Roma – “La partita è ancora aperta” dice Giuseppe Conte, e oggi si ricomincia. Il muro dei paesi nordici non si muove e le rigidità anziché allentarsi si intensificano con la richiesta di dimezzare la posta dei sussidi del Recovery fund. Altre dodici ore di trattativa serrata, di incontri bilaterali e in forma ristretta non hanno sbloccato il vertice e ora il rischio che si torni a casa senza un’intesa è reale. Una previsione non esclusa dalla Cancelliera Angela Merkel arrivando questa mattina al Palazzo Europa per la terza giornata di negoziato del Consiglio europeo straordinario.
Intesa che i leader sembrano ancora determinati a trovarla, nonostante la complessità di una sintesi tra il fondo per la ripresa, i meccanismi di funzionamento e il bilancio dei prossimi sette anni.
E’ lo scontro con i Paesi bassi, i più agguerriti del blocco dei nordici, a mettere il freno alla maratona negoziale. Il premier Giuseppe Conte alla fine della seconda giornata appare stanco ma determinato a non mollare sulla linea rossa: dotazione adeguata e effettiva del fondo per la ripresa.
“Non la metto sul piano di una vittoria o una sconfitta dell’Italia, siamo tutti sulla stessa barca . Non stiamo aiutando l’Italia, stiamo consentendo di riparare i danni della pandemia e una rapida ripresa dei paesi più colpiti e siccome le economie sono integrate se il tessuto produttivo di un Paese va giù tutti gli altri ne soffrono”.
Ammette che “lo scontro con il premier olandese Mark Rutte è durissimo e la sua richiesta dell’unanimità dei 27 nella fase attuativa del programma di rilancio è indebita e non giuridicamente accettabile”. In sintesi l’Italia è d’accordo con le verifiche sullo stato di avanzamento dei piani e del loro finanziamento ma questo deve essere compatibile con i trattati escludendo unanimità e veti. “Su questo sono intransigente e lo sono anche più della Commissione, – dice Conte – nel suo interesse in quello del Parlamento e dell’equilibrio di tutte le istituzioni”.
Davanti a quello che definisce il ricatto dei frugali l’Italia non indietreggia e con i principali leader scopre la grande anomalia del vertice, di un piano straordinario della ripresa economica dell’intera Europa del post Covid, ostaggio di interessi nazionali e di politica interna. Un ragionamento fatto dal premier durante i diversi incontri con Ursula von der Leyen, Charles Michel e Angela Merkel colloqui poi allargati anche agli altri leader impegnati nella difficile trattativa, il presidente francese Emmanuel Macron, il premier spagnolo Pedro Sànchez e lo stesso Mark Rutte.
Nelle ore precedenti prima della pausa della riunione plenaria, Conte è stato protagonista di un duro intervento poco prima della pausa pomeridiana. Secondo fonti italiane, in riferimento proprio alla rigidità di alcuni Stati li avrebbe attaccati “per l’approccio poco costruttivo con cui stanno affrontando il negoziato, dimostrando scarsa consapevolezza sulla crisi epocale che l’Europa sta vivendo e sulla necessità di una pronta ed efficace reazione”. Le critiche rivolte a “chi vuole riservarsi un veto sull’attuazione del budget, inaccettabile giuridicamente e politicamente perché altera l’assetto istituzionale europeo”.
Se certi Paesi dovessero insistere su una visione poco collaborativa, si aprirebbe lo spartiacque, e “da domani dovrà essere affrontata in tutte le sedi europee una riforma organica della politica fiscale europea”. Il tema delle politiche fiscalmente aggressive e il tax dumping adottato da diversi Paesi già da diverse settimane a Bruxelles è stato rimesso sul piatto e Conte ha deciso di piazzarlo tra le carte da giocare. Il nervo scoperto dei Paesi Bassi e di altre economie nazionali favorevoli a una tassazione benevola rappresenta un cambio di passo che vedremo quanto peserà. In ogni caso – ha aggiunto Conte “l’Italia ha deciso di affrontare, di sua iniziativa, un percorso di riforme che le consentano di correre ma pretenderà una seria politica fiscale comune per affrontare una volta per tutte surplus commerciali e dumping fiscali, per competere ad armi pari”.