagisce meglio l’Euro che si rafforza sul dollaro e lo spread dei titoli italiani sui Bund tedeschi è in leggera discesa.
Così la quarta giornata dei lavori ricomincia dal nodo più duro da sciogliere, la quantità di sussidi all’interno del Recovery fund, su cui si è manifestato un braccio di ferro durissimo tra i Paesi nordici (Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Finlandia e Austria) e tutto l’altro fronte molto ampio guidato da Italia, Spagna, Portogallo e Francia e appoggiato dalla Germania e dai leader delle istituzioni, il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Proprio Michel metterà sul piatto le due proposte, una riduzione dei ‘grants’, i sussidi a 400 o 390 miliardi di euro, opzioni diversamente articolate che potrebbero essere l’ultima offerta ai cosiddetti “frugali”, bersaglio di un lungo sfogo anche del politico belga. A coloro che tengono l’asticella a 350 ha spiegato in plenaria che fin dal primo giorno ha “ascoltato tutti con il massimo rispetto” elencando tutte le concessioni fatte, nella composizione tra sussidi e prestiti, nelle condizioni più rigide di accesso alle risorse e nella quantità dei rebate, gli sconti sul bilancio. Offerte cadute nel vuoto e così è arrivata la chiamata in causa per le responsabilità dei leader che nel caso di uno strappo emergerebbe il volto di un‘Europa debole, minata dalla sfiducia.
Secondo le due opzioni negoziali, i rimborsi per il contributo alla spesa di bilancio, i cosiddetti ‘rebates’, andrebbero di pari passo alla quantità di garanzie per la ripresa: a quota 400 miliardi corrisponderebbero rimborsi più sostanziosi. Viceversa, a tagli maggiori alle sovvenzioni fino a scendere a quota 390 miliardi di euro, corrisponderebbe uno sconto minore. Una soluzione volta a mettere tutti d’accordo, visto che a beneficiare dei rebate sono gli stessi frugali che frenano sul negoziato.
Oltre le due cifre sulla quantità di sussidi (che a questo punto sarebbero ridotti di 100 miliardi rispetto alla proposta della Commissione) “Michel non ha voluto anticipare altro” ha spiegato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte rientrando in hotel per la nuova pausa aggiungendo solo che le due opzioni sono diversamente legate agli sconti sul bilancio concessi. Sul resto della trattativa ha spiegato che “si sono fatti dei passi in avanti”, e che “ci stiamo avvicinando allo zoccolo duro delle rispettive posizioni e il confronto diventa più risolutivo”. Possibile una soluzione sulla governance del Recovery fund su cui si è consumato un match durissimo con il premier olandese Mark Rutte che non ha mai nascosto di non volersi fidare dell’Italia sul rispetto degli impegni presi.
Sull’eliminazione del meccanismo di veto sui piani di riforma nazionali, Conte è stato intransigente e ha spiegato che “il procedimento di verifica e controllo dello stato di attuazione dei progetti, l’abbiamo abbiamo indirizzato secondo una più corretta soluzione, rispettosa delle competenze dei vari organi definite dai Trattati”. Rivolgendo l’attenzione al nuovo appuntamento di oggi anche il Cancelliere austriaco Sebastian Kurz dopo le trattive notturne ha mostrato un cauto ottimismo e soddisfazione per con “risultati ottenuti oggi”. Qualche spiraglio dunque si vede, l’attesa è che oggi potrebbe essere la giornata decisiva e per un accordo a portata di mano.
DIRETTA (aggiornamento delle h. 15.50)
Poco prima di recarsi alla ripresa della riunione plenaria i presidente del Consiglio italiano si è mostrato prudentemente ottimista: “C’è stata una svolta ma dobbiamo essere ancora cauti fino a quando ci sarà la stretta finale”. A proposito degli scogli più difficili come la quota dei sussidi ha spiegato che “il clima è cambiato quando il fronte opposto ai Paesi nordici ha fatto capire che non si può negoziare tutto al ribasso” e che la soglia dei 390-400 miliardi non poteva scendere ulteriormente.
Ora sulla governance e sul meccanismo di controllo si stanno esaminando ancora i dettagli ma Conte ha confermato che l’Italia “non permetterà mai che un singolo Paese possa avere il monopolio di verifica dei piani nazionali che spetta agli organismi comunitari. Su questo non mollo”.
Giro di telefonate e contatti tra i leader fanno slittare di ora in ora la riunione a 27. Nella “stretta finale” possono nascondersi dettagli importanti e si tratta anche sulle singole poste nazionali e l’allocazione delle risorse. A questo punto è certo che l’ammontare della proposta iniziale di 170 miliardi di sussidi per l’Italia sarà ridimensionata e vedremo come.
“C’è comunque una linea di dignità che non può essere superata” ha detto il premier, “capisco che è stato un negoziato complesso e difficile ma ora non si può più scherzare”.
Intesa quasi raggiunta anche sulla trattativa dei fondi di coesione condizionati al rispetto dello stato di diritto. “Ci sono alcune clausole. le stiamo rivedendo dal punto di vista legale – ha concluso Conte – ma su questi principi non c’è da discutere”.