Bruxelles – Il primo ad avere dubbi è stato il portoghese Antonio Costa. Mostra perplessità, il primo ministro portoghese, sull’andamento di un summit dei leader dell’UE come mai si era vita prima. La questione principale, dice, non è più sull’ammontare delle risorse, ma “sapere se ci dotiamo di uno strumento che trova un accordo tra le parti ma che poi in seguito non sarà in grado di rispondere” alla crisi e alle necessità dell’Unione. Non è nemmeno mezzogiorno, il vertice del Consiglio europeo dedicato al bilancio di lungo termine (MFF 2021-2027) e fondo per la ripresa (Next Generation EU) deve ancora cominciare, e già c’è il dubbio che la montagna possa partorire un topolino. “Se ce ne andiamo dicendo agli Europei che abbiamo uno strumento anti-crisi e poi questo è insufficiente, allora stiamo offrendo un’illusione“. A tutti.
La situazione, dopo un’intera giornata di bilaterali che rinviano all’infinito la riunione dei leader, non sembra essere cambiata quando la presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, dichiara alla stampa che è meglio riconvocare il tavolo piuttosto di dotare l’UE di uno strumento inadeguato figlio della fretta e della stanchezza. “Meglio concordare una struttura ambiziosa, anche se ci vuole un po’ più di tempo”, il consiglio della francese, che esorta i leader a mettersi “d’accordo su qualcosa di ambizioso piuttosto che veloce”. Sono passate le 19 quando le agenzie battono queste dichiarazioni.
E’ la sintesi di una giornata all’insegna di un braccio di ferro politico mai visto. Francia e Germania provano a imporre la linea, ma il motore franco-tedesco appare inceppato. Alla richiesta di non scendere sotto la soglia di 400 miliardi di euro di garanzie nella composizione del recovery fund, i frugali continuano a giocare al ribasso, per chiedere un rapporto paritario garanzie-prestiti fissato a 350 miliardi di euro ciascuno, per un totale di 700 miliardi di euro. Una riduzione del fondo di 50 miliardi e l’abbandono dell’idea che le garanzie debbano giocare un ruolo maggiore.
Ma gli scenari che sono sempre rimasti in ballo anche nel terzo giorno di un vertice sempre più straordinario per agenda, natura, sviluppi, durata e dinamiche, sono tre: stabilire 400 miliardi di euro in sovvenzioni, secondo le linee rosse di Francia, Germania e il blocco Mediterraneo; accettare un importo inferiore a 375 miliardi di euro, dandola vinta ai frugali; nessun accordo.
La proposta originale della Commissione europea, non toccata dalla proposta di compromesso del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, prevedeva 750 miliardi euro divisi in tre diversi recipienti: 310 miliardi di sovvenzioni nell’ambito del meccanismo per la ripresa, 250 miliardi in prestiti nell’ambito dello stesso strumento, e 190 miliardi in sovvenzioni a programmi di bilancio come ricerca, sanità, de-carbonizzazione e sviluppo rurale. Come parte di un possibile compromesso, si è chiesto di tagliare il recipiente da 190 miliardi di euro, ricadente nel budget di lungo termine.
Al gruppo dei quattro cosiddetti ‘frugali’ – Austria, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi – deciso a scardinare l’asse franco-tedesco, si è unita la Finlandia. Per i finlandesi il problema è il modo erogare i fondi. Michel propone di distribuire le risorse comune in base all’andamento del PIL e della disoccupazione degli ultimi cinque anni (60%), e in base al calo della crescita solo dell’ultimo anno (40%). La prima ministra Sanna Marin continua a chiedere ai leader perché legare un fondo anti-crisi all’andamento economico pre-crisi. Insomma, il primo parametro va rivisto.
La terza giornata di negoziati si mette in salita fin dall’inizio. Il vertice a ventisette convocato per le 12 slitta continuamente. Viene spostato alle 13, quindi alle 16, poi ancora alle 17, per iniziare poco dopo le 19, dopo una giornata contraddistinta da incontri in tutti i possibili formati: bilaterali, trilaterali, quattro, cinque leader tutti assieme. Tra i bilaterali il confronto tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il primo ministro Rutte.
L’Italia ha ammonito i Paesi Bassi sui rischi di tirare troppo la corda. “Se lasciamo che il mercato unico venga distrutto tu forse sarai eroe in patria per qualche giorno, ma dopo qualche settimana sarai chiamato a rispondere pubblicamente davanti a tutti i cittadini europei per avere compromesso una adeguata ed efficace reazione europea”, le parole, dure, di Conte a Rutte. Poi, a tutti, una volta iniziata la riunione ha messo in guardia dalle conseguenze sui mercati, con le borse non lontane dalla riapertura. “Se tardiamo nella reazione dovremo calcolare il doppio o forse anche di più”.
Acquistano dunque senso e significato le parole di Costa e soprattutto di Lagarde. Meglio prendersi più tempo e trovare un accordo invece di un ‘accordarello’. Meglio mandare il messaggio che si cerca, con fatica, una ricetta anti-crisi vera e che per questo si lavora, che offrire un’arma spuntata. C’è più fiducia e credibilità in un accordo rinviato ma vero, che in un patto raffazzonato.