Bruxelles – Investire nell’istruzione non è investire nel futuro ma nel presente. C’è bisogno che i giovani talenti europei abbiano l’opportunità di formarsi qui, in Europa, perché in periodo di crisi ne abbiamo urgente bisogno.
Lo sa bene Mariya Gabriel, commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani, che in un dialogo online con i cittadini presenta il nuovo piano d’azione per l’istruzione digitale, che modifica e amplia il precedente adeguandolo ai tempi del Covid.
“Non chiediamo semplicemente più denaro, investire nell’istruzione è strategico per la società. Solo così avremo un cambiamento in Europa”. La commissaria spera che i leader europei ne tengano conto nelle trattative del Consiglio di oggi e domani.
Quando si pensa all’istruzione in Europa si pensa sempre all’Erasmus. Gli stanziamenti per questo programma sono inferiori rispetto al periodo precedente, ma “la Commissione ha raddoppiato le iniziative per l’istruzione e potremo fare il doppio delle cose”.
Non c’è solo l’Erasmus infatti, e l’emergenza sanitaria ha costretto tutti a rendersi conto che istruzione e formazione non possono più prescindere dalle tecnologie digitali, con cui devono tenere il passo.
Il Covid ha fatto emergere esperienze positive come i “partenariati tra insegnanti e studenti, tra università, tra pubblico e privato” ma anche i punti deboli, come “la scarsa connettività nelle zone rurali e remote d’Europa, quindi sarà essenziale dotare tutti gli studenti di laptop e tablet” e dare gli insegnanti accesso a corsi di formazione e aggiornamento.
Il nuovo piano prevede tre pilastri: aumentare il tasso di alfabetizzazione digitale, aiutare i paesi UE a lavorare insieme per adeguare i sistemi di istruzione e formazione all’era digitale e sfruttare il potenziale di Internet per rendere l’apprendimento digitale alla portata di tutti. Cruciale sarà poi “creare ecosistemi dell’istruzione in Europa”.
Come ci si arriverà? Costruendo sull’esperienza positiva del precedente, includendo quanto appreso in periodo di crisi, ma soprattutto ascoltando i cittadini. E’ infatti in corso una consultazione pubblica che si concluderà a settembre. Sulla base dei risultati la Commissione adotterà a fine anno una comunicazione.
L’Europa ha bisogno di studenti più alfabetizzati al digitale. La disinformazione è un fenomeno troppo diffuso e “sviluppare il critical thinking” è fondamentale. “Solo il 43% dei cittadini europei ha competenze digitali di base”. Per Mariya Gabriel il tema della media literacy è essenziale ed è al lavoro per identificare l’iniziativa più adatta. Ci sono già ottimi esempi come la EU Code Week, #SaveYourInternet e lo strumento SELFIE. Ma senza insegnanti formati non sarà possibile, dovranno continuare a essere dei modelli e quindi saper padroneggiare le nuove tecnologie. Niente poi potrà sostituire l’empatia dei contatti sociali diretti nei processi di apprendimento.
Le scuole d’Europa potranno beneficiare dell’ampiamento di un’iniziativa già di successo come Wifi4EU, che ha portato in migliaia di comuni Internet gratuito negli spazi pubblici, ma anche di Connectivity4Schools, una nuova azione rivolta a zone rurali e remote. Permetterà di avere internet a una velocità sufficiente per accedere a realtà virtuale e realtà aumentata, per promuovere la mobilità mista e gli scambi virtuali in Erasmus+ da allargare anche alla fascia degli scolari. Queste tecnologie immersive verranno in aiuto anche degli studenti degli istituti tecnici, costretti a formarsi a distanza senza poter usare strumenti e macchine in laboratorio.
Grande novità rispetto al precedente piano sarà il riconoscimento dell’istruzione non formale. Sarà possibile validare le conoscenze apprese in luoghi come biblioteche e innovation hub, dove i giovani si recano volentieri, grazie a un “nuovo sistema europeo di microcrediti,” in partenariato con le università. La formazione lungo tutto il corso della vita oggi è la normalità, ma con i nuovi tempi sarà difficile motivare giovani e adulti a seguire formazioni online senza riconoscimenti formali o ricadute tangibili nel loro percorso personale o professionale.
Il riconoscimento avverrà anche grazie ad alleanze tra università nell’ambito dello spazio europeo dell’istruzione, cercando di promuovere “un approccio coerente e olistico”. Lanciate a settembre 2019, le alleanze ora sono già 24 e potranno rilasciare certificazioni per la validazione delle conoscenze.
In futuro bisognerà incoraggiare la formazione femminile nelle materie STEM e STEAM, anche mettendo in campo programmi di mentorship. Oggi solo il 17% delle donne è impiegato nel settore ICT. Paradossale se pensiamo che “il 90% delle bambine di 13 anni si dice interessato a queste tecnologie. Ma su 100 laureati in queste discipline ci sono solo 24 donne e 6 che fanno carriera. Cosa accade nel lasso di tempo fino all’università”? Ci sono stereotipi duri a morire, anche nell’intelligenza artificiale. “L’IA può ricreare discriminazioni perché lavora con dati accumulati anni fa” e, ad esempio, l’algoritmo che seleziona candidati per posizioni in questo settore non seleziona donne. Ma con l’Istituto europeo di innovazione e tecnologia (EIT) la Commissione ha già organizzato workshop per aiutare le giovani a costruirsi una carriera in questo settore.
Oggi abbiamo un approccio europeo sull’IA che si muoverà su principi etici, essa non dovrà mai sostituire il ruolo degli insegnanti e il contatto sociale ed emotivo. L’essere umano deve restare in controllo del processo dall’inizio alla fine, in questo modo l’apprendimento sarà personalizzato e adatto a ogni bisogno.
Il piano d’azione per l’istruzione digitale verrà distribuito e coordinato tra varie DG e commissari. “L’istruzione è ormai una questione trasversale e di sinergia tra stati membri, Commissione, studenti e insegnanti”. Ci sono limiti di competenze e finanziamento, ma questo “non limiterà i partenariati e la capacità di lavorare insieme”. La commissaria Gabriel lavorerà con i commissari Schmit (occupazione) e Ferreira (coesione), poi ci sono le sinergie da creare tra spazio europeo della ricerca e spazio europeo dell’istruzione, con il programma Horizon2020 e il Consiglio europeo dell’innovazione. I centri di innovazione nelle università dovranno essere mappati, per evitare che i vari “science hub, digital innovation hub, excellence hub” si sovrappongano e rendere efficace la cooperazione a livello europeo.
Come ci si preparerà alla seconda ondata di Covid
Chi aveva già investito si è adattato prima. Il 60% delle università ha già piattaforme digitali per lo scambio di buone pratiche su cui bisogna continuare a investire. “Manca ancora una piattaforma europea dove condividere contenuti di qualità, una coalizione per individuare azioni mirate ed efficaci. Ci stiamo lavorando”. Per il 39% degli insegnanti in Europa la crisi ha rappresentato il primo tipo di esperienza sulle piattaforme tecnologiche. Molti sono stati creativi e hanno dato vita a reti e partenariati, grazie anche alla piattaforma eTwinning di Erasmus+.
L’istruzione digitale non si ferma alle frontiere dell’UE, la Commissione amplierà infatti iniziative di successo come la Digital Opportunity Traineeship creata per gli studenti dei Balcani occidentali, che possono ottenere uno stage retribuito di 500 Euro per acquisire competenze digitali. La Turchia poi è uno dei paesi che più partecipano alla European Code Week.
Ma come ovviare alle disparità tra stati membri? Sin dall’inizio si lavora fianco a fianco degli stati. Alla Coalizione per le competenze digitali già lanciata, ad esempio, corrispondono coalizioni nazionali e locali. Lo scambio di informazioni sugli strumenti a disposizione è la chiave per progredire. “E’ un peccato che alcuni stati non sapessero che la Corona Response Investment Initiative, SURE e altri strumenti messi in campo dalla Commissione potevano essere usati per l’istruzione a distanza”. Per questo è stata creato una piattaforma comune di scambio che si conta di mantenere nel nuovo piano d’azione.
L’istruzione digitale è la via di uscita necessaria dalla crisi. “Continuiamo a investire per nuovi vaccini e trattamenti, nuove tecnologie, ma se non abbiamo le persone qualificate non ci arriveremo mai”. Ecco perché bisogna dare agli insegnanti “più riconoscimenti a livello europeo, motivarli e migliorare il prestigio dell’istruzione nella società” con azioni che ne promuovano il ruolo. Il vertice sull’istruzione dell’anno scorso è stato infatti dedicato a loro.
Infine, la commissaria sta lavorando con il Comitato europeo delle regioni su un piano congiunto per i prossimi due anni, da sostenere con il FESR e il FSE. E’ a partire dal livello regionale che si migliorerà la realtà europea dell’istruzione, essendo le regioni in prima linea nel gestire la risposta al Covid, ma anche le prime a dover dare informazioni sulle iniziative più efficaci.