Bruxelles- Il razzismo non è qualcosa che concerne pochi individui isolati colpevoli di intolleranza e poca apertura alla diversità. Il razzismo è invece un problema strutturale più profondo che concerne la disuguaglianza nell’accesso alla sanità, all’educazione e ai mestieri dirigenziali ben presente in Europa. È questa la riflessione che è venuta fuori dall’incontro organizzato il 16 Luglio dall’European Policy Center dal titolo “Black Lives Matter: Europe’s anti-racism moment?” a cui era invitata la Commissaria europea agli Affari interni Ylva Johansson insieme ad altre personalità che si battono contro la discriminazione razziale a livello europeo.
“In quanto impegnata fin da giovane nei movimenti femministi so cosa vuol dire battersi per l’uguaglianza e le pari opportunità” ha detto Johansson, “ma in quanto donna bianca ,non so cosa vuol dire esseri neri”. Il movimento Black lives Matter che si è fatto sentire negli ultimi mesi anche nelle grandi città europee ha rinnovato il dibattito sull’integrazione delle diverse origini culturali in Europa mostrando come molti immigrati di seconda e terza generazione nati e cresciuti qui facciano ancora fatica a “sentirsi europei”.
“C’è un problema strutturale e sociale che non si risolve solo da un punto di vista legislativo… non è normale che le mie uniche occasioni di incontro con delle persone di colore nelle istituzioni europee siano con addetti alle pulizie o con il personale che lavora nella caffetteria”, ha detto la commissaria. Se sono infatti più del 10% le persone non bianche che abitano all’interno dell’Europa, solo il 3% dei deputati del Parlamento europeo sono persone di colore (cifra scesa ulteriormente con la Brexit) e non esistono e non ci sono mai stati commissari UE “non bianchi”.
Il problema, secondo Ylva Johansson, è che una gran parte della popolazione europea non considera le istituzioni europee alla portata della propria carriera professionale; bisogna perciò implementare le politiche educative che favoriscono un rigeneramento e un rinnovamento della classe politica europea.
Era presente al dibattito anche la ricercatrice del Network europeo contro il razzismo Ojeaku Nwabuzo che ha fatto notare che “L’UE sviluppa politiche senza la partecipazione di persone di colore” dicendosi a favore dell’introduzione di “quote di persone di colore all’interno delle istituzioni dell’UE per garantire che il razzismo e la discriminazione siano affrontati”. Secondo la ricercatrice, le proteste degli ultimi mesi del movimento Black Lives Matter hanno segnato una svolta epocale a cui i politici devono dare ascolto; sarebbero gli stessi giovani di colore ad essersi resi conto di vivere in una società che fornisce loro meno opportunità educative e di realizzazione professionale e che ora chiedono un cambiamento nelle strutture di potere dove si perpetua il “privilegio bianco”.
Parlando del problema della violenza da parte delle forze dell’ordine, Johansson ha detto di conoscere “molti agenti di polizia che hanno scelto questo lavoro per dedicarsi a proteggere la legge, le vittime di ingiustizia e i valori costituzionali” ma ha anche ammesso che “gli abusi della polizia, le pratiche discriminatorie e la violenza non sono incidenti isolati” e che è giunto “il tempo di cambiare questa situazione e di fare in modo che tutti siano protetti allo stesso modo dalle forze di polizia“. Anche se l’operato delle forze dell’ordine resta competenza degli Stati membri, la commissaria europea ha promesso di impegnarsi per rafforzare la cooperazione europea e promuovere una migliore formazione degli organi di polizia nelle pratiche di gestione dell’ordine pubblico attraverso l’agenzia CEPOL.
Infine, La commissaria agli Affari interni ha tenuto a sottolineare la necessità di un cambiamento di vocabolario per quel che concerne il fenomeno delle migrazioni affermando che il razzismo è intimamente legato alla narrazione xenofoba e anti-migranti che alcuni politici europei continuano a fomentare. Per Johansson è pericoloso parlare di “Paesi in prima linea” come se “la migrazione fosse un’ invasione o uno tsunami” che si riversa sulle nostre coste.
“Stiamo parlando di individui, alcuni hanno il diritto di restare , altri dovranno essere rimpatriati ma sono in ogni caso persone che devono essere trattate nel rispetto del diritto umanitario e della dignità umana“. La commissaria ha salutato con favore l’apertura il 17 Luglio della consultazione pubblica al fine di implementare le politiche di integrazione in Europa.